Accedi

Registrati



Un cittadino svizzero, malato terminale, ha espresso, fra le ultime sue volontà formalizzate in una integrazione al suo testamento biologico, il desiderio di donare il suo corpo, o almeno una parte, alla scienza con il preciso intento di farlo plastinare per mostrare a più persone possibili i danni che la malattia incurabile gli ha causato negli ultimi anni della sua vita. Lo ha reso noto la direzione della mostra 'Real Bodies, scopri il corpo umano' di Milano, che ha riferito di essere stata contattata da un'associazione che offre consulenze in Svizzera nel settore della morte assistita, per avere informazioni sulle «liste d'attesa per la plastinazione».


L'obiettivo dichiarato dal cittadino svizzero (ma torinese di origine), sarebbe di sensibilizzare la società civile spronandola a investire più risorse nella ricerca scientifica della cura alla particolare malattia che lo ha colpito. «Volevano informazioni sul percorso burocratico da seguire, ma abbiamo chiarito subito che attualmente non esiste alcuna lista d'attesa istituzionale per la plastinazione di cui siamo a conoscenza - spiega Mauro Rigoni, promoter mondiale di 'Real Bodies' -. La polimerizzazione non è infatti una pratica utilizzata dopo la morte come la cremazione».

La plastinazione è un procedimento che permette la conservazione del corpo umano tramite la sostituzione dei liquidi con polimeri di silicone. La tecnica rende rigidi e inodori i reperti organici mantenendo inalterati i colori. È costosa e richiede lavorazioni sulla salma anche per 2 anni. L'associazione elvetica però - secondo i responsabili della mostra - ha fornito anche dati da cui traspare che quello di chi sceglie di raggiungere la Svizzera per programmare l'ultimo viaggio è un fenomeno in crescita: una pratica richiesta ogni anno anche da 200 italiani disposti a pagare cifre che superano anche i 10 mila euro. Ma le domande di prenotazione, coperte da assoluta privacy, andrebbero a buon fine - si precisa - solo per una minima parte: circa la metà degli aspiranti infatti ci ripenserebbe dopo colloqui con medici e psicologi. E soprattutto per ogni richiedente autorizzato ve ne sarebbero altre decine che non ricevono l'avallo delle autorità mediche svizzere.

vai all'articolo originale >>