Il mese di settembre assomiglia per molti versi, all’inizio di un nuovo anno: si fanno buoni propositi e si progettano attività che dovrebbero aiutare, grandi e piccoli, a meglio affrontare tutto l’anno lavorativo. In questo periodo non ci sono solo i genitori che cercano di decidere quale attività extrascolastica sia più adeguata ai bisogni e alle esigenze dei propri figli, ma tutti cercano di ritagliarsi del tempo libero da dedicare a esercizi antistress, favorire le relazioni sociali ed essere di beneficio alla salute.
La danza: una risorsa contro l’invecchiamento neuromuscolare
Sono molti gli studi scientifici, per esempio, che hanno evidenziato come la danza sia un’attività fisica completa, che ben si adatta alle esigenze di tutti, a ogni età, di come si possa praticare in abbinamento ad altre attività, di come favorisca la socializzazione e funzioni anche come una sorta di elisir di giovinezza, contro il declino cognitivo.
«Da non dimenticare sono i benefici che la danza può portare a livello di miglioramento delle qualità aerobiche e neuromuscolari nei ragazzi come nell’anziano- sottolinea il dottor Stefano Longo, Ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute e docente della Scuola di Scienza Motorie dell’Università Statale di Milano- «Diversi studi hanno infatti evidenziato che la pratica prolungata della danza migliora lo stato di salute del sistema cardiocircolatorio, riducendo il rischio di insorgenza di problematiche a esso legate con l’avanzare dell’età.
Per quel che concerne l’aspetto neuromuscolare, uno studio internazionale al quale ho recentemente preso parte andando a confrontare un gruppo di anziani dedito regolarmente alla danza con un altro gruppo di pari età sedentari, ha permesso di evidenziare la presenza, fra gli anziani danzatori, di una più efficiente struttura muscolare. Lo studio ha messo in luce anche un certo effetto neuroprotettivo contro la degenerazione fisiologica del punto di giunzione tra il nervo e il muscolo da esso comandato. Lo studio è nella fase di stesura e contiamo di pubblicarlo molto presto».
Un’attività che contrasta il declino cognitivo
Memorizzare i passi di danza, inoltre, contribuisce in maniera giocosa a tenere in allenamento il cervello: uno studio molto recente a conferma ha sottolineato come svolgere regolarmente attività fisica va ad agire positivamente su quelle regioni cerebrali che rimpiccioliscono con l’età, e solo ballando si possono ottenere dei miglioramenti non solo di memoria, ma anche nel senso dell’equilibrio. Lo studio è stato svolto su persone ultra sessantenni che si sono impegnate a imparare un genere di ballo diverso ogni due settimane passando dal jazz, alla quadriglia ai balli latino-americani.
«Oltre alla memoria, altri studi hanno evidenziato come, nel lungo periodo, danzare porti significativi miglioramenti in diverse funzioni neuropsicologiche in anziani nei quali è stato diagnosticato un inizio di declino cognitivo» precisa ancora il dottor Longo.
La tangoterapia nel Parkinson
La danza aiuta a migliorare la postura e l’equilibrio anche quando queste capacità sono gravemente compromesse da malattie invalidanti come il Parkinson. Per quanto riguarda quest’ultima malattia, diversi studi hanno evidenziato una vera e propria capacità terapeutica nella pratica regolare del tango argentino.
Per imparare questo ballo, infatti, è richiesta una grande concentrazione mentale; i passi assomigliano, se così si può semplificare, a una sorta di camminata rallentata che permette anche ai pazienti con Parkinson, di imparare a ripartire il peso dell’appoggio e i propri passi, al tremore e all’incertezza che si accompagnano alla progressione della malattia.
Il tango, inoltre, si ripercuote positivamente anche sulla sfera emotiva del paziente, lo aiuta a socializzare, mentre la malattia lo porta al ritiro sociale e la voglia di ballare lo porta anche ad accettare l’utilizzo di ausili, come il bastone, che spesso non sono così ben accetti.
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