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Da settimane sentiamo, purtroppo, ripetere spesso questo cognome, «Spallanzani». Il pensiero corre immediatamente all’enorme ospedale romano dedicato alle malattie infettive che fu fondato nel 1936 per la cura e la riabilitazione dei malati di poliomielite. Oggi, come noto, esso rappresenta uno dei maggiori centri per l’assistenza e la ricerca sul Coronavirus.

Per distrarsi un attimo dalla cronaca, può valere la pena riscoprire la figura del padre della biologia sperimentale cui fu dedicata la grande struttura sanitaria. Lazzaro Spallanzani, (Scandiano, 12 gennaio 1729 – Pavia, 11 febbraio 1799) grande naturalista italiano del ‘700, fu un vero genio e, per le sue straordinarie capacità di sperimentatore, divenne famoso in tutta Europa. Egli comprese e spiegò per primo questioni che oggi per noi sono banali verità, ma che, all’epoca, costituirono vere rivoluzioni nel sapere scientifico. La sua ricerca si dedicò a quattro grandi capitoli della fisiologia: generazione, circolazione, digestione e respirazione. Tuttavia, si applicò allo studio della “filosofia naturale” anche occupandosi di mineralogia, vulcanologia, bootanica e zoologia.


L’”Astrologo”

Era il primo dei nove figli di uno stimato giureconsulto del quale avrebbe dovuto seguire le orme. Fin da ragazzo dimostrò una poderosa intelligenza e un acume straordinario tanto che i suoi compagni del collegio gesuitico di Reggio lo avevano soprannominato “l’astrologo”. Questa aura esoterica, nonostante avesse preso i voti e fosse divenuto abate, gli rimarrà indosso per tutta la vita tanto che in uno dei suoi viaggi in nave, durante una tempesta, l’equipaggio stava per buttarlo a mare ritenendolo uno stregone. Non doveva possedere un carattere facile: studiosissimo, non privo di un certo egocentrismo, rendeva la sua giornata molto metodica, con esperimenti prima e dopo la Messa e la redazione, a sera, di un rigoroso diario scientifico.

Dopo essere passato dagli studi di legge – che non amava - a quelli di scienze naturali, completò la sua istruzione accademica a Bologna, dove fu allievo della cugina Laura Bassi, una delle primissime donne che insegnavano all’università, grande divulgatrice delle teorie di Newton. Fu nel 1754 che Spallanzani prese gli ordini minori e iniziò la sua carriera di insegnante di filosofia, matematica e fisica che si svolgerà quasi tutta presso l’università di Pavia.

Cuccioli in provetta

Fu il primo a scoprire il metodo della fecondazione artificiale. Prelevò dello sperma da una rana maschio e lo mise a contatto con delle uova estratte da una femmina riuscendo a ottenere la nascita dei girini. Domandandosi se l’esperimento potesse riuscire anche con i mammiferi, fecondò la sua barboncina iniettandole nelle vie genitali «diciannove grani» (un’unità di misura) di liquido seminale di un cane maschio. Dopo un mese, la gravidanza divenne visibile e Spallanzani così annotava: «Così a me riuscì di fecondare quel quadrupede, e la contentezza ch’io ne ebbi posso dire con verità che è stata una delle maggiori della mia vita, dappoché mi esercito nella sperimentale Filosofia».

Il “sonar”dei pipistrelli

Ancora più entusiasmante scoperta, a suo dire, fu quella che fece nel 1773 durante le tradizionali vacanze estive in famiglia, a Scandiano. Grazie alla collaborazione del fratello Niccolò e dei giovani nipoti, aveva infatti verificato che i pipistrelli, oltre a volare al buio, potevano farlo anche se temporaneamente accecati con della colla. Il fenomeno, del tutto inatteso e sconosciuto, lo aveva indotto a proporre il sospetto che questi animali fossero dotati di "un nuovo senso", come recitava il volumetto sull'argomento che pubblicò a Torino nel 1794. Aveva posto le basi per la scoperta dell’”ecolocalizzazione” grazie alla quale questi chirotteri, oggi così di attualità, riescono a orientarsi al buio.

Uno stomaco artificiale

Fu grazie a un esperimento altrettanto insolito che Spallanzani riuscì a capire come la digestione degli alimenti avvenga soprattutto attraverso un processo chimico (e non solo meccanico) scoprendo la funzione di quelli che saranno da lui chiamati “succhi gastrici”. Prelevò questi liquidi dall’esofago di una gallina, li inserì in una ampolla di vetro insieme a semi di mais e pezzetti di carne. Portò con sé questa provetta sotto l’ascella per diverse ore per scoprire come l’azione del succo gastrico avesse poi “digerito” artificialmente il mangime anche in modo del tutto autonomo.

Oggi il nome di Spallanzani appare ovunque, nella toponomastica. Gli è stato dedicato perfino un asteroide e un cratere su Marte. Eppure, è difficile che qualcuno non addentro alla storia della scienza serbi memoria dell’uomo cui dobbiamo le nostre più elementari conoscenze sul corpo umano.

Nel prossimo articolo vedremo quali furono le altre scoperte di questo grande scienziato da non dimenticare.

Da settimane sentiamo, purtroppo, ripetere spesso questo cognome, «Spallanzani». Il pensiero corre immediatamente all’enorme ospedale romano dedicato alle malattie infettive che fu fondato nel 1936 per la cura e la riabilitazione dei malati di poliomielite. Oggi, come noto, esso rappresenta uno dei maggiori centri per l’assistenza e la ricerca sul Coronavirus.

Per distrarsi un attimo dalla cronaca, può valere la pena riscoprire la figura del padre della biologia sperimentale cui fu dedicata la grande struttura sanitaria. Lazzaro Spallanzani, (Scandiano, 12 gennaio 1729 – Pavia, 11 febbraio 1799) grande naturalista italiano del ‘700, fu un vero genio e, per le sue straordinarie capacità di sperimentatore, divenne famoso in tutta Europa. Egli comprese e spiegò per primo questioni che oggi per noi sono banali verità, ma che, all’epoca, costituirono vere rivoluzioni nel sapere scientifico. La sua ricerca si dedicò a quattro grandi capitoli della fisiologia: generazione, circolazione, digestione e respirazione. Tuttavia, si applicò allo studio della “filosofia naturale” anche occupandosi di mineralogia, vulcanologia, bootanica e zoologia.


L’”Astrologo”

Era il primo dei nove figli di uno stimato giureconsulto del quale avrebbe dovuto seguire le orme. Fin da ragazzo dimostrò una poderosa intelligenza e un acume straordinario tanto che i suoi compagni del collegio gesuitico di Reggio lo avevano soprannominato “l’astrologo”. Questa aura esoterica, nonostante avesse preso i voti e fosse divenuto abate, gli rimarrà indosso per tutta la vita tanto che in uno dei suoi viaggi in nave, durante una tempesta, l’equipaggio stava per buttarlo a mare ritenendolo uno stregone. Non doveva possedere un carattere facile: studiosissimo, non privo di un certo egocentrismo, rendeva la sua giornata molto metodica, con esperimenti prima e dopo la Messa e la redazione, a sera, di un rigoroso diario scientifico.

Dopo essere passato dagli studi di legge – che non amava - a quelli di scienze naturali, completò la sua istruzione accademica a Bologna, dove fu allievo della cugina Laura Bassi, una delle primissime donne che insegnavano all’università, grande divulgatrice delle teorie di Newton. Fu nel 1754 che Spallanzani prese gli ordini minori e iniziò la sua carriera di insegnante di filosofia, matematica e fisica che si svolgerà quasi tutta presso l’università di Pavia.

Cuccioli in provetta

Fu il primo a scoprire il metodo della fecondazione artificiale. Prelevò dello sperma da una rana maschio e lo mise a contatto con delle uova estratte da una femmina riuscendo a ottenere la nascita dei girini. Domandandosi se l’esperimento potesse riuscire anche con i mammiferi, fecondò la sua barboncina iniettandole nelle vie genitali «diciannove grani» (un’unità di misura) di liquido seminale di un cane maschio. Dopo un mese, la gravidanza divenne visibile e Spallanzani così annotava: «Così a me riuscì di fecondare quel quadrupede, e la contentezza ch’io ne ebbi posso dire con verità che è stata una delle maggiori della mia vita, dappoché mi esercito nella sperimentale Filosofia».

Il “sonar”dei pipistrelli

Ancora più entusiasmante scoperta, a suo dire, fu quella che fece nel 1773 durante le tradizionali vacanze estive in famiglia, a Scandiano. Grazie alla collaborazione del fratello Niccolò e dei giovani nipoti, aveva infatti verificato che i pipistrelli, oltre a volare al buio, potevano farlo anche se temporaneamente accecati con della colla. Il fenomeno, del tutto inatteso e sconosciuto, lo aveva indotto a proporre il sospetto che questi animali fossero dotati di "un nuovo senso", come recitava il volumetto sull'argomento che pubblicò a Torino nel 1794. Aveva posto le basi per la scoperta dell’”ecolocalizzazione” grazie alla quale questi chirotteri, oggi così di attualità, riescono a orientarsi al buio.

Uno stomaco artificiale

Fu grazie a un esperimento altrettanto insolito che Spallanzani riuscì a capire come la digestione degli alimenti avvenga soprattutto attraverso un processo chimico (e non solo meccanico) scoprendo la funzione di quelli che saranno da lui chiamati “succhi gastrici”. Prelevò questi liquidi dall’esofago di una gallina, li inserì in una ampolla di vetro insieme a semi di mais e pezzetti di carne. Portò con sé questa provetta sotto l’ascella per diverse ore per scoprire come l’azione del succo gastrico avesse poi “digerito” artificialmente il mangime anche in modo del tutto autonomo.

Oggi il nome di Spallanzani appare ovunque, nella toponomastica. Gli è stato dedicato perfino un asteroide e un cratere su Marte. Eppure, è difficile che qualcuno non addentro alla storia della scienza serbi memoria dell’uomo cui dobbiamo le nostre più elementari conoscenze sul corpo umano.

Nel prossimo articolo vedremo quali furono le altre scoperte di questo grande scienziato da non dimenticare.