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I tifosi della Juventus si sono preoccupati, vista l’improvvisa e duratura assenza a cui va incontro Emre Can. Ma la realtà è che del nodulo alla tiroide rilevato sul centrocampista tedesco ne andrà prelevato un piccolo pezzo, per analizzarlo in laboratorio e completare la diagnosi. Senza questo passaggio, ultima tappa dell’iter diagnostico, non sarà possibile sbilanciarsi sul suo soggiorno in infermeria.

Formazioni di questo tipo, d’altra parte, sono rilevabili in oltre una persona sana su due, senza che questo determini il minimo contraccolpo in termini di salute. In altri casi possono essere la «spia» di una forma di ipertiroidismo (assieme alla tachicardia, all’aumento dell’appetito, alla perdita di peso e alla irrequietezza) o di ipotiroidismo (associato ad aumento di peso, fatica, gonfiore del viso).

La maggior parte dei noduli sono benigni, mentre un nodulo maligno può progredire in adenocarcinoma tiroideo (accade soltanto nel cinque per cento dei noduli della tiroide), la forma tumorale che colpisce i tessuti ghiandolari. Dunque scoprire che una persona ha un nodulo alla tiroide dice poco, se non vi si conosce la natura.

Ma anche ipotizzando il peggiore degli scenari, le neoplasie della tiroide oggi sono tra quelle che evidenziano i più alti tassi di sopravvivenza. Al punto che, nella comunità scientifica, sta prendendo piede l’ipotesi di non chiamarle più tumori.

Come gestire un nodulo?

Primo passo da compiere, è la corretta classificazione del nodulo. «Visto il carattere epidemico della malattia nodulare della tiroide nel nostro Paese, occorre individuare i soggetti che meritano una maggiore attenzione diagnostica ed evitare di sottoporre inutilmente ad indagini invasive la maggior parte dei pazienti con noduli che non presentano elementi di preoccupazione - afferma Rinaldo Guglielmi, direttore della struttura complessa di endocrinologia e malattie del metabolismo dell’ospedale Regina Apostolorum di Albano Laziale ed ex presidente dell’ Associazione Medici Endocrinologi -. Tutto ciò deve avvenire senza trascurare quella minoranza di soggetti che merita maggiore attenzione, presentando noduli di dimensione maggiore, micro-calcificazioni e margini irregolari.

In assenza di caratteristiche allarmanti, si evita l’intervento quando l’analisi tra i costi e benefici per il paziente non è vantaggiosa, come nel caso di soggetti con malattie concomitanti e quindi ad alto rischio». Il tema della malattia nodulare, relativamente alle modalità di trattamento, è al centro del dibattito tra gli specialisti, che nel corso del congresso «Thyroid UpToDate», in programma a Roma tra una settimana, discuteranno proprio delle nuove linee guida italiane per la gestione dei noduli, messe a punto dalle principali società scientifiche coinvolte.

I controlli da fare

Per capire se è in atto un malfunzionamento della tiroide, è sufficiente effettuare il dosaggio del Tsh: l’ormone tireo-stimolante prodotto dall’ipofisi, ghiandola che controlla la tiroide. Se il valore è al di sopra dei parametri di riferimento, la tiroide lavora poco. Se è al di sotto, vuol dire che lavora troppo. Altri esami utili sono il dosaggio dell’FT3 e dell’FT4 e degli anticorpi anti-tiroide (presenti in alcune malattie autoimmuni). Questi esami vengono consigliati preventivamente in presenza di fattori di rischio quali famigliarità, poliabortività o difficoltà a concepire.

Nella donna, infatti, il malfunzionamento della ghiandola può anche ostacolare l’avvio di una gravidanza e aumentare il rischio di aborto spontaneo. Per una corretta diagnosi, è comunque necessario ricorrere all’imaging (l’ecografia è l’esame più semplice, in seconda battuta si può sottoporre un paziente a una Tac o a una risonanza magnetica) e alla scintigrafia tiroidea (i noduli vengono classifica sulla base dell’assorbimento dello iodio radioattivo fatto entrare nelle cellule della tiroide). Infine, un ago aspirato o una biopsia completa (dopo asportazione del nodulo) permettono di completare la diagnosi.

Accertamenti che con ogni probabilità il centrocampista bianconero effettuerà da qui a due settimane: questo il tempo in cui Can mancherà dai campi di gioco, come comunicato dal club.

I tumori della tiroide guariscono quasi sempre

La tiroide è la «centralina energetica» che regola una macchina complessa come il nostro organismo. «Si tratta di una ghiandola molto piccola, che produce però un ormone importantissimo per tutto il corpo: la tiroxina», dichiara Paolo Vitti, direttore del centro di endocrinologia ed endocrino-chirurgia dell’azienda ospedaliero-universitaria di Pisa e presidente della Società Italiana di Endocrinologia.

«La regolazione del metabolismo, la produzione di calore, il controllo del ritmo cardiaco, lo sviluppo del sistema nervoso, l’accrescimento corporeo e la forza muscolare dipendono dal funzionamento della tiroide. Ma spesso la sua importanza si scopre soltanto quando si ha qualche problema: cosa che riguarda sei milioni di italiani».

Quanto ai tumori che colpiscono la ghiandola, vengono diagnosticati ogni anno in oltre quindicimila persone. È un’epidemia? Tutt’altro. «L’incidenza della malattia è cresciuta molto negli ultimi vent’anni, soprattutto nelle donne: questo perché con l’ecografia individuiamo noduli di piccole dimensioni, che prima sfuggivano al controllo», chiosa Rossella Elisei, associata di endocrinologia dell’ateneo pisano. Molti di questi non richiedono trattamento. Otto nuove diagnosi su dieci potrebbero non richiedere un trattamento chirurgico, questo il dato pubblicato da 34 ricercatori italiani sull’«European Journal of Cancer».

In molti casi la sorveglianza nel tempo è più che sufficiente. Questo è quanto si augurano Massimiliano Allegri e i tifosi bianconeri per Emre Can, troppo importante per fermarsi ai box a questo punto della stagione.

Twitter @fabioditodaro