La conferenza Science Policy and the Public - SPP Italy 2019 che si svolge il prossimo 26 Ottobre presso il St. John's College di Cambridge, Regno Unito è organizzata dalla Cambridge University Italian Society (CUIS) e dall’ Association of Italian Scientists in the UK (AISUK). L’evento mira a capire come, se e in che modo è possibile diffondere le conoscenze scientifiche, garantendone la piena comprensione della società e come e se vi sia la possibilità di legiferare correttamente, laddove si renda necessario una legislazione che regoli gli aspetti più delicati. Tutta la conferenza verte su tre temi chiave: ambiente e infrastrutture, sanità pubblica e biotecnologia, tecnologie digitali. Questi temi verranno discussi da scienziati e politici di alto rilievo nel campo della Sanità e delle Biotecnologie. «Le nuove tecnologie a disposizione della scienza e le conoscenze ed applicazioni in campo biomedico procedono attualmente ad un ritmo senza precedenti che non trova seguito nell’adeguamento legislativo ed in una comunicazione efficace e chiara al pubblico. è nostro dovere individuare la strada per un dialogo strutturato che prevenga la distorsione e manipolazione delle informazioni e ridisegni una rete integrata nella quale la politica supporti la scienza e la scienza generi politica a beneficio di tutti» chiarisce Caterina Garone, MRC Mitochondrial Biology Unit Alumni, University of Cambridge, Group Leader, University of Bologna. #SPPitaly2019

Fra gli altri interverrà anche Carlo Rinaldi, professore associato di Neurologia all’Università di Oxford, specializzato nello studio delle malattie neuromuscolari quali la sclerosi laterale amiotrofica e la distrofia di Duchenne. Queste patologie non sono gravissime solo per chi ne è affetto, ma per il loro essere tanto invalidanti impongono una vera e propria riorganizzazione della vita anche di tutti coloro che devono prestare assistenza. Le malattie neuromuscolari per lo più hanno un andamento progressivo e frequentemente nella loro evoluzione compromettono l’autonomia dei pazienti. Queste malattie sono spesso rare e molto spesso non se ne conosce la causa, per cui trattamenti efficaci non sono purtroppo disponibili. L’accesso alle cure e la qualità di vita è pressocché uguale per tutti i pazienti dell’Unione. Carlo Rinaldi ci ha spiegato alcune sfaccettature della vicenda.

Oggi malattie come la SLA non si possono curare. È possibile in qualche modo prevenire?

«La sclerosi laterale amiotrofica (SLA) è una malattia neuromuscolare devastante, per cui non esiste ancora una cura. Nella maggior parte dei casi non esiste una chiara familiarità, che significa che tutti noi, in particolare tra i 40 e i 70 anni, siamo a rischio di sviluppare la malattia. Per fortuna è una malattia relativamente rara, circa 5000 adulti negli USA ricevono diagnosi di SLA ogni anno. Sappiamo che gli uomini hanno un 20% di rischio in più rispetto alle donne. Ci sono numerosi studi che cercano di investigare possibili associazioni con fattori di rischio evitabili. Ricerche recenti hanno dimostrato, per esempio, che una dieta ricca di vitamine E e carotenoidi può aiutare a prevenire o ritardare l’inizio della malattia. Viceversa, il consumo di mercurio attraverso alimenti marini contaminati o l’esposizione a gas di scarico di automobili (i.e. vivere in aree urbane inquinate) aumentano sensibilmente il rischio».

Il paziente scopre di essere affetto da una malattia neuromuscolare: quale iter deve seguire?

«Le malattie neuromuscolari per definizione compromettono le abilità motorie, che nella maggior parte dei casi significa progressiva perdita di indipendenza nel compiere attività come correre, camminare, o prendersi cura della propria persona. A seconda della malattia, alcuni gruppi muscolari possono essere più o meno affetti e la progressione può essere più o meno rapida. Molto spesso il quadro clinico può essere complicato dal coinvolgimento di altri organi, come il cuore o il sistema nervoso centrale, con tutte le conseguenze che ne derivano. Data la complessità del quadro clinico, queste malattie richiedono molto spesso un approccio multidisciplinare che coinvolga in maniera coordinata medici specializzati, spesso di diverse discipline, fisioterapisti, terapisti occupazionali, infermieri, e naturalmente i caregiver. Per alcune delle malattie piu gravi, spesso è necessario ricorrere a ventilazione assistita e alimentazione parenterale».

Il malato ha bisogno di aiuto costante. Come tutelare anche chi deve prestare assistenza?

«E’ fondamentale un impegno sociale per sostenere sia i pazienti sia le loro famiglie per far fronte alle difficoltà quotidiane: negli Stati Uniti, per esempio, esiste una legge (ADA, o Americans with Disabilities Act) che richiede che tutti i luoghi pubblici siano accessibili a persone con disabilità. In questo l’Italia deve ancora fare passi in avanti. E’ fondamentale, inoltre, riconoscere l’importanza della figura dei caregiver che hanno bisogno di sostegno emotivo, psicologico e materiale. In UK e negli Stati Uniti le associazioni di pazienti forniscono una rete di supporto molto efficace; in Italia spesso questa funzione è assolta dalla famiglia e dalla rete sociale».

Dopo la diagnosi quali sono le prospettive di cura?

«Per la maggior parte di queste malattie purtroppo non esiste ancora una cura ma la ricerca, in particolare nell’ambito della terapia genica, sta facendo passi da gigante. Pochi anni fa è stato approvato il primo farmaco per trattare una malattia pediatrica neuromuscolare devastante, l’atrofia muscolare spinale (SMA). Adesso questo farmaco, che si chiama Nusinersen, è disponbile anche in Italia e ha fornito dei risultati veramente impressionati. Si può dire che abbia cambiato la storia della malattia».

Cosa si può fare per alleviare le sofferenze di un paziente con malattia neuromuscolare?

«Le malattie neuromuscolari sono varie e nel complesso non così rare. Si stima che la prevalenza globale di tutte loro messe insieme sia superiore a quella della malattia di Parkinson, per esempio.
E’ necessario che tutti i governi siano sensibilizzati sull’argomento e cooperino attivamente con gli scienziati, i medici e le famiglie delle persone affette per creare una rete di supporto ad ampio raggio. Nel nostro piccolo, sosteniamo la ricerca e i nostri scienziati, dunque!»

Le opportunità di cura per le malattie neuromuscolari sono le stesse in tutti i Paesi dell’Unione?

«I nuovi trattamenti di terapia genica che stanno finalmente cominciando ad arrivare sul mercato sono estremamente costosi. Questo purtroppo, soprattutto nella fase iniziale, cioè prima che il costo si riduca, inevitabilmente amplificherà il divario a livello globale, tra pazienti che provengono da Paesi dove l’accesso a questi famaci è facilitato e Paesi dove questo non accade. L’Unione Europea è un luogo privilegiato, con un’assistenza sanitaria di alto livello e pressoché gratuita, dove esistono organizzazioni, come l’European Medicines Agency o l’EMA, dedicate all’approvazione e supervisione dei farmaci e del loro corretto utilizzo a livello centrale per tutti i Paesi dell’Unione stessa».

Che cosa succederà con la Brexit? Ci saranno ripercussioni?

«Il Regno Unito, per esempio, ha solo recentemente approvato l’uso di Nusinersen per pazienti con SMA, molto in ritardo rispetto all’Unione Europea. Che cosa succederà dopo la Brexit non è ancora chiaro: è possibile che, in caso di mancato accordo, la disponibilità di alcuni farmaci possa essere ridotta, almeno nei primi mesi. Si spera che prevalga il buon senso e soprattutto l’interesse dei pazienti venga mantenuto in primo piano».