Circa 6 italiani su 10 si dichiarano attratti dalla pratica dell’ipnosi, tuttavia pochissimi sanno realmente di cosa di tratta o sono al corrente dei suoi possibili utilizzi come terapia complementare contro patologie specifiche o dolori cronici: 1 italiano su 5 la ritiene erroneamente una manipolazione psichica in cui si perdono completamente le proprie facoltà di intendere e di volere, mentre 1 su 10 la considera una tecnica da mentalista.

È ciò che emerge da un’indagine da poco presentata al congresso della Società Italiana di Ipnosi, condotta dal Centro di ipnosi clinica di Roma in collaborazione con la rivista BrainFactor. «La percezione distorta dell’ipnosi rispecchia lo stato dell’informazione disponibile» spiega il coordinatore dello studio Marco Mozzoni, neuropsicologo e psicoterapeuta specializzato in psicoterapia ipnotica, con cui abbiamo voluto far luce su questa tecnica ancora oscura a molti, talvolta praticata da non professionisti.

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Dottor Mozzoni, nell’immaginario collettivo l’ipnosi è vista spesso come una pratica manipolatoria dai tratti esoterici, ben lontana dalla scienza. Può spiegarci invece cos’è l’ipnosi e in cosa consiste una seduta?

«L’ipnosi è il metodo naturale più efficace per favorire i processi interni di autoguarigione. Come umani ne siamo costituzionalmente dotati. Il problema è che, per ragioni culturali, non siamo più abituati a mantenerci in salute in questo modo, preferendo mezzi estrinseci, di cui accettiamo gli effetti collaterali credendo di non avere alternative. Un terapeuta specializzato può aiutarci a familiarizzare nuovamente con le nostre capacità. In sostanza, nello stato ipnotico riusciamo a riavviare l’organismo in modalità di ripristino, da amministratori di sistema, col massimo livello di autorizzazioni: possiamo eseguire diagnostiche, aggiornare i vecchi programmi o l’intero sistema operativo, con successivi upgrade in futuro. Durante una seduta veniamo letteralmente accompagnati in uno stato di consapevolezza corporea profonda in cui i processi utili alla risoluzione dei problemi o al consolidamento di specifiche capacità neurocognitive risultano prontamente disponibili e potenziati. In certo modo l’ipnosi è un enzima di accelerazione».

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COSA PROVANO I PAZIENTI QUANDO SONO IN UNO STATO DI TRANCE IPNOTICA?

«È un’esperienza soggettiva così intima, reale, vivida, profondamente aderente alla logica della vita, che bisognerebbe chiederlo a loro. A parte le battute, sappiamo da tempo che possono avvenire cambiamenti dei parametri fisiologici, percepibili a livello sensoriale. Le pulsazioni assumono un ritmo regolare, il respiro si fa più calmo, aumentano le sensazioni di pace e di energia diffusa, il tempo si scioglie, il viso si distende, mostrando i lineamenti autentici, non più nascosti dalla maschera ordinaria. Alcuni sperimentano un senso di piacevole distacco, altri di presenza totale nel corpo, che iniziano a conoscere in modo nuovo, concreto, sotto il proprio controllo responsabile».

QUAL È LA POSIZIONE DELLA SCIENZA NEI CONFRONTI DELL’IPNOSI? SI TRATTA DI UNA PRATICA RICONOSCIUTA?

«Sono ormai ampiamente riconosciuti i fondamenti scientifici e l’efficacia clinica dell’ipnosi: utilizzata con competenza da personale sanitario abilitato, ha dimostrato di funzionare bene sia nell’ambito psicologico sia nel campo medico, come terapia d’elezione o in affiancamento ad altre. Nell’ultimo decennio è cresciuto molto l’interesse delle neuroscienze verso l’ipnosi, sia per quanto riguarda la ricerca intrinseca, cioè lo studio con neuroimaging delle modificazioni che avvengono a livello cerebrale in una persona ipnotizzata, sia per quanto riguarda la ricerca strumentale, quella cioè che utilizza l’ipnosi per studiare i diversi aspetti della neuropsicologia umana, come ad esempio i correlati neurali della coscienza, della percezione inconscia, delle memorie implicite, dell’azione volontaria e involontaria e di altri fenomeni che ancora mancano di risposte definitive».

UNA DELLE TECNICHE PIÙ “COMMERCIALIZZATE” È L’IPNOSI REGRESSIVA, CHE PROMETTE DI ALLEVIARE LE SOFFERENZE DEI PAZIENTI RIPORTANDOLI ANCHE AD ESPERIENZE DI VITE PASSATE. COME FUNZIONA?

«Tanto per essere chiari: la cosiddetta regressione alle vite precedenti non c’entra nulla con la regressione che usiamo nell’ipnosi clinica. Siamo davvero su un altro pianeta. La regressione è uno dei pilastri della clinica ipnotica. Viene usata in particolare nel trattamento di traumi e abusi. È un terreno delicatissimo, di estrema sofferenza per chi si porta addosso la memoria corporea di ferite che stentano a rimarginare. Tutto ciò non ha nulla a che vedere con la regressione alle vite precedenti, commercializzata, come lei giustamente osserva, in molti casi da persone con pochissimi scrupoli, pronte a speculare sulle debolezze altrui».

IN BASE ALLE EVIDENZE SCIENTIFICHE, QUALI DISTURBI È POSSIBILE CURARE O ALLEVIARE CON L’IPNOSI?

«Ci sono evidenze di efficacia nel trattamento di stress, ansia, depressione, fobie, traumi, disturbi psicosomatici, disordini dell’alimentazione, dipendenze e una serie di altri problemi caratteristici del vivere contemporaneo. Nell’ambito medico l’ipnosi può essere usata, come riassume l’americano Michael Yapko in un suo recente lavoro, per curare una patologia, per rallentarne il decorso o alleviarne i sintomi, per ridurre i fattori di rischio, per preparare il paziente a procedure invasive. È nota da tempo la sua efficacia nel trattamento del dolore ed è in aumento il suo utilizzo negli ospedali dei paesi più avanzati quale metodica naturale priva di effetti collaterali per eseguire interventi chirurgici evitando l’anestesia farmacologica. in Francia, all’Institut Curie sono state recentemente effettuate oltre 70 mastectomie in ipnosedazione, con benefici consistenti in una più veloce ripresa dei pazienti unita a una significativa riduzione dei costi sanitari. Sono poi molto promettenti le possibili applicazioni dell’ipnosi nel contesto delle malattie autoimmuni, forti della recente scoperta all’Università della Virginia di vasi linfatici nel cervello, che rendono concreta l’ipotesi di una connessione fisica diretta tra l’organo pensante e il sistema immunitario».

QUANTO DURA MEDIAMENTE UN PERCORSO TERAPEUTICO?

«Con l’ipnosi a volte bastano davvero pochi incontri: la persona trova un nuovo assetto e non vede l’ora di provarlo, lasciandosi alle spalle per sempre terapeuti e terapie. Sono i pazienti che mi danno più soddisfazione, quelli che vanno in fretta, quelli che anche se non hanno risolto tutto hanno capito che possono farcela da soli. Sono sempre stato contrario alla cronicizzazione, che ritengo disonesta sia nel caso dei farmaci inutili sia nel caso della psicoterapia che dura inutilmente all’infinito. Il modello che ho messo a punto negli anni è un percorso in tre mosse che definirei di liberazione responsabilizzante».

COS’È L’AUTOIPNOSI E IN CHE MODO PUÒ CONTRIBUIRE A PROSEGUIRE IL PROPRIO PERCORSO TERAPEUTICO?

«Tutta l’ipnosi è autoipnosi. Il terapeuta può soltanto aiutare una persona ad arrivare da sé allo stato ipnotico. E’ un modo per fare da sé al bisogno, una volta acquisita una certa padronanza del metodo e una adeguata conoscenza dei principi di funzionamento del proprio corpo. Da un punto di vista comportamentale, è utilissima nel prendere decisioni che verranno mantenute nel tempo, perché mette in sincrono la parte razionale cognitiva con la parte emotiva profonda. È molto utile inoltre come strumento di prevenzione, perché stimola nell’organismo il rilascio di endorfine e di altre molecole utili al benessere e al mantenimento della salute. Molti dicono che l’autoipnosi è impossibile. Comprendo bene che la sua diffusione quale metodo di liberazione delle persone dalla dipendenza dal farmaco inutile o dal terapeuta di turno dia fastidio a un sistema di mercato basato sulla cronicizzazione dei mali».


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