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L’alta pressione arteriosa sistemica in età adulta è associata allo sviluppo, più in là con gli anni, di demenza. Questo pericoloso legame è stato sottolineato dall’American Heart Association AHA con uno statement dal titolo «Impatto della Ipertensione sulla funzione cognitiva», pubblicato sulle pagine della rivista Hypertension. Secondo gli autori della revisione, alla luce dei dati disponibili, la pressione elevata (e anche in caso di valori comunque preclinici) andrebbe considerata più seriamente dato il suo impatto sulla salute del cervello e il sue legame con le demenze. Prendersene cura fin da subito, riducendo i fattori di rischio vascolare, permetterebbe una migliore prevenzione della demenza in generale.

«L’ipertensione sconvolge la struttura e la funzione dei vasi sanguigni cerebrali, porta a danno ischemico della sostanza bianca (le cosiddette “lesioni della sostanza bianca” o “white matter lesions”) in aree critiche per le funzioni cognitive e può promuovere la patologia di Alzheimer» scrivono gli autori, un gruppo multidisciplinare di medici, fisiologi, neuroradiologi guidato da Costantino Iadecola, direttore del Brain Mind Institute della Cornell University a New York, e chiamati dall’AHA a valutare lo stato dell’arte sul legame tra pressione sanguigna e demenze.

Cervello e salute vascolare

Il benessere del cervello dipende dalla salute dei suoi vasi e dal corretto e puntuale afflusso di sangue. La vasculopatia cerebrale è molto comune nei soggetti anziani e l’età è il principale fattore di rischio per la demenza (è dunque piuttosto raro che in un paziente con demenza non vi sia anche una certa vascolopatia dovuta all’età). E il problema vascolare può portare da solo a deficit cognitivi importanti. Ma ci sono un crescente numero di evidenze del fatto che i microdanni vascolari ripetuti (come quelli dovuti all’ipertensione) e la difficoltà di perfusione dell’encefalo dovuta a una vasculopatia dei piccoli vasi (la cosiddetta arteriolosclerosi) contribuiscono non solo alle demenze vascolari ma anche a quelle di tipo neurodegenerativo. Ultimo solo in ordine di tempo, un ampio studio apparso su Lancet Neurology lo scorso luglio aveva messo in luce una correlazione tra la patologia dei piccoli vasi e la demenza di tipo neurodegenerativo.

Legame tra vascolare e neurodegenerativo

Il ruolo dell’ipertensione nella demenza vascolare è dunque chiaro da tempo, ma come si spiega in caso di demenza neurodegenerativa? Esso dipende dai suoi effetti sulla proteina neurotossica beta amiloide, che forma le celebri placche, come hanno dimostrato alcuni studi condotti dallo stesso professor Iadecola. Da una parte, fattori neurometabolici che agiscono sulla proteina precursore dell’amiloide portano ad una sua maggior produzione. Dall’altra, c’è un minor smaltimento: l’ipertensione provoca modifiche della barriera ematoencefalica con un aumento della permeabilità vascolare e un accumulo di proteina β-amiloide.

Trattare l’ipertensione per prevenire la demenza?

L’ipertensione arteriosa colpisce un miliardo di persone al mondo, 15 milioni in Italia. «Non si sa a priori quali siano le soglie ottimali per ciascuno, ma nonostante disponiamo di adeguati strumenti per la sua misurazione e il suo monitoraggio, l’ipertensione nella stragrande maggioranza dei casi non viene trattata adeguatamente» ci ha spiegato il professor Costantino Iadecola. Secondo il neuroscienziato, autore di studi pionieristici sulla componente vascolare nello sviluppo delle demenze, è necessario ovviare ai problemi legati all’ipertensione clinica isolata (chiamata anche ipertensione da camice bianco) e all’ipertensione mascherata, con un adeguato monitoraggio continuo. Oltre a risolvere la discrepanza tra le pressioni misurate nell’ambulatorio ed al di fuori di esso, ciò consente anche un approccio personalizzato, che tenga in considerazione il variare dei valori con le attività svolte quotidianamente dagli individui. (Negli anziani, ad esempio, il rischio può dipendere dalla pressione bassa).

«Si stima che il 20% delle demenze in età senile sia dovuto a valori di pressione sistolica compresi tra 120 e 140 in età adulta» spiega il professore. Il rischio è costituito da una situazione di cronicità, cioè valori elevati in modo continuativo e da non singoli episodi di crisi. Bisogna quindi tenere ben controllati anche i casi di pre-ipertensione e comunque ci spiega il professore: «agire sulla pressione permetterebbe di evitare il 50% dei casi di demenza, di qualsivoglia origine».

Pur non essendoci dati sufficienti per la formulazione di raccomandazioni basate sull’evidenza, tuttavia, gli autori scrivono che «un adeguato trattamento dell’ipertensione, che tenga conto degli obiettivi della cura e delle caratteristiche individuali (ad esempio, età e comorbidità), sembra giustificato per salvaguardare la salute vascolare e, di conseguenza, la salute del cervello».

Un quadro complesso

Il ruolo delle proteine tau e beta amiloide nella patogenesi della demenza è stato studiato fin dall’inizio della ricerca dei trattamenti per l’Alzheimer. Oggi appare sempre più evidente anche altri meccanismi cellulari e processi molecolari abbiano un ruolo altrettanto fondamentale nella patogenesi, come emerso anche ad un recente convegno intitolato appunto «Oltre l’amiloide» («Beyond Amiloyd. Widening the View on Alzheimer’s Disease»).

Di quella zona grigia dove vascolare e neurodegenerativo si sovrappongono, si occuperanno tra le altre cose anche i neurologi italiani riuniti al congresso nazionale della SIN Società italiana di neurologia a Venezia.

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