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Secondo il bilancio demografico dell’Istat per l’anno 2017, per il terzo anno consecutivo i nati in Italia sono stati meno di mezzo milione: nel 2017, infatti, gli iscritti all’anagrafe sono stati 458.151, con circa 15000 nati meno del 2016.

Sempre meno figli, dunque, nati da donne con un’età media di 32 anni, che difficilmente decidono di fare un secondo figlio, per ragioni anagrafiche e lavorative.

Ma, al di là delle statistiche, è chiaro che in molte famiglie i figli sono più di uno e, laddove ci sia l’arrivo di un secondogenito, è interessante osservare quelle che sono le differenze di approccio da parte dei genitori verso il primo arrivato e nei riguardi dei più piccoli. In che modo cambia la vita di una famiglia con l’arrivo di un secondo figlio e quali sono le dinamiche psicologiche che vengono a stabilirsi per la prole e per i padri e le madri?

«I primogeniti introducono i loro genitori al mondo delle cure e dell’accudimento - spiega Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta dell’età evolutiva, ricercatore presso il dipartimento di scienze biomediche dell’Università degli Studi di Milano-. Si può dire che quando nasce il primo figlio nascono anche i suoi genitori, che perciò sono inesperti e certamente più ansiosi di quanto succede invece con il secondogenito che li trova più esperti e tranquilli, grazie alla fase di rodaggio che hanno vissuto col primo nato».

Figlio unico e capacità psicologiche

È duro a morire il mito che il figlio unico sia viziato e capriccioso: certo i genitori che si confrontano con un solo figlio hanno più tempo, risorse e disponibilità, ma questi elementi di per sé non bastano a viziare un bambino. Dagli studi a disposizione, emerge come, in linea di massima i figli unici siano più flessibili, cioè in grado di pensare in maniera originale e indipendente, ma meno empatici .

Al contrario uno studio sui fratelli ha evidenziato come sia i più grandi sia i più piccoli contribuiscano alla crescita empatica dei consanguinei.

«I fratelli si osservano fra di loro, i più piccoli imparano dai più grandi e i più grandi osservando mamma e bambino più piccolo apprendono tantissimo sul ruolo genitoriale - chiarisce Simonetta Gentile, responsabile del reparto di psicologia clinica all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma che aggiunge - L’empatia è una qualità importante che aiuta chi la sviluppa nel migliore dei modi a uscire dall’egocentrismo, una fase sicuramente tipica di ogni bambino. Tutti i bambini si credono, per un certo periodo, al centro dell’universo, quando hanno dei fratelli capiscono prima che non è così».

«Sono numerose le ricerche che hanno evidenziato che quando in famiglia ci sono più fratelli sono più evidenti le competenze pro-sociali e le capacità empatiche - conferma il professor Pellai. - Fratelli e sorelle richiedono alla famiglia di funzionare con lo stile di una squadra, ecco perché migliorano gli stili cooperativi e i fratelli più grandi favoriscono gli apprendimenti per imitazione nei più piccoli, accelerandone perciò la crescita e aiutandoli a diventare più autonomi rispetto a quanto è successo a loro».

Sempre secondo gli studi più recenti, inoltre, i secondogeniti sono più inclini a seguire le proprie passioni e per questo, quando si tratta di fare le scelte di vita si orientano, rispetto ai primogeniti, su facoltà che offrono sbocchi lavorativi meno remunerativi, ma più propensi a soddisfare le proprie passioni, mentre i primogeniti scelgono percorsi come quelli ingegneristici o medici .

«Spesso sui primogeniti si concentrano più attenzioni, ma anche più aspettative. Lo stile educativo con i secondogeniti è necessariamente più flessibile e meno esigente», commenta il professor Pellai. «Se da una parte è vero che i secondi figli devono dividere tempo, spazio e attenzione con i fratelli, dall’altra vengono caricati meno dalle ansie materne. O meglio tutte le ansie della donna si riversano sul figlio quando è unico, si ripartiscono equamente quando sono più di uno - chiarisce ancora la dottoressa Gentile.- Ai nostri giorni, inoltre, le donne non possono più contare su figure di aiuto e sostegno come ai tempi delle famiglie patriarcali. Sono sole e devono dividersi e giocare tanti ruoli: la mamma, la moglie, la lavoratrice e quindi sul figlio, quando è unico, riversano a maggior ragione tutte le loro aspettative».