Si potrebbe pensare che la volontà di creare artificialmente la vita umana, sfidando le leggi della natura, sia una novità degli ultimi decenni, ma in realtà questa tentazione è sempre stata presente nell’animo umano.
Lo dimostra la tradizione magico-alchemica dell’”homunculus”, strettamente legata alla radice della mandragola.
Come abbiamo visto nei due precedenti appuntamenti dedicati a questa pianticella spontanea dagli effetti velenosi e psicoattivi, la particolare conformazione della sua radice ha sempre fatto pensare, fin dalla notte dei tempi, che sotto le sue foglie si sviluppasse una vera creatura vivente e antropomorfa.
L’agnello vegetale
Tale commistione tra il regno vegetale e quello animale non era insolita nell’antichità: i cronisti medievali riferivano persino del cosiddetto Agnello vegetale della Tartaria, anche detto Barometz, dalla parola araba che sta a significare, appunto, il giovane ovino. Si credeva che questa creatura fosse in tutto e per tutto simile al suo omologo animale, ma che nascesse da una pianta alla quale restava attaccato tramite uno stelo che fungeva da cordone ombelicale. Quando il particolare «frutto» diventava abbastanza pesante, lo stelo si piegava e l’agnello cominciava a brucare l’erba circostante, senza potersi staccare dal suo gambo. Una volta finito il cibo disponibile nel suo raggio d’azione l’animale moriva (insieme alla pianta) e poteva essere finalmente consumato. Secondo la leggenda, il suo sangue era dolce come il miele e la sua lana veniva utilizzata dagli abitanti della Tartaria per tessere indumenti e copricapi. Questo mito tendeva a spiegare la lavorazione del cotone (diffusosi in Europa solo dal ‘700) di cui gli arabi erano abili coltivatori. In effetti, le nuvolette di bambagia che crescono sopra gli steli del cotone offrono una poetica immagine che potrebbe far fantasticare su greggi di eteree pecorelle.
Il neonato-radice
Fra tutte le mitiche piante zoofite, il posto d’onore spettava alla mandragora il cui fittone, simile a una carota, si biforca in due o più rami assumendo un aspetto molto simile a quello di un corpo umano. Da qui la leggenda che la pianta, una volta estratta dal terreno, lanciasse un urlo terribile tale da uccidere o far impazzire gli incauti raccoglitori. Una volta estratta la radice, osservando mille precauzioni rituali, questa poteva essere … «allevata».
Mandragora: quella nata sotto i cadaveri degli impiccati faceva dormire bene, oppure impazzire
andrea cionciIl suo impiego magico più noto era infatti quello dedicato alla creazione dell’«homunculus», cioè un «piccolo uomo» dotato di vita e coscienza propria, di poteri soprannaturali e adatto a diversi servizi. Poteva permettere di assumere le sembianze di un animale, di camminare sull’acqua oppure di aiutare persone a distanza. Alcuni tipi di homunculus consentivano di conversare con demoni e spiriti, altri potevano far piovere o creare velenosissime serpi.
La radice veniva trattata come un vero e proprio neonato: vestita con tela bianca e rossa, adagiata in un recipiente, lavata con vino e acqua, doveva essere nutrita con gocce di latte o sangue. Se la radice veniva trascurata cominciava a emettere le sue grida malefiche attirando ogni genere di sfortuna.
Addirittura, in alcuni casi, si inoculavano nel fittone semi di orzo o miglio che, germinando, simulavano la barba e i capelli dell’omuncolo. Questi «peli» venivano poi disseccati e triturati per essere assunti come afrodisiaco o per curare la sterilità.
Mandragora, lo strano vegetale che nell’antichità fu erba miracolosa e maledetta
andrea cionciCon ogni probabilità il mito dell’homunculus è collegato alle leggende sul Golem, una creatura biblica antropomorfa fabbricata con un rito magico dalla terra o dall’argilla. Anche nell’antico Egitto si plasmavano figurine di creta denominate «ushabti», ovvero «risponditori». La loro funzione era infatti quella di rispondere per conto dei defunti quando li si invocava.
Altri disgustosi esperimenti
Tuttavia, gli antichi ritenevano di poter ottenere la formazione dell’homunculus anche senza mandragola, ma con una vera e propria “maternità surrogata” realizzata attraverso l’incubazione del seme umano all’interno di un uovo o di un utero animale, fosse di pecora, di cavallo o di scimmia.
Più “tecnologico” il procedimento suggerito dall’alchimista svizzero Paracelso (1493-1541) che scriveva: “Se la fonte di vita, chiusa in un'ampolla di vetro sigillata ermeticamente, viene seppellita per quaranta giorni in letame di cavallo e opportunamente magnetizzata, comincia a muoversi e a prendere vita. Dopo il tempo prescritto assume forma e somiglianza di essere umano, ma sarà trasparente e senza corpo fisico. Nutrito artificialmente con arcanum sanguinis hominis per quaranta settimane e mantenuto a temperatura costante, prenderà l'aspetto di un bambino umano. Chiameremo un tale essere Homunculus e può essere istruito ed allevato come ogni altro bambino fino all'età adulta, quando otterrà giudizio ed intelletto”. Tuttavia Paracelso affermava di non aver mai messo in pratica l’esperimento perché sarebbe stato una sfida al potere di Dio. Ritroveremo questo tema nella letteratura dell’800, con il “Frankenstein” di Mary Shelley e il «Faust» di Goethe.
Il Babalon working
Folli superstizioni di epoche lontane? Non tanto, se ancora nel 1946 tre noti personaggi dediti all’esoterismo diedero vita, a Pasadena, a un rito passato alla storia con il nome di «Babalon Working» volto proprio alla realizzazione di un homunculus. Se stupisce fino a un certo punto che del gruppo facesse parte L. Ron Hubbard, il fondatore di Scientology, colpisce apprendere che il vero promotore del rito fu Jack Parsons, scienziato americano che negli anni della guerra aveva messo a punto il combustibile solido con cui nel 1969 si sarebbe raggiunta la luna. Non per nulla oggi gli è dedicato un cratere del nostro satellite. Parsons aveva anche l’hobby dell’esoterismo: allievo di Alesteir Crowley, il satanista considerato «l’uomo più malvagio del mondo» che tuttavia lo scherniva, era stato fondatore di una loggia magico-massonica chiamata Oto (Ordine del tempio d’oriente). La terza persona partecipante al Babalon working fu la bella attrice Marjorie Cameron che Parsons sposò, ritenendola una donna «elementale», particolarmente adatta per l’evocazione di Babalon, una divinità femminile anche detta «Madre di abominazioni».
In effetti, che la Cameron non fosse esattamente un angelo del focolare è plausibile, dato che successivamente fondò una setta multietnica dedita a rituali sessuali aventi l’obiettivo di creare i cosiddetti «Bambini della luna», di razza mista, consacrati al culto del dio egizio Horus.
Se l’homunculus sia stato creato o meno durante il Babalon working non è dato sapere, certo è che a Parsons non sembra abbia portato gran fortuna: lo scienziato morì dilaniato nell’esplosione del suo laboratorio chimico personale in circostanze poco chiare tali da far parlare di omicidio o suicidio. E la madre si suicidò per il dolore nello stesso giorno.