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C’è una coppia di enzimi «traditori» che frenano l’azione amica del grasso bruno, quello «buono» che ci aiuta a stare in forma. Si chiamano Suv420h1 e Suv420h2, agiscono in risposta a stimoli ambientali come una dieta scorretta e possono essere «spenti» con farmaci ad hoc.

La scoperta - possibile promessa di nuove, future terapie contro l’obesità - è firmata su «Science Advances» da Simona Pedrotti del gruppo guidato da Davide Gabellini all’Irccs ospedale San Raffaele di Milano. In laboratorio i ricercatori hanno dimostrato che, bloccando l’attività dei due enzimi nelle cellule di grasso dei topi, si osservano diversi benefici metabolici.

Il lavoro è stato condotto grazie a un bando competitivo dell’Italian Epigenomics Flagship Project (Epigen), finanziato dal ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca e dal Consiglio nazionale delle ricerche. Lo studio - spiegano dal San Raffaele - ha identificato per la prima volta il ruolo di Suv420h1 e Suv420h2 nel regolare l’attività del grasso bruno, in particolare frenando il metabolismo di questo tessuto in risposta a un cambiamento della dieta o della temperatura alla quale l’organismo è esposto.

Nei modelli sperimentali in cui questi enzimi vengono «silenziati» attraverso l’uso di farmaci, gli scienziati hanno osservato un aumento della respirazione mitocondriale (il consumo di energia), una migliore tolleranza agli zuccheri e una riduzione del tessuto adiposo bianco, quello che aumenta se assumiamo più calorie di quelle che bruciamo.

«Le cellule di grasso bruno in cui questi enzimi vengono silenziati - spiega Pedrotti - non solo si attivano per dare il loro contributo al consumo di energia dissipando calore attraverso la respirazione dei mitocondri, ma rilasciano una serie di ormoni con cui mettono in moto tutto l’organismo».

Secondo gli autori della ricerca «i risultati, seppur ancora preliminari e ottenuti su modelli animali, suggeriscono che questi enzimi potrebbero costituire in futuro dei target terapeutici per l’obesità. Capaci, se opportunamente disattivati, di favorire l’accelerazione del metabolismo».

Per Gabellini è però importante ricordare che Suv420h1 e Suv420h2 sono «enzimi che svolgono funzioni diverse, e spesso fondamentali, in tessuti diversi. Esistono già dei composti in grado di interferire con la loro attività, ma per evitare gravi effetti secondari - precisa lo studioso - bisogna trovare il modo di veicolare questi composti in modo mirato ai tessuti che ci interessano, come il grasso bruno, risparmiando gli altri».

Stando ai dati dell’Organizzazione mondiale della sanità, a livello globale oltre 600 milioni di persone soffrono di obesità, «una vera e propria pandemia globale» associata a «un maggiore rischio di sviluppare patologie come il diabete, l’ipertensione o il cancro - evidenzia una nota dall’Irccs del gruppo ospedaliero San Donato - La genetica spiega solo una frazione dei casi», perché «la malattia è perlopiù dovuta a stili di vita poco sani come la sedentarietà o una dieta ipercalorica».

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