ROMA. U=U, «Undetectable» uguale «Untransmitable». Virus «non rilevabile» uguale a «non trasmissibile». Per i sieropositivi con Hiv in trattamento farmacologico è l’equazione della svolta. Quella che d’ora in avanti permetterà loro di avere rapporti senza la paura di trasmettere il virus al partner, di poter avere figli, di superare lo stigma di una malattia che, se dichiarata, ancora porta all’isolamento sociale.
A segnare il cambio di passo è la «Consensus Conference» che a Roma ha visto riunirsi intorno a un tavolo esperti del Ministero della salute, infettivologi del Simit, la Società italiana di malattie infettive e tropicali, clinici e associazioni dei pazienti. Gli stessi che ora metteranno nero su bianco i comportamenti da adottare in un documento che, secondo quanto anticipato dal presidente della Simit, Massimo Galli, «sarà pronto subito dopo le feste natalizie».
Scoperto un nuovo ceppo dell’Hiv per la prima volta da 19 anni
Studi sulla non trasmissibilità del virus da pazienti con viremia azzerata erano in realtà già stati presentati al Congresso mondiale di Amsterdam dello scorso anno, ma come sottolinea la professoressa Antonella D’Arminio Monforte, Ordinario di malattie infettive all’Università di Milano, «nonostante l’evidenza inequivocabile oltreché rivoluzionaria della impossibilità di trasmettere il virus per via sessuale questa nuova realtà non è ancora completamente passata ne tra le persone che convivono con l’Hiv, ne tra la popolazione generale, dalla quale è completamente ignorata». «E qualche riluttanza, dovuta soprattutto a carente informazione, è ancora presente in ambito medico», ammette.
Da qui l’esigenza di redigere un documento che sgombri il campo da ogni equivoco, partendo da cosa si intende per «virus non rilevabile», fino ad offrire risposte chiare sui comportamenti da adottare per azzerare qualsiasi rischio di trasmissione dell’Hiv. Che in Italia, è bene ricordarlo, contagia 2.700 nuove persone l’anno, 50 a settimana, sette al giorno, senza fare tante distinzioni di orientamento sessuale. I sieropositivi sono complessivamente 129mila, dei quali 112mila in trattamento con i farmaci antiretrovirali. «Che se assunti correttamente portano quasi sempre all’azzeramento della carica virale, che significa essere sotto le 200 copie di virus per milligrammo», spiega il professor Galli, che è anche primario del reparto Malattie infettive al sacco di Milano e che ci anticipa i contenuti del documento di prossima pubblicazione. «Con questi livelli il virus non può in alcun modo essere trasmesso per via sessuale e non esiste alcuna evidenza scientifica che questo possa avvenire con una puntura accidentale». Questo vuol dire poter avere con il proprio partner rapporti sessuali senza l’uso del profilattico e l’opportunità di fare figli, «senza il rischio di poter trasmettere loro l’Hiv». Ma «virus non rilevabile» non significa che questo sia scomparso dell’organismo, dove si annida nei cosiddetti «reservoir», i serbatoi dove resta latente senza replicarsi se si aderisce come si deve alla terapia antiretrovirale. «Per assicurarsi della persistenza della non rilevabilità e quindi della sua non trasmissibilità basterà fare due tre controlli del sangue l’anno, come da linee guida», spiega sempre il Presidente Simit. Che esclude si debbano utilizzare misure di profilassi pre o post esposizione (la Prep), ossia assumere dosi massicce di medicinali anti-Hiv, come si dovrebbe dopo rapporti a rischio.
Plaudono alla svolta i pazienti.
«Dall’inzio della pandemia tutte le persone con Hiv sono state percepite come un pericolo, ovviamente per partner e coniugi, ma anche per genitori, figli, colleghi di lavoro o amici», ricorda Massimo Oldrini, presidente di Lila, l’Associazione per la lotta all’Aids. «U uguale U» riconsegna loro una parte importantissima dello loro vita, come quella della sfera sessuale». «Ora – conclude - la notizia deve essere comunicata alla popolazione, perché lo stigma nei confronti delle persone con Hiv è ancora troppo forte».