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C'è anche il Cialis tra i farmaci che probabilmente diventeranno low cost. Dal 12 novembre non avrà più valore il brevetto della medicina "gemella" del Viagra, ma non solo. Sono 14 in tutto i brevetti, molti dei quali di fascia C, cioè prescritti dal medico ma a carico dei pazienti, che scadranno entro la fine del 2017. Il loro valore di mercato complessivo è di oltre un miliardo di euro. Soltanto la pastiglia per le disfunzioni erettili ne vale quasi 150 milioni.

Antiepilettici, antiipertensivi, medicine contro l'ipertrofia prostatica benigna. Sono solo alcune delle tipologie riguardate dalla scadenza, per i quali sarà possibile ricorrere all'uso dei generici: stesso principio attivo, ma senza marchio, e un risparmio previsto di circa il 60%.

Usatissimo ad esempio è il Crestor, che contiene rosuvastatina: molto utilizzato contro il colesterolo, ogni anno il servizio sanitario nazionale spende 270 milioni di euro per acquistarlo. Un costo che sarà ridimensionato dalla scadenza del brevetto.

La spesa sarà dimezzata, secondo l'associazione nazionale delle industrie dei farmaci generici (Assogenerici). Questo è un bene per i consumatori, ma non necessariamente per le aziende, tant'è che, come spiega lo stesso ente, «oltre una gara su 4 per le forniture dei farmaci in ospedale va deserta, per colpa dei prezzi troppo bassi che impediscono alle aziende di concorrere».

Il Cialis è l'esempio più eclatante. Famosissimo, ogni anno in Itaila ne vengono acquistate quasi 2 milioni di confezioni: i dosaggi del tadalafil da 10 e 20mg, ma non quella da 5, diventeranno generici. Una compressa, oggi, costa fino ai venti euro. I consumi, presumibilmente ora aumenteranno, come già successo al Viagra, che dopo aver perso il brevetto nel 2013 ha visto raddoppiare le confezioni vendute, oggi 2,5 milioni.

Al di là del risparmio, però, c'è anche un pizzico di polemica tra gli esperti: «I farmaci generici sono uno strumento molto utile e, come deliberato da alcune Regioni italiane, occorrerebbe che i risparmi che generano venissero reinvestiti sempre in innovazione», commenta Francesco Mennini, professore di economia sanitaria e Research Director del Ceis dell'Università Tor Vergata di Roma. Il denaro risparmiato «deve essere mantenuto nel comparto farmaceutico, perché già esiste un tetto di spesa non commisurato ai reali bisogni. Almeno bisognerebbe reinvestire quanto risparmiato laddove è stato generato».

A breve infatti saranno disponibili in versione low cost anche alcuni farmaci contro il cancro e contro malattie cardiovascolari e del sistema nervoso centrale. Stanno in pratica scadendo anche i brevetti di medicinali biologici e sono in arrivo i relativi biosimilari. L'ideale - precisa Mennini - «sarebbe reinvestire i soldi che si potranno risparmiare nei relativi settori: se si tratta di un prodotto contro malattie muscolo-scheletriche, i fondi devono essere riservati a quel campo, magari in innovazione, ma anche in prevenzione. Tra l'altro questo può permettere di allargare la platea di pazienti che potranno giovare dei benefici delle nuove terapie, che spesso non sono ad accesso immediato».

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