Al Policlinico e al San Raffaele di Milano i medici si sono arrotolati la camicia al braccio e si sono fatti avanti per donare. Subito seguiti dai loro studenti. Gli italiani, si sa, quando c’è da essere solidali non si tirano indietro. Ma questa volta influenza e gelo sulle strade hanno messo fuori uso una buona parte dei quasi due milioni di donatori e così, in larga parte d’Italia, ora è emergenza sangue.

«Negli ospedali in questo momento mancano 2.600 sacche di plasma e almeno nove Regioni sono in situazione critica: Abruzzo, Toscana, Campania, Basilicata, Liguria, Umbria, Marche, Lazio e Puglia», ammette Giancarlo Maria Liumbruno, direttore del Centro nazionale sangue (Cns) che, dall’Istituto superiore di sanità vigila le eventuali carenze di sangue. Questo si verifica più spesso soprattutto in Sardegna e nel Lazio, dopo di che solitamente sono le altre Regioni a inviare le sacche mancanti.

Proprio a Roma e nelle altre provincie laziali la situazione è oggi più critica, ma le cose non vanno meglio a Milano, dove l’Areu, l’azienda regionale dell’emergenza e del 118, ha invitato gli ospedali «ad usare con prudenza» le scorte e a rinviare gli interventi meno urgenti, in modo da tenere da parte quel po’ di rifornimenti rimasti. «Circa il 50% dei donatori abituali che stiamo chiamando in questi giorni non può rispondere al nostro appello», rivela Davide Rossi, responsabile del sistema raccolta sangue dell’Areu. Una situazione simile a quella che si sta verificando in tutto il Paese. Due le cause principali: da un lato il virus dell’influenza, quest’anno più aggressivo, dall’altro l’ondata di gelo che ha reso impercorribili molte strade. Ecco spiegato perché le scorte si sono esaurite in molti centri al punto di minacciare di dover mettere mano alla «riserva strategica», ossia le sacche di plasma da utilizzare in caso di emergenze nazionali. Come quella del terremoto in Centro Italia.

Quella riserva, per ora, resta congelata e le scorte si stanno esaurendo, soprattutto quelle del gruppo sanguigno 0, sia positivo che negativo, sufficienti oramai solo a garantire la gestione delle urgenze. A mancare però è anche il plasma del gruppo A. In molti ospedali c’è oramai autonomia solo per un paio di giorni ancora. Anche se l’autosufficienza del sangue, spiegano dal Cns, non va misurata sulla singola azienda ospedaliera e nemmeno a livello di ciascuna Regione perché c’è un sistema di compensazione sovra-regionale che fino ad oggi ha sempre funzionato. Prima che gelo e super-virus si mettessero di traverso.

La carenza di plasma, rimarcano le diverse associazioni di donatori, «può mettere a rischio l’esecuzione di interventi chirurgici e di terapie per pazienti con malattie come la talassemia, che necessitano continue trasfusioni». E infatti in molti ospedali d’Italia si segnala il rinvio di interventi chirurgici importanti che richiedono dosi massicce di plasma, come quelli cardiaci o il trapianto di fegato. Il Centro nazionale sangue ha rivolto un invito a tutti i donatori «a contattare l’associazione di appartenenza o il servizio trasfusionale di riferimento per programmare una donazione». «Anche se - precisa il direttore Liumbruno - è necessario anche il massimo coordinamento per evitare l’effetto opposto, ossia che troppi donatori rispondano all’appello facendo mancare poi nuovamente il plasma nei prossimi tre mesi, il tempo minimo che deve intercorrere tra un prelievo e l’altro. Anche perché il sangue si conserva al massimo per 42 giorni».

Insomma, resta il fatto che chi può è meglio si faccia avanti: per donare basta avere almeno 18 anni e non più di 60 (65 se già donatori), pesare più di 50 chilogrammi, essere ok con pressione arteriosa e pulsazioni, oltre che negativi ai test delle diverse malattie infettive. C’è da sperare che, ancora una volta, gli italiani si dimostreranno campioni di solidarietà.


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