In molti ormai la chiamano «sindrome post-Covid-19», per descrivere quell’insieme di sintomi che continuano a tormentare i reduci dal coronavirus per settimane, se non addirittura per mesi dopo la guarigione. La condizione, riscontrata da quasi tutti gli specialisti che in questi mesi hanno fatto i conti con la malattia provocata dal nuovo coronavirus, è caratterizzata dall’assoluta mancanza di forze. Diversi pazienti - come descritto da un gruppo di specialisti del Policlinico Gemelli di Roma in un articolo pubblicato sul «Journal of the American Medical Association» - descrivono soprattutto la difficoltà nel salire un piano a piedi e la tendenza a voler dormire molte ore al giorno. Ad accusarli soprattutto coloro che hanno affrontato un ricovero e che dunque hanno dovuto già fare i conti con i sintomi della fase acuta della malattia (tosse, febbre, dispnea, dolori articolari, disturbi dell’olfatto e del gusto).

I «segni» a lungo termine lasciati dal Covid-19

A leggere il lavoro pubblicato dagli specialisti dell’ospedale romano, emerge il ritratto di una sindrome da stanchezza cronica che nessuno, al momento, sa dire quanto possa durare persistere. I pazienti, raccontano i medici, sono spesso debilitati. Qualcuno fa anche fatica a respirare, perché i muscoli coinvolti nell’azione non hanno la forza sufficiente a svolgere la loro funzione. Su 143 casi osservati fino alla fine di maggio, a distanza di oltre due mesi dalla diagnosi di Covid-19, solo 1 paziente su 10 non presentava sintomi correlabili alla malattia iniziale. La maggior parte (87%) riferiva la persistenza di almeno uno di questi: soprattutto stanchezza intensa (53.1 per cento) e affanno (43.4 per cento). Oltre 1 paziente su 4 lamentava dolore alle articolazioni, in 1 caso su 5 invece era il dolore toracico il segno lasciato dalla polmonite. Inevitabili le conseguenze per la qualità della vita. In queste condizioni, per più di qualcuno risulta difficile anche alzarsi dal letto richiede uno sforzo titanico. Mentre c’è chi, nel tentativo di fare luce su questo male «misterioso», ha confessato di aver pensato di avere anche una malattia mentale. Salvo poi rendersi conto che chi era reduce dalla stessa malattia, spesso condivideva analoghi disturbi.

Rimanere sotto controllo

«Indipendentemente dall’età, tutti i pazienti che hanno avuto Covid-19 e soprattutto quelli colpiti dalle forme più gravi, che hanno richiesto un ricovero in rianimazione o che hanno avuto bisogno di ossigenoterapia, devono essere sottoposti a controlli multi-organo nel tempo - afferma Francesco Landi, direttore dell’unità operativa complessa di medicina fisica e riabilitazione del Policlinico Gemelli -. Questo perché siamo di fronte a una malattia nuova, sconosciuta ed è quindi importante cercare di individuare gli eventuali danni a breve o a lungo termine. Per fortuna, la maggior parte dei pazienti non presenta quei danni d’organo che temevano a livello di polmoni, occhi, cuore e fegato. Quello che stiamo riscontrando è invece una frequente persistenza di sintomi, anche soggettivi come quello della stanchezza, che meritano di essere presi in considerazione. Questo è importante per individuare e al tempo stesso supportare questi pazienti con un programma di rieducazione fatto di ginnastica supervisionata ed educazione alimentare. Importante è anche la gestione dei disturbi della sfera psichica di questi pazienti, molti dei quali presentano un vero e proprio disturbo post-traumatico da stress».

Twitter @fabioditodaro

In molti ormai la chiamano «sindrome post-Covid-19», per descrivere quell’insieme di sintomi che continuano a tormentare i reduci dal coronavirus per settimane, se non addirittura per mesi dopo la guarigione. La condizione, riscontrata da quasi tutti gli specialisti che in questi mesi hanno fatto i conti con la malattia provocata dal nuovo coronavirus, è caratterizzata dall’assoluta mancanza di forze. Diversi pazienti - come descritto da un gruppo di specialisti del Policlinico Gemelli di Roma in un articolo pubblicato sul «Journal of the American Medical Association» - descrivono soprattutto la difficoltà nel salire un piano a piedi e la tendenza a voler dormire molte ore al giorno. Ad accusarli soprattutto coloro che hanno affrontato un ricovero e che dunque hanno dovuto già fare i conti con i sintomi della fase acuta della malattia (tosse, febbre, dispnea, dolori articolari, disturbi dell’olfatto e del gusto).

I «segni» a lungo termine lasciati dal Covid-19

A leggere il lavoro pubblicato dagli specialisti dell’ospedale romano, emerge il ritratto di una sindrome da stanchezza cronica che nessuno, al momento, sa dire quanto possa durare persistere. I pazienti, raccontano i medici, sono spesso debilitati. Qualcuno fa anche fatica a respirare, perché i muscoli coinvolti nell’azione non hanno la forza sufficiente a svolgere la loro funzione. Su 143 casi osservati fino alla fine di maggio, a distanza di oltre due mesi dalla diagnosi di Covid-19, solo 1 paziente su 10 non presentava sintomi correlabili alla malattia iniziale. La maggior parte (87%) riferiva la persistenza di almeno uno di questi: soprattutto stanchezza intensa (53.1 per cento) e affanno (43.4 per cento). Oltre 1 paziente su 4 lamentava dolore alle articolazioni, in 1 caso su 5 invece era il dolore toracico il segno lasciato dalla polmonite. Inevitabili le conseguenze per la qualità della vita. In queste condizioni, per più di qualcuno risulta difficile anche alzarsi dal letto richiede uno sforzo titanico. Mentre c’è chi, nel tentativo di fare luce su questo male «misterioso», ha confessato di aver pensato di avere anche una malattia mentale. Salvo poi rendersi conto che chi era reduce dalla stessa malattia, spesso condivideva analoghi disturbi.

Rimanere sotto controllo

«Indipendentemente dall’età, tutti i pazienti che hanno avuto Covid-19 e soprattutto quelli colpiti dalle forme più gravi, che hanno richiesto un ricovero in rianimazione o che hanno avuto bisogno di ossigenoterapia, devono essere sottoposti a controlli multi-organo nel tempo - afferma Francesco Landi, direttore dell’unità operativa complessa di medicina fisica e riabilitazione del Policlinico Gemelli -. Questo perché siamo di fronte a una malattia nuova, sconosciuta ed è quindi importante cercare di individuare gli eventuali danni a breve o a lungo termine. Per fortuna, la maggior parte dei pazienti non presenta quei danni d’organo che temevano a livello di polmoni, occhi, cuore e fegato. Quello che stiamo riscontrando è invece una frequente persistenza di sintomi, anche soggettivi come quello della stanchezza, che meritano di essere presi in considerazione. Questo è importante per individuare e al tempo stesso supportare questi pazienti con un programma di rieducazione fatto di ginnastica supervisionata ed educazione alimentare. Importante è anche la gestione dei disturbi della sfera psichica di questi pazienti, molti dei quali presentano un vero e proprio disturbo post-traumatico da stress».

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