Quando si pensa a un impianto dentale difficilmente si ritiene che possa anche ammalarsi. Uno studio europeo, di cui ha fatto parte l’università di Pisa, invece, conferma che non solo gli impianti dentali sono soggetti a usura, ma anche allo sviluppo di vere e proprie condizioni patologiche.
Nei prossimi anni, inoltre, i casi di perimplantite, la malattia che colpisce gli impianti dentali, sono destinati ad aumentare, di pari passo con la diffusione dell’implantologia.
Poiché la materia risulta molto complessa abbiamo intervistato Filippo Graziani, professore ordinario di malattie odontostomatologiche al dipartimento di Patologia chirurgica, medica, molecolare e dell’Area Critica dell’università di Pisa, Presidente eletto della federazione europea di Parodontologia e co-autore dello studio in questione.
1) Le malattie agli impianti dentali sono destinate ad aumentare anche a causa dell’allungarsi dell’aspettativa di vita?
«No, non crediamo affatto che l’allungarsi dell’aspettativa di vita possa determinare una maggiore incidenza di malattie degli impianti, semplicemente l’implantologia è una tecnica sempre più diffusa. Con la sempre maggiore diffusione degli impianti, però, aumenta anche la consapevolezza dei problemi, non solo di tipo usurativo, che possono insorgere».
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2) Cosa si intende per impianto dentale che può ammalarsi? Si intende anche una capsula di un singolo dente?
«Quando si parla di malattie di un impianto non ci si riferisce alla parte esterna di materiale protesico. L’impianto è concepito come una radice artificiale di un dente, costituita dalla vite in titanio sulla quale si va a montare la capsula ovvero la corona dentaria. Quello che può succedere, nel corso degli anni, è che sia proprio la gengiva intorno alla vite a infiammarsi e dare vita a due patologie distinte la mucosite peri-implantare e la peri-implantite».
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3) Che cosa comporta lo sviluppo di queste condizioni patologiche?
«La mucosite peri-implantare è determinata dall’infiammazione della gengiva intorno all’impianto, è una condizione di tipo reversibile. La peri-implantite, invece, è sempre una condizione su base infiammatoria sostenuta da un accumulo batterico, non è reversibile e comporta, oltre all’infiammazione dei tessuti gengivali, la distruzione del rapporto che si era creato fra osso e impianto. In pratica l’impianto è osteointegrato nel senso che la vite in titanio è avvolta e tenuta ferma dall’osso, nel momento in cui la vite tende a staccarsi dall’osso, l’impianto viene perso, poiché perde ogni connessione con l’osso circostante».
4) Quali sono i fattori di rischio alla base dello sviluppo delle infiammazioni di un impianto che possono poi degenerare nelle due condizioni patologiche descritte?
L’accumulo batterico è dovuto a una cattiva igiene orale, ma la reazione infiammatoria a quest’accumulo è più probabile nei soggetti suscettibili ovvero i fumatori e chi soffre di parodontite. L’impianto, in concreto, non si ammala perché soggetto a fenomeni di tipo cariogeni, ma perché l’infiammazione che può essere sostenuta dall’accumulo di placca, più probabile nei soggetti a rischio, determina distruzione dell’osso intorno all’impianto. Viene a ricrearsi una situazione molto simile a quella alla quale si assiste in caso di parodontite, che se non curata porta a perdere inevitabilmente il dente.
5) Come si mantiene in buona salute un impianto?
La salute di un impianto non può prescindere da un’ineccepibile igiene orale volta a evitare gli accumuli di placca, dal mantenere sotto controllo la malattia parodontale quando presente e limitando al minimo o abolendo completamente il vizio del fumo. Fondamentale quindi è l’apporto del professionista: sia per controllare la parodontite che per fornire un mantenimento adeguato. Infatti, essere in un sistema di mantenimento con controlli e rimozione della placca periodico ha un impatto sulla sopravvivenza, soprattutto nei pazienti affetti da parodontite.
6) Qual è la durata media di un impianto fatto bene e mantenuto in buona salute?
Non è facile fare una previsione, dato che i sistemi biologici non sono sistemi matematici. Quello che si può dire è che le persone che si sono sottoposte a un intervento di implantologia e si sottopongono a 3-4 controlli l’anno e sono monitorati per la loro salute orale hanno meno probabilità di sviluppare patologie dell’impianto, rispetto a chi, una volta fatto l’impianto non se ne occupa affatto. Quest’evidenza è ancora più marcata nei pazienti affetti da parodontite severa. Ecco perché posso concludere che la durata è in buona parte influenzata da alcune caratteristiche del paziente, che tuttavia possono essere modificate. Se quest’ultimo non fuma, non ha la parodontite e ha un buon controllo di placca, ha molte probabilità che il suo impianto duri più di 10 anni, viceversa lo stesso potrebbe durare meno.
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