Bere il latte da adulti: sì o no? Siamo gli unici mammiferi a bere in età adulta, spontaneamente e regolarmente, il latte di un’altra specie. Certamente per il neonato è un alimento completo, necessario alla crescita. Ma più in là negli anni fa ancora bene o no? Sbaglia chi lo considera un antidoto per tanti disturbi o chi lo considera alla stregua di un veleno? Abbiamo chiesto a Lucilla Titta, ricercatore e consulente presso l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, dove coordina il progetto SmartFood, programma di ricerca in scienze della nutrizione e comunicazione, e referente tecnico-scientifico per Food Bank in Oncology di Fondazione Tera.
Il latte è un alimento necessario all’organismo adulto? Il suo consumo a tutte le età è un’abitudine innocua o è sconsigliabile?
«Come per gli altri alimenti di cui si dice che “è nella dose che sta il veleno”, non possiamo dire che il latte da adulti fa bene e neppure che fa male. La sua introduzione nella dieta è piuttosto recente, risale a circa 10mila anni fa, con l’allevamento; per una questione di efficienza oltre alla carne si è iniziato a consumare il latte e, per la stessa ragione, il formaggio, molto più conservabile. Oggi, per molti bere latte è scontato e sicuramente è una questione culturale. A partire dai tre anni, si assiste ad una fisiologica diminuzione dell’enzima che scinde il lattosio, la lattasi, e compare così l’intolleranza al lattosio che può essere diagnosticata con il breath test. Oggi esistono in commercio latti privi di lattosio (delattosati) che però sono inutili in caso di un’altra allergia, alle proteine del latte. Per evitare problemi di intolleranze, un’alternativa al latte vaccino e ai latti di altri animali è costituita dai latti vegetali come quelli di soia, di riso o di mandorle, ma andrebbe prestata attenzione agli zuccheri spesso aggiunti in quantità in queste bevande».
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Si dice spesso che il latte e i latticini sono fondamentali per l’apporto di calcio. Quali altri alimenti ne sono ricchi?
«La dose raccomandata di calcio è tra gli 800 1000 mg al giorno. I latticini aiutano ad integrare e raggiungere il fabbisogno, ma non sono necessari. Ricordo che tutti possono informarsi consultando la BDA, banca dati di composizione degli alimenti per studi epidemiologici in Italia. Facendo una ricerca per nome con “latte” e selezionando “latte di vacca intero pastorizzato”, si vede che contiene 119 mg di calcio per 100 g; quindi, un bicchiere di latte da 125 ml ne contiene circa 148 mg. Le mandorle contengono 240 mg di calcio per 100 g, quindi una porzione di 30 g equivale a 72 mg di calcio. Altri alimenti ricchi di calcio sono i fagioli secchi di soia, che contengono 257 mg di calcio per 100 g, e i fichi secchi che ne contengono 280 mg. Infine, raccomando sempre di aggiungere alle pietanze basilico o origano secco, molto ricchi di calcio: ben 1580 mg di calcio per 100 g e quindi un cucchiaino da 10 g contiene quindi 160 mg di calcio. Il calcio è contenuto anche nell’acqua. Vale forse la pena ripetere qui che il calcio contenuto nell’acqua che beviamo, anche quella “dura” del rubinetto, è carbonato di calcio e quindi assimilabile dall’organismo, e non è l’ossalato di calcio, responsabile della formazione dei calcoli renali».
Secondo uno studio apparso sul British Medical Journal non c’è alcuna dimostrazione del fatto che il consumo di latte e formaggi riduca il rischio di fratture ossee. Al contrario, per lo studio un alto consumo di latte è nocivo.
«La dose consigliata di latte è di due porzioni di 125 ml al giorno al massimo.
L’abuso di latticini porta ad un’inversione nella calcificazione per un effetto detto “tampone”. E comunque devono essere magri, come raccomanda l’Oms. Il latte intero ha una percentuale di grassi del 3%; quando parliamo di formaggi magri intendiamo una percentuale di grassi inferiore al 25%. Per fare due esempi, la ricotta, che tecnicamente non è un formaggio, contiene una percentuale di grasso dal 10 all’11% e il grana del 28,5%. Oltre al calcio, però, per la salute delle ossa è molto importante l’attività fisica e altri stili di vita sbagliati: evitare alcol fumo o cattiva alimentazione, povera di vitamina D, ma anche B6, B12, K, proteine magnesio e zinco».
Quali nutrienti fornisce il latte? Cosa cambia nei formaggi?
«Nei formaggi tutto è concentrato e quindi bisogna prestare attenzione ai grassi saturi e al sale che viene aggiunto. Bene lo yogurt: può sostituire una porzione di latte, è più digeribile perché ha meno lattosio ma andrebbe preferito senza zuccheri e aromi aggiunti».
I bambini hanno esigenze particolari?
«Per i bambini, è sufficiente rispettare le linee guida che sono chiarissime e suggeriscono l’allattamento esclusivo al seno fino a sei mesi. Il latte di mucca non sostituisce il latte materno, la sua composizione è diversa. Non bisogna demonizzare il latte vaccino ma neppure abusarne».
Lei è una delle redattrici del capitolo “Alimentazione e rischio neoplastico” del documento “I numeri del cancro in Italia 2017” (p.237 e seguenti) a cura di AIOM-AIRTUM-Fondazione AIOM. Alcuni studi mostrano un legame tra latte e rischio di cancro alla prostata e al seno. C’è un collegamento tra latticini e malattie oncologiche?
«Quando ci rivolgiamo alla popolazione generale, per le nostre raccomandazioni dobbiamo basarci su solide evidenze scientifiche. Non facciamo mai riferimento a singoli studi ma alle metanalisi e alle revisioni, che prendono in considerazione la letteratura scientifica sull’argomento. Quindi, per quanto riguarda il cancro, l’unica cosa che possiamo dire oggi è che esiste un probabile effetto di protezione del tumore del colon, probabilmente mediato dal calcio. Non abbiamo evidenze sufficienti per dare raccomandazioni diverse. Nessuna associazione negativa è emersa e nelle posizioni del World Cancer Research Fund e dell’International Agency for Research on Cancer IARC il latte non compare tra i fattori di rischio alimentare.
@nicla_panciera
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