Dagli attentati terroristici come quelli di Parigi e Nizza agli sbarchi di Lampedusa e alle condizioni nei centri di accoglienza, come a Lesbo e Calais, quando accade qualcosa di terribile è importante la tempestività nel soccorso. E ciò è vero e in particolare quando si guarda al trauma di natura psicologica. Al «primo aiuto» psicologico (da «first aid», primo soccorso) è dedicata la giornata mondiale della salute mentale che si celebra oggi in tutto il mondo.

DISTURBI MENTALI: FOCUS SULLE DONNE E SITUAZIONE CARCERI (PANCIERA)

L’obiettivo è quello di accrescere la consapevolezza della necessità di interventi di supporto psicologico e sociale fin dai primi momenti successivi ad un evento traumatico. Tale aiuto può essere fornito di volta in volta da diverse persone: staff medico sanitario, psicologi, insegnanti, vigili del fuoco e protezione civile.

L’enorme importanza di questo intervento dipende dal fatto che ci sono delle conseguenze psicologiche, fisiche e sociali anche di lungo termine dall’esposizione a situazioni di emergenza umanitaria (guerre, migrazioni, catastrofi naturali come terremoti e tsunami) ma anche ad eventi individuali, come incidenti o aggressioni.

CHE COS’È IL PRIMO AIUTO

La psicologia dell’emergenza si occupa di fornire interventi di supporto e di aiuto psicosociale a singoli individui o a gruppi di persone. Non è un counseling psicologico vero e proprio, come spiegano le linee guida dell’Oms, ma consiste piuttosto nell’identificare e aiutare gli individui dopo una situazione traumatica improvvisa, fornendo loro informazioni e mettendo in atto strategie volte a proteggerli da ulteriori traumi al fine di scongiurare in parte lo sviluppo di disturbi di salute futuri legati al vissuto traumatico.

Ciò è vero in particolar modo per i più vulnerabili, come bambini, adolescenti, anziani, malati e soggetti a rischio violenza e discriminazione, come le donne.

Chi fornisce questo soccorso possiede competenze psicologiche, ha profonda conoscenza delle operazioni di soccorso in atto e delle dinamiche emotivo-relazionali nelle situazioni di crisi e sa agire in modo molto pragmatico e organizzativo coordinandosi con gli altri attori sulla scena.

PERCHÉ È IMPORTANTE L’INTERVENTO TEMPESTIVO

Gli eventi traumatici creano ferite psichiche che, a loro volta, hanno pesanti ricadute di tipo fisico, come un maggior rischio di sviluppare determinate malattie e un aumento della mortalità a lungo termine. Inoltre, le neuroscienze mostrano come un evento traumatico abbia delle conseguenze funzionali e strutturali sul cervello.

È stato davanti alle psicopatologie dei reduci del Vietnam che si è cominciato a studiare il disturbo post-traumatico da stress, codificato negli Anni 80. L’esposizione ad un evento traumatico non porta tutti gli individui a sviluppare questi disturbi: come confermano gli studi sui reduci di guerra americani, vi sono predisposizioni genetiche e ambientali. La sempre maggiore consapevolezza delle problematiche psicologiche nei contesti umanitari ha portato alla messa a punto di iniziative di assistenza chiamate «programmi di salute mentale e psicosociali» (MHPSS, che sta per mental health and psychosocial support) per rifugiati, richiedenti asilo e migranti.

ANCHE PER I MIGRANTI LA SALUTE MENTALE È DIVENTATO UN PROBLEMA

Di salute dei migranti si è occupato anche l’«European Health Forum 2016» di Gastein, la Davos della salute europea, dove sono stati in molti – politici, operatori della salute e ong - ad individuare nel trauma psicologico uno dei principali problemi di salute di queste persone. La storia insegna che dal colera, al tifo, alla tubercolosi, le popolazioni in movimento sono sempre state considerate veicolo di malattie infettive. Il timore del contagio (di germi ma anche di idee) ha portato i paesi ad adottare misure sanitarie e di controllo delle frontiere per ragioni di salute pubblica.

Oggi, di fronte alle evidenze che smentiscono un aumentato rischio di contagio per le popolazioni locali, il dibattito andrebbe spostato dalle malattie contagiose alla vulnerabilità dei migranti in termini di salute mentale.

Ancora esistono «paura e mancanza di informazioni» nella popolazione locale - come ha detto a Gastein il commissario europeo per la salute, Vytenis Andriukaitis - nonostante sia ormai crescente la consapevolezza che i migranti, esattamente come le popolazioni residenti nei paesi di transito o di destinazione, soffrono di malattie croniche e non trasmissibili, come diabete, cancro e malattie cardiovascolari. A ciò si aggiungono i molteplici traumi vissuti: da guerre, persecuzioni e povertà in patria, ai viaggi pericolosi e disperati, fino al momento dell’arrivo in Europa, con i centri d’accoglienza e le dislocazioni forzate, la richiesta di asilo e l’incertezza per il futuro.

Perdita del sonno, stress, disturbi dell’umore, disturbi d’ansia e depressione sono i mali più comuni. Ciò è confermato anche dai dati relativi al nostro paese dell’Inmp (Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti ed il contrasto delle malattie della povertà) e dal rapporto di Medici senza frontiere.

«Noi medici in prima linea ci troviamo ad ascoltare le vicende traumatiche di violenza, aggressioni e abusi, avvenute anche sul nostro suolo europeo» ha spiegato al Forum Europeo di Gastein Francois Fille, European Advocacy Coordinator di Médecins du Monde International, parlando della sua esperienza al centro di accoglienza di Lesbo in Grecia. Cerchiamo di fare leva sulla loro resilienza», per quanto questo sia un compito che va oltre il loro ruolo di medici e per il quale mancano figure con un’adeguata preparazione.

Il disturbo post-traumatico da stress è molto diffuso, anche tra i minori non accompagnati, e le sue conseguenze fisiche possono comparire anche molti anni dopo l’arrivo a destinazione, quando magari il migrante ha trovato casa e lavoro. Anche alla luce di tali effetti di lungo periodo sulla salute di questi nuovi abitanti dell’Europa, il primo aiuto psicologico cui è dedicata la giornata di oggi acquisisce ancora maggior rilevanza.


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