Grazie ai progressi della chirurgia mini-invasiva, oggi gli interventi cardiovascolari possono essere un’opzione terapeutica anche per quei pazienti che, per varie ragioni, come l’età avanzata o un quadro di salute molto complesso, non avrebbero potuto affrontare un intervento chirurgico tradizionale a cuore aperto. I progressi scientifici e tecnologici nel campo dell’interventistica cardiovascolare, come le tecniche mini-invasive eseguite per via percutanea, hanno contribuito sensibilmente a garantire il mantenimento e il miglioramento dello stato di salute della popolazione.

Ciononostante, in Italia, permangono forti disomogeneità di trattamento sul territorio nazionale e un terzo dei pazienti, circa un milione di persone, non ha accesso a queste procedure avanzate. Gli impedimenti sono clinici, organizzativi e finanziari. A dirlo i cardiologi interventisti riuniti nella terza edizione di «Think Heart with GISE», appuntamento annuale organizzato dalla Società Italiana di Cardiologia Interventistica.

Clinici e rappresentanti delle istituzioni hanno riflettuto su come ridurre le difficoltà di accesso a queste avanzate procedure che promettono minor sanguinamento, rischio di infezioni inferiore e ricoveri più brevi. A denunciare l’arretratezza del nostro paese è il presidente del GISE, Giuseppe Tarantini: «L’Italia può vantare grande esperienza e professionalità nell’area della cardiologia interventistica, che si può definire di eccellenza. Tuttavia è ancora necessario lavorare per favorire un accesso più allargato alle metodiche percutanee mini invasive che al momento, nel nostro paese, sono ancora sottoutilizzate rispetto alla media degli altri paesi europei, ponendo l’Italia non ancora ai primi posti in questo settore, con conseguente sotto-trattamento dei pazienti».

STENOSI AORTICA

L’impianto transcatetere della valvola aortica (TAVI) è una tecnica percutanea che permette di sostituire la valvola aortica colpita da stenosi con una protesi, senza dover fermare l’attività del cuore. La TAVI viene eseguita oggi su 5.500 pazienti soltanto, ma molti di più potrebbero beneficiare: secondo GISE, in Italia, è possibile stimare che circa il 3,4% della popolazione ultra 75enne è affetto da stenosi aortica severa e il bacino potenziale di pazienti candidabili alla procedura TAVI è di circa 32.000 individui classificati come inoperabili o ad alto rischio, e circa 15.500 pazienti a rischio intermedio. Come ha spiegato Tarantini, «le tecniche per via percutanea sono efficaci e ben tollerate; la Tavi ad esempio non richiede in molti casi anestesia generale né apertura del torace o altre cicatrici, soprattutto nei pazienti in condizioni cliniche critiche che non possono sottoporsi ad anestesia generale prevista per interventi di chirurgia classica».

Analogo discorso vale per la riparazione della valvola mitrale, necessaria quando i lembi non chiudono bene e non permettono il passaggio del sangue dall’atrio sinistro al ventricolo sinistro. La tecnica percutanea, che consente di raggiungere l’atrio destro attraverso la vena femorale e applicare una clip per chiudere i lembi, è un’opzione terapeutica per i pazienti anziani ad alto rischio operatorio.

Oltre all’insufficienza della mitrale e alla stenosi della valvola aortica, le due disfunzioni valvolari più diffuse, anche altre condizioni possono beneficiare della chirurgia mini-invasiva, come ad esempio la prevenzione dell’ictus cardioembolico nei pazienti con fibrillazione atriale (FA) non valvolare e la rivascolarizzazione coronarica, cioè l’utilizzo dello stent per aprire le coronarie bloccate.


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