Dalle stime disponibili la fibromialgia è una malattia che interessa circa il 2-8% della popolazione, con una predilezione per il sesso femminile, interessa infatti una donna su 7 e un uomo su 9. Compromette in maniera importante la qualità della vita, poiché si manifesta con dolore diffuso, rigidità, disturbi del sonno e intestinali, formicolii, debolezza, problemi cognitivi, stanchezza evidente sin dal mattino. Una sintomatologia molto importante, quindi, ma allo stesso tempo aspecifica e potenzialmente riconducibile a numerose patologie. Fare una diagnosi del disturbo non è per questo facile, anche perché non esistono esami di laboratorio che ne permettano un’ inequivocabile identificazione. Ecco perché la diagnosi va fatta per esclusione con altre condizioni similari.

L’intervento del neurologo

La figura di riferimento per la diagnosi e la gestione della fibromialgia è storicamente quella del reumatologo, ma poiché la malattia è così complessa e in mancanza di un percorso terapeutico definito con certezza, può giovare al miglioramento della condizione del paziente la presa in carico da parte di un team multidisciplinare che possa intervenire in base alle proprie competenze sul dolore, la rigidità e i risvolti psicologici che la condizione implica.

«Tradizionalmente delle malattie muscolari si occupa il reumatologo quando comportano dolore e il neurologo quando causano debolezza- chiarisce Paolo Marchettini, neurologo e ortopedico e specialista in terapia del dolore, coordinatore dell’ambulatorio di fibromialgia del Centro Diagnostico Italiano-La fibromialgia è una condizione che si caratterizza per sintomi muscolari come il dolore e la debolezza, ma è anche un disturbo che consegue ad alterazioni del sistema nervoso centrale con alterazione dei meccanismi di inibizione e controllo del dolore, spesso causati o associati a variazioni del ritmo sonno-veglia o delle fasi del sonno. La terapia farmacologica, quando indicata, non si basa sull’utilizzo di anti infiammatori, ma su farmaci che agiscono sul sistema nervoso centrale hanno un’azione positiva sulla gestione del dolore».

Per cercare di migliorare il riposo notturno, inoltre, può essere necessario ricorrere alla prescrizione di ipnoinducenti e ansiolitici ecco perché «poiché la malattia riconosce a una certa pertinenza neurologica, una visita neurologica può essere chiarificatrice per la reale condizione del paziente- commenta ancora il professor Marchettini - tale visita poi, non dovrebbe prescindere da un consulto fra neurologo e psicologo, in modo da poter tracciare un percorso psico educazionale che possa permettere una corretta gestione dei sintomi e dei dolori associati. A questo punto può essere utile interpellare un fisiatra per valutare l’effettiva mobilità del paziente e definire un programma di lavoro capace di migliorare la mobilità stessa e lenire il dolore».

Ruolo della fisioterapia

L’attenta visita fisiatrica può essere d’aiuto per impostare i programmi complessi e indicare i trattamenti mirati di tipo fisioterapico richiesti caso per caso dalle condizioni cliniche del paziente.

«Il fisioterapista davanti al programma stilato dal fisiatra ha il compito di guidare il paziente nel recupero dei movimenti attivi con un lavoro tarato sulla sua effettiva condizione clinica. Il piano di lavoro fisico dovrebbe mirare a ripristinare l’autonomia motoria naturale e a indurre una stanchezza fisiologica. L’attività fisioterapica, inoltre, deve favorire il recupero di mobilità passiva con esercizi di stiramento muscolare ed estensione dei gradi di movimento delle articolazioni» osserva ancora Marchettini. Il ruolo della fisioterapia e del fisioterapista, dunque, sono tutt’altro che marginali nella gestione del paziente con fibromialgia.

Dal 1996 la World Confederation for Physical Therapy ha istituito per l’8 settembre di ogni anno, la Giornata mondiale della fisioterapia, per sensibilizzare sui benefici e sull’importanza del ruolo del fisioterapista per il benessere e la salute di ogni persona. La giornata si pone anche come occasione per contrastare l’abusivismo professionale e ricordare come non ci si può improvvisare in una professione così delicata, che richiede un percorso di studio adeguato nonché costante aggiornamento e formazione. Proprio per tutelare la salute dei cittadini, in Italia per diventare fisioterapisti è necessario il superamento dell’esame di Stato, abilitante all’esercizio professionale.

vai all'articolo originale