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Modificare a scopo terapeutico il microbiota, i batteri, virus e miceti che tappezzano tutte le nostre superfici di contatto con l’esterno e consentono l’assimilazione dei cibi, regolano l’immunità delle mucose e fungono da barriera contro agenti patogeni, sarà sempre più facile.

Come è possibile modulare queste popolazioni di microrganismi? In vari modi: con gli antibiotici, con l’alimentazione e con il trapianto di microbiota, detto anche fecale.

LA RIVOLUZIONE DEL MICROBIOTA

È possibile farlo anche in modo controllato? In alcuni casi, si fa già e comunque la ricerca in quella che è stata chiamata la «rivoluzione del microbiota» è molto rapida. Parola di Antonio Gasbarrini, direttore dell’Area Gastroenterologia e Oncologia Medica del Policlinico Gemelli. «È questa un’area di ricerca in crescita – dice il professore - grazie alla possibilità fornita dalle tecniche di microbiologia molecolare di studiare queste popolazioni, per la maggior parte composta da batteri aerobi estremi non in grado di sopravvivere al di fuori del corpo».

DALLA «FLORA BATTERICA» INDICAZIONI PREZIOSE

Gli studi si stanno concentrando sulle alterazioni che possono dare origine a patologie o esserne una concausa. Ma ancora non è del tutto chiaro cosa significhi microbiota alterato. Sappiamo però che «il microbiota in salute è in genere caratterizzato da diversità e abbondanza delle specie microbiche e dalla loro varietà genetica» spiega Gasbarrini. I ricercatori analizzano i profili metagenomici dei vari microorganismi intestinali, diversi in ciascuno di noi, anche per scrutare la presenza di condizioni di malessere, di malattie, o l’eventuale rischio di svilupparle. La speranza è di arrivare un giorno ad assumere proprio quei ceppi di cui abbiamo bisogno e a modulare in modo preciso la nostra flora batterica. I prodotti bioterapeutici vivi, comunemente chiamati anche probiotici, costituiscono una tessera del puzzle.

«Li assumeremo presto sulla base di indicazioni cliniche molto precise, come dei farmaci, per le varie patologie» garantisce Gasbarrini.

Due sono gli aspetti cruciali: la sicurezza (perché sono comunque dei microorganismi da introdurre nell’organismo) e la qualità (in particolare, la possibilità di sopravvivere al succo gastrico e arrivare quindi nell’intestino ancora vivi e vegeti e capaci di replicarsi).

LA QUALITÀ DEI PROBIOTICI

Proprio sulla qualità dei probiotici in commercio si è concentrato uno studio condotto dal gruppo di Emilia Ghelardi, docente di micriobiologia clinica all’Università di Pisa e presentato in occasione della ricorrenza dei 60 anni del marchio storico Enterogermina, probiotico made in Italy, prodotto infatti nel nostro paese, da Sanofi.

I ricercatori hanno confrontato i diversi probiotici in commercio nel nostro paese, eseguendo i controlli di qualità microbiologica, per verificare la numerosità dei batteri dichiarati in etichetta. Non sempre le confezioni contengono quello che promettono ed è emersa anche la presenza di bacilli contaminanti: «Il numero di cellule vitali contenute in molti dei prodotti analizzati differiva dal numero indicato in etichetta. In alcune formulazioni, le specie recuperate erano diverse da quelle dichiarate. Inoltre, sono stati rilevati bacilli contaminanti (Lysinibacillus fusiformis, Bacillus cereus, Acinetorbacter baumanni, Bacillus licheniformis e bacillus badius).

Solo due delle dieci formulazioni analizzate quantitativamente e qualitativamente erano in linea con l’etichetta». (Le tabelle sono disponibili nel lavoro pubblicato su Frontiers in Medicine).

«Dai test in vitro abbiamo visto che enterogermina – spiega la professoressa Ghelardi - resiste ad agenti chimici e antibiotici e resiste nel tratto gastrico anche agli acidi biliari e quindi con il tempo non subisce una riduzione».

La sua maggior resistenza rispetto agli altri dipende anche dal fatto che, grazie ad un lungo processo di produzione, il probiota si trova allo stato di spore che recuperano la fase vegetativa all’interno dell’organismo: la spora transita indenne nell’ambiente «ostile» e germina nel tratto intestinale: «Sopravvive in condizioni di anzianità gastrica fino a 120 minuti di permanenza e ha mostrato una resistenza al succo gastrico e a quello intestinale senza perdere vitalità» per colonizzare l’intestino e conservare le proprietà funzionali necessarie per ottenere l’effetto benefico suggerito.

Inoltre, Enterogermina contiene quattro diversi ceppi di Bacillus Clausii, ognuno dei quali ha una specifica resistenza verso una certa classi di antibiotici (per questa ragione, si può assumere anche durante una cura con antibiotici, senza attendere il suo completamento).

LA QUALITÀ DEI MICRORGANISMI

L’augurio della responsabile dello studio è di un’estensione dei controlli di qualità, questione cruciale anche alla luce dell’aumentato interesse verso questi prodotti. Tanto che di recente l’Associazione europea di gastroenterologia, epatologie e nutrizione pediatrica ha pubblicato un «position paper» per sancire i criteri di selezione dei microrganismi probiotici. Un microrganismo è di qualità se è sicuro, in grado di antagonizzare i batteri patogeni e produrre sostanze antimicrobiche, di aderire alla superficie della mucosa, di sopravvivere al transito intestinale e di colonizzare l’intestino umano, oltre che di produrre sulla salute degli effetti documentati.

Lanciata per la prima volta sul mercato del nostro paese nel 1958, Enterogermina è un prodotto al 100% italiano, la sua produzione avviene interamente nello stabilimento biotecnologico di Origgio (che è polo mondiale di produzione) e il suo fatturato è stato nel 2017 174 milioni.

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