Si chiama Ekso ed è un esoscheletro riabilitativo robotizzato: una struttura di acciaio che supporta gli arti inferiori e il tronco facilitando la deambulazione.

Uno studio pubblicato su European Journal of Physical and Rehabilitation Medicine suggerisce che l’uso di questo esoscheletro robotizzato può essere d’aiuto nella riabilitazione di pazienti colpiti da ictus con conseguenti problemi motori. Lo studio in questione è stato coordinato dell’Irccs San Raffaele di Roma e ha coinvolto altri 3 centri italiani di riabilitazione: Villa Beretta dell’Ospedale Valduce di Lecco, la Fondazione Centri di Riabilitazione Padre Pio Onlus di San Giovanni Rotondo e la Struttura complessa di riabilitazione intensiva neuromotoria dell’Ospedale di Trevi (Perugia).

«Il nostro obiettivo era valutare la fattibilità dell’impiego di un esoscheletro indossabile in pazienti con ictus subacuto e analizzare gli effetti clinici relativi alla funzione motoria e alla deambulazione» spiega Michela Goffredo, ricercatrice e bioingegnera del San Raffaele di Roma che così illustra le caratteristiche di Ekso: «si tratta di un esoscheletro composto da 4 motori elettrici e una sensoristica che consente di personalizzare il trattamento sulle caratteristiche muscolari del paziente, grazie all’acquisizione – nel corso della prima seduta – del segnale proveniente dall’attività elettrica dei muscoli degli arti inferiori. In questo modo il sostegno è assolutamente personalizzato, a misura delle caratteristiche di chi lo indossa».

ICTUS SUBACUTO: COME FUNZIONA LA RIABILITAZIONE

Quando viene meno l’apporto di sangue (quindi di ossigeno) al tessuto cerebrale si ha a che fare con un ictus: rispettivamente ischemico o emorragico se il danno è innescato da un’occlusione di un vaso sanguigno o della sua rottura.

L’ictus è una delle principali cause di disabilità a lungo termine. Se infatti alcuni pazienti recuperano pienamente tutte le funzioni, altri invece manifestano conseguenti disabilità (motorie o cognitive). L’inizio precoce di un programma di riabilitazione è allora fondamentale.

«In strutture riabilitative come la nostra i pazienti arrivano dopo la fase acuta. Vengono ricoverati cioè con codice 56 dopo la terapia salvavita nelle stroke unit dei reparti ospedalieri . Qui fanno una terapia specifica per recuperare il linguaggio e l’autonomia motoria: quindi camminare, lavarsi, vestirsi…» racconta Goffredo. In altre parole i centri (o reparti) di riabilitazione gestiscono la cosiddetta fase subacuta, fino a 6 mesi dall’attacco ischemico (periodo di tempo entro cui solitamente si ha il massimo del recupero), mentre nella fase acuta il paziente è preso in carico dai reparti di neurologia specializzati. Infine la fase cronica viene gestita con riabilitazione al domicilio e/o in day hospital.

La riabilitazione è fondamentale nella speranza di recuperare le funzioni perdute. «Per quanto riguarda i deficit motori, negli ultimi anni si guarda con fiducia all’impiego di dispositivi robotici per aumentare l’efficacia dell’esercizio fisico» puntualizza la ricercatrice.

LA RICERCA MULTICENTRICA

Lo studio ha coinvolto 46 persone (27 uomini, 19 donne) con ictus subacuto, da marzo 2016 a settembre 2018. Tra i pazienti c’era chi aveva avuto un ictus ischemico e chi un ictus emorragico, chi presentava emiparesi sinistra e chi a destra. Il tempo trascorso dall’evento acuto variava da 13 a 155 giorni. Tutti hanno eseguito training del cammino con esoscheletro, da 3 a 5 volte a settimana con sessioni da un’ora. «I parametri dell’esoscheletro sono stati personalizzati in base alle caratteristiche anatomiche, funzionali ed elettromiografiche dei pazienti» racconta la ricercatrice. «Dal punto di vista clinico tutti hanno registrato miglioramenti significativi. All’inizio del trattamento, 32 pazienti erano in grado di camminare. 14 invece no: di questi 8 alla fine della terapia robotica ne hanno riacquistato la capacità».

Un risultato, secondo il team, più che incoraggiante, «se si considera che il recupero del cammino è uno degli obiettivi primari in riabilitazione, poiché è stato dimostrato che alla dimissione dall’ospedale meno della metà dei sopravvissuti all’evento acuto sono in grado di camminare autonomamente». «Tanti fattori – aggiunge Goffredo – incidono sulla gravità degli esiti di un ictus: la localizzazione del danno a livello di tessuto cerebrale, l’età del paziente, altre patologie associate, la tempestività dell’intervento all’esordio dell’ictus…».

LA PALESTRA ROBOTICA

L’esoscheletro robotico per la riabilitazione consente la camminata assistita anche a pazienti non deambulanti. «In particolare, negli ultimi anni, sono stati sviluppati dei robot per il training del cammino overground: sono degli esoscheletri che permettono al paziente di camminare in modo fisiologicamente corretto su superfici piane. Si tratta di esoscheletri autoportanti, indossabili, che interagiscono con la persona a tutti i livelli di articolazione e quindi permettono di eseguire il compito motorio in sicurezza e controllando le variazioni di tutti gli angoli articolari durante l’intera fase del passo» spiega Goffredo.

La ricerca, uno studio osservazionale, ha evidenziato che l’uso dell’esoscheletro in pazienti con ictus subacuto è efficace indipendentemente dal tempo tra l’evento acuto e l’inizio della terapia. «Ora stiamo lavorando allo step successivo» dice la ricercatrice. Lo studio dei quattro centri di ricerca e riabilitazione prosegue infatti per confrontare gli effetti della riabilitazione robotica con quelli della terapia tradizionale, che tipicamente consiste nel far eseguire movimenti passivi al paziente incapace di deambulare autonomamente, fino a fare via via esercizi sulle parallele e a camminare con sostegno sotto ascellare per recuperare la locomozione. «L’intento è quello di riuscire a ottimizzare il più possibile la terapia riabilitativa post ictus, in modo che i pazienti possano recuperare precocemente la propria autonomia nel cammino» conclude la ricercatrice. Che chiarisce: «far eseguire anche in maniera passiva il movimento fisiologico del cammino è importante sia dal punto di vista muscolare e ancora di più cerebrale, perché permette di ripristinare connessioni e circuiti fondamentali per il controllo motorio e l’esecuzione del gesto. E la riabilitazione con esoscheletro rende più facile ed efficace l’esecuzione del movimento anche in fase precoce di riabilitazione e consente di fare esercizi con maggiore intensità. E la riabilitazione post ictus più è intensa, ripetitiva e personalizzata più è efficace».