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La sindrome dell’intestino irritabile rappresenta un disturbo funzionale dell’apparato gastrointestinale. Interessa circa il 10-15% della popolazione con una predilezione per il sesso femminile, nella fascia di età compresa fra i 20 e i 50 anni. Il disturbo si caratterizza per il dolore addominale sempre presente, irregolarità dell’alvo con alternanza di periodi di stipsi e diarrea, meteorismo ovvero presenza di gonfiore e aria nella pancia, variazione di consistenza delle feci.

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Chi soffre del disturbo spesso tende ad accusare anche emicrania, facile affaticabilità, difficoltà nella respirazione e nella concentrazione. Sulle cause scatenanti del disturbo non vi sono ancora certezze, molto probabilmente intervengono una deregolazione dei fattori che governano l’attività della muscolatura liscia e involontaria dell’intestino, ma sicuramente ha un certo ruolo anche la componente psichica, poiché lo stress e le emozioni forti riescono ad alterare la normale motilità del colon. «Le ragioni per cui la sindrome dell’intestino irritabile si sviluppi in alcuni individui, per altro del tutto sani, sono in gran parte sconosciute. Verosimilmente non c’è una sola causa, ma più cause: vari elementi possono svolgere, cioè, singolarmente o contemporaneamente, un ruolo nel determinare l’insorgenza della sindrome.

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Le cause più accreditate sono l’alterazione nella motilità intestinale, la proliferazione batterica intestinale, un’infiammazione microscopica e un’ipersensibilità viscerale soggettiva» chiarisce il dottor Adolfo Renzi, Presidente SIUCP, Società Italiana Unitaria di ColonProctologia e Consigliere Nazionale CIC, Collegio Italiano dei Chirurghi.

Approcci terapeutici

La sindrome dell’intestino irritabile è un problema con il quale è inevitabile convivere e che riconosce periodi di remissione e altri di riacutizzazione. Per quanto riguarda i trattamenti terapeutici possibili i pazienti vengono di solito suddivisi in tre tipologie e in base al sintomo caratterizzante si individua la terapia di prima istanza anche se, a tal proposito puntualizza ancora il dottor Renzi: «L’assenza di una chiara conoscenza sull’eziologia della sindrome, insieme alla diversità dei quadri clinici con cui i disturbi si presentano in ogni singolo paziente è ragione dell’ampia varietà dei trattamenti proposti».

I pazienti possono presentare principalmente stitichezza. In questo caso il quadro sintomatologico tende ad alleviarsi per assunzione di lassativi, i più efficaci sono quelli ricchi di fibre anche detti formanti massa come metilcellulosa e derivati dello psillio. Può essere utile anche un lassativo osmotico come il PEG (Polietilenglicole) che richiamando acqua nell’intestino può favorire il transito intestinale delle feci.

Antidiarroici

Per i pazienti per i quali invece, il sintomo predominate è la diarrea di solito si suggerisce il ricorso alla loperamide, farmaco sicuro, ma modestamente efficace sulla quantità di feci prodotte e per nulla attivo sul gonfiore e il dolore. Per ridurre il dolore sia i pazienti stitici che diarroici devono ricorrere a farmaci come gli antispastici e la trimebutina. Spesso per la riduzione del dolore vengono consigliati trattamenti ciclici con le rifaximine, antibiotici non assorbibili che dovrebbero svolgere un certo ruolo nella riduzione della crescita batterica intestinale, diminuendo il numero dei batteri che rendono difficile la vita dei batteri buoni, amici dell’intestino.

Pazienti misti

Per i pazienti afflitti a volte da stipsi a volte da diarrea può essere utile il ricorso all’uso di antidepressivi triciclici a dosaggio subclinico per agire positivamente sulla componente ansioso-depressiva. Solo quando tutti i trattamenti farmacologici possibili falliscono, si può provare a ricorrere agli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (ovvero gli antidepressivi più utilizzati nella pratica clinica). A tal proposito, in ogni caso il professor Renzi tiene a sottolineare come: «Tra i farmaci di più recente introduzione vanno ricordati i procinetici (utili nei pazienti stitici) che sembrano essere molto efficaci nel combattere l’inerzia intestinale e i probiotici (utili nei pazienti diarroici) che, ripopolando la flora batterica intestinale e contribuendo a un suo corretto sviluppo, contribuiscono a contenere, e a volte a curare, la diarrea.

Prima ancora di somministrare una cura, in ogni caso, è bene però che il medico instauri un corretto rapporto di fiducia con il paziente, lo rassicuri sull’assenza di patologie organiche (tumori e quant’altro), gli spieghi l’andamento cronico e recidivante della sindrome e lo informi su come riconoscere le cause di stress (che spesso accompagnano i disturbi) e le tecniche per fronteggiarle e gestirle».

È bene sottolineare a tale proposito, come spesso tenda a instaurarsi una sorta di circolo vizioso dove l’ansia e le preoccupazioni scatenano la sindrome dell’intestino irritabile e come poi la sintomatologia risultante tenda ad aggravare il quadro psichico di chi ne soffre che di rimando vede peggiorare la sintomatologia ansiosa e depressiva.

Ruolo della dieta e dell’attività fisica

Una certa risoluzione della sintomatologia si nota anche in seguito all’adozione di uno stile di vita salutare connotato da un regolare svolgimento dell’attività fisica. Per quanto riguarda l’alimentazione miglioramenti vengono notati riducendo o eliminando il consumo di caffeina e teina, alcol, bevande gassate, lattosio e legumi, mangiando lentamente e a orari fissi e stabiliti rigorosamente. Bisognerebbe bere almeno 8 bicchieri di acqua ogni giorno (al fine di ottimizzare l’idratazione), limitare l’uso delle fibre, consumando per questo non più di 3 porzioni di frutta al giorno. Quando il sintomo più invalidante è il dolore, può essere utile ridurre il consumo di cavoli, cipolle, broccoli, spinaci, prugne, mele, ciliegie, banane, latte, panna, gelati, cibi molto grassi, fritti e cereali integrali.

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