Non si è ancora alla parità di genere, soprattutto nei gradi più alti della professione. Ma il numero di donne in camice bianco è sempre più alto. Secondo gli ultimi dati elaborati dalla Federazione degli Ordini dei medici (Fnomceo), in Italia le donne medico sono 163.336 (quasi 211mila gli uomini). È tra le classi più giovani che si registra una crescita dell’onda «rosa».
Se tra i 50 e i 54 anni le donne sono già la maggioranza (14.247 contro 13.970), scendendo con l’età la presenza femminile aumenta (15.694 donne contro 11.250 uomini tra 45-49 anni, e 18.425 donne contro 10.873 uomini a 40-44 anni), per arrivare al record nella fascia d’eta 35-39 anni: in questo caso le donne medico sono quasi il doppio degli uomini (19.556 contro 10.953). Proporzioni ben diverse rispetto a quelle delle generazioni precedenti, se tra gli attuali sessantenni ci sono quarantamila uomini contro 16mila donne. E se fra gli over 75, a fronte di 19.215 maschi, ci sono appena 3.080 ex donne medico.
Donne in ascesa in sala operatoria
Tra le specialità che vanno per la maggiore tra le donne, ci sono anche quelle chirurgiche. Il numero delle iscritte al primo anno delle scuole di specializzazione in chirurgia generale è infatti costantemente aumentato negli ultimi anni, tanto da raggiungere il 48,3 per cento degli immatricolati nel periodo 2008-2015. Pure in sala operatoria, stando ai dati forniti dalla Società Italiana di Chirurgia , la prevalenza degli uomini persiste ormai solo nella fascia d’età over 50. Se il numero complessivo degli iscritti al corso di specializzazione in chirurgia generale rivela una quasi sostanziale parità di genere (48,3% donne e 51,7%uomini), dati significativi emergono se si guarda alla situazione dei singoli atenei.
Negli atenei di Torino e di Milano, per esempio, la totalità degli iscritti alla specializzazione in chirurgia generale nell’anno accademico 2009-2010 era costituito da donne. Stessa percentuale registrata in quello successivo all’Università di Cagliari. A Padova, negli anni accademici 2008-2009 e 2009-2010, le iscritte al corso di chirurgia generale erano più del 60 per cento. Numeri che, secondo la Società presieduta da Paolo De Paolis, direttore della chirurgia generale d’urgenza 3 dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino, «rappresentano una vera e propria rivoluzione nel panorama medico e chirurgico italiano: molto presto in sala operatoria ci sarà una parità di genere».
Donne in crescita anche in odontoiatria
Una ciambella di salvataggio quanto mai utile, in considerazione dell’emorragia di medici a cui si va incontro che non sembra risparmiare nemmeno le chirurgie: spesso branche più remunerative rispetto a quelle mediche, ma accompagnate da rischi e responsabilità maggiori. Pure per quanto riguarda l’odontoiatria, la Fnomceo segnala un progressivo recupero degli spazi da parte delle donne.
Se oggi i dentisti (22.247) sono quasi il doppio rispetto alle colleghe (12.065), lo scenario è radicalmente diverso tra i giovani. Tra gli odontoiatri under 24, per esempio, si contano cinque donne per un solo maschio. E se tra i 65 e i 69 anni a 1.006 dentisti corrispondono 172 colleghe, tra i 25 e i 29 anni il rapporto è di 1.477 maschi contro 1.186 femmine. Il picco «rosa», in questa professione, si concentra tra i professionisti di età compresa tra 40 e 44 anni: 2.269 dentiste contro 3.601 colleghi.
Più empatia se il camice è «rosa»
A incentivare la loro ascesa nel mondo della medicina, sono giunte anche diverse ricerche che hanno evidenziato come le donne in camice siano più empatiche rispetto ai colleghi. Di una, risalente a un anno e mezzo fa, ci eravamo già occupati su queste colonne . In barba a ogni protocollo di cura, la capacità che le donne hanno di entrare più in confidenza sembra avere una ricaduta sui tassi di guarigione e di mancate ricadute dei pazienti, come descritto in uno studio pubblicato nel 2017 sulla rivista «Jama Internal Medicine» da un pool di ricercatori di Harvard, che hanno indagato la prognosi di pazienti colpiti da diverse condizioni (infezioni, aritmie, collassi, polmoniti, insufficienza renale) ponendola in relazione con il sesso del loro curante. Sono così emersi dati migliori quando a occuparsi delle faccende erano state delle donne. Un riscontro che gli studiosi s’erano allora spiegati con la maggiore attenzione al dialogo posta dalle donne, più propense a coniugare la medicina con l’attenzione alle condizioni di vita dei loro assistiti.
L’«imbuto» della maternità
Nei prossimi anni occorrerà osservare se questi rapporti di quasi parità saranno confermati. Molte giovani donne in camice bianco si avvicineranno infatti alla maternità, che rappresenta un collo di bottiglia dal quale non tutte riescono a venire fuori. Oltre a una tradizione che fino a pochi decenni fa portava a considerare la professione medica qualcosa di prettamente maschile, tra le spiegazioni della maggiore presenza di uomini nelle fasce d’età più avanzate e nei ruoli di responsabilità c’è la necessità da parte delle donne di far conciliare la vita professionale con quella privata. Ecco perché, seppur senza abbandonare la corsia, i medici donna spesso vengono penalizzate nella carriera. Un divario di genere non sempre voluto, anzi, ma che mai come in questa fase sembra prossimo a un punto di svolta. Il futuro della medicina è «fifty-fifty»: metà celeste e metà rosa.
Twitter @fabioditodaro