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C'è chi non vive senza tacchi, chi vi ha rinunciato ormai da tempo e chi li rispolvera solo in casi eccezionali. Ora ad occuparsi della questione intervengono i ricercatori dell'università di Aberdeen, in Gran Bretagna, che hanno
esaminato una serie di studi in materia. Concludendo che molte ricerche mostrano un legame fra i tacchi alti e il rischio di alluce valgo, dolore e traumi, mentre non c'è una chiara evidenza dell'associazione fra i “trampolì” e l'osteoartrite.

Dunque secondo i ricercatori occorre analizzare più a fondo il problema, ma soprattutto fare di più per impedire alle donne di essere costrette ad indossare tacchi alti sul posto di lavoro. Insomma, “stiletto” sì ma che sia una scelta libera e consapevole.

Sembra un tema curioso e marginale, ma in Gran Bretagna era stata persino avanzata la richiesta di introdurre una legge che impedisse alle aziende imporrè alle donne di indossare tacchi alti sul lavoro.
Una richiesta respinta dal governo in aprile. I ricercatori hanno esaminato i danni fisici e i traumi legati a queste calzature, ma anche gli aspetti sociali e culturali emersi da numerosi studi. Gli studiosi hanno anche analizzato la differenza tra il Regno Unito - dove il governo si è impegnato ad aumentare la consapevolezza del fatto che le lavoratrici non dovrebbero essere costrette ad indossare tacchi alti, ma senza nuove leggi - e la provincia canadese della British Columbia, che ha modificato la legislazione e ora vieta ai datori di lavoro di chiedere al personale
di indossare tacchi alti.

Cosa fare, dunque? Max Barnish, che ha condotto la ricerca, la sintetizza così: «Dalla nostra revisione è chiaro che,
nonostante l'enorme quantità di dati che dimostrano come i tacchi alti siano dannosi per la salute, esistono complessi motivi sociali e culturali che li rendono attraenti».

«Certamente - aggiunge Heather Morgan, docente dell'Università di Aberdeen - noi non stiamo cercando di dire che si dovrebbero o non si dovrebbero indossare tacchi alti, ma speriamo che questo studio aiuti chi li indossa a tener conto dei rischi per la salute oltre che dei beneficì a livello sociale». La ricercatrice però non si ferma qui: la sua speranza è che lo studio spinga i legislatori «a rafforzare la normativa in modo che nessuno sia costretto contro la sua volontà ad indossare i tacchi alti sul posto di lavoro».

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