I Pfas, composti chimici inquinanti con proprietà tensioattive, interferiscono con il recettore della vitamina D, inducendo una ridotta risposta delle cellule scheletriche alla vitamina D stessa, che si manifesta con una minor mineralizzazione ossea. Lo conferma una ricerca condotta dal gruppo di ricerca coordinato da Carlo Foresta, ordinario di Endocrinologia all'università di Padova.
I risultati della ricerca, oltre a chiarire i meccanismi attraverso i quali i Pfas interferiscono con l'attività di questo importante ormone, suggeriscono un possibile ruolo per questi inquinanti nella patogenesi dell'osteoporosi, la principale patologia correlata ai ridotti livelli di vitamina D. A questo scopo, i ricercatori hanno valutato la densità dell'osso in 117 giovani maschi di eta' compresa tra 18 e 21 anni esposti all'inquinamento da Pfas.
L'80% della popolazione italiana è carente di vitamina D e sono sempre più evidenti e note le ricadute di questa deficienza non solo come causa della osteoporosi, ma come fattore che si associa a molte patologie: malattie degenerative, come l'Alzheimer, il Parkinson, le patologie polmonari e il diabete. Nonostante l'incredibile incremento nell'utilizzo di farmaci per la supplementazione di Vitamina D, passati dal 63 posto nel 2012 al 6 posto nel 2018 nella classifica dei farmaci piu' acquistati in Italia, le patologie correlate a bassi livelli di vitamina D continuano ad aumentare.
Le ricerche condotte dal gruppo di ricerca coordinato da Foresta e guidato dal Andrea Di Nisio hanno dimostrato che i PFAS interferiscono con il recettore della vitamina D, inducendo una ridotta risposta delle cellule scheletriche alla vitamina D stessa, che si manifesta con una minor mineralizzazione ossea. Questi risultati, oltre a chiarire i meccanismi attraverso i quali i PFAS interferiscono con l'attività di questo importante ormone, suggeriscono un possibile ruolo per questi inquinanti nella patogenesi dell'osteoporosi, la principale patologia correlata ai ridotti livelli di vitamina D.
A questo scopo, i ricercatori hanno valutato la densità dell'osso in 117 giovani maschi di età compresa tra 18 e 21 anni esposti all'inquinamento da PFAS. «Confrontando i risultati con quelli ottenuti in un analogo gruppo di controllo di giovani non esposti a questo inquinamento - continua Foresta - é emerso che negli esposti la densità minerale ossea era significativamente inferiore ai controlli. Questi risultati suggeriscono un'interferenza dei PFAS sullo sviluppo scheletrico, così come altri interferenti endocrini non considerati in questo studio. Nel 24 per cento dei soggetti esposti si osservava infatti una maggior frequenza di osteopenia e osteoporosi, rispetto al solo 10% dei soggetti di controllo».