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Aumenta la consapevolezza sui rischi dell’HPV. L’88% dei genitori di figli adolescenti dichiara di averne sentito parlare. L’86% sa che l’infezione può portare allo sviluppo del cancro del collo dell’utero ma il 32% crede sia un “affare” per sole donne. E’ questa, in estrema sintesi, la fotografia del Nuovo Rapporto Censis sul Papillomavirus presentato a Roma. Italiani dunque promossi a metà.

Che cos’è l’HPV?

HPV è l’acronimo di Human Papilloma Virus. Si tratta di una famiglia di virus capaci di infettare selettivamente l’essere umano. Ad oggi si calcola che esistano circa 100 tipi di papilloma virus differenziati in base al genoma. Alcuni sono responsabili di lesioni benigne come i condilomi, altri sono in grado di produrre lesioni potenzialmente in grado di generare diversi tumori, primo fra tutti quello del collo dell’utero. Attenzione però a pensare che un’infezione sia sinonimo di malattia. Nella gran parte dei casi, circa l’80% delle infezioni, il sistema immunitario riesce a sconfiggere il virus. Non solo, una volta avvenuta l’infezione occorrono diversi anni prima di sviluppare un eventuale problema.

L’HPV colpisce anche gli uomini

Le infezioni da HPV non sono associate esclusivamente all’universo femminile. Oltre ai tumori della cervice uterina l’HPV può portare allo sviluppo dei tumori del cavo orale, dell’ano, dell’esofago e della laringe. Tumori che colpiscono entrambe i sessi. Non è un caso che solo la metà dei genitori intervistati nell’indagine Censis sa che HPV è responsabile di altri tumori oltre a quello del collo dell’utero. Solo il 42,6% è a conoscenza che il virus è responsabile dei condilomi genitali e un terzo dei genitori (31,9%) pensa ancora che sia un virus che colpisce esclusivamente le donne.

La prevenzione passa anche dai vaccini

Di fondamentale importanza, in fatto di prevenzione, è il vaccino HPV, uno strumento nato grazie alla scoperta di Harald Zur Hausen, Nobel per la medicina nel 2008, che per primo identifico il virus quale agente scatenante il tumore del collo dell’utero. Se somministrato prima dell’inizio dell’attività sessuale - il Piano Nazionale Vaccini lo ha inserito gratuitamente per ragazzi e ragazze a partire dai 12 anni di età- il vaccino di ultima generazione è in grado di agire contro 9 genotipi di HPV riducendo così le possibilità di sviluppare quelle patologie associate all’infezione.

Strategia integrata con Pap-test e HPV-test

Ma il vaccino non è il solo strumento di prevenzione. Di fondamentale importanza rimane anche il Pap-test, un esame che permette di diagnosticare precocemente tumori o alterazioni cellulari che possono poi portare ad una neoplasia. Nel nostro Paese i programmi di prevenzione prevedono per le donne l’offerta attiva e gratuita dello screening fra i 25 e i 64 anni, con il Pap-test o, dai 30-35 anni, con il test HPV (un test che va ad individuare l’avvenuta infezione). La combinazione della strategia vaccinale (la vaccinazione viene offerta anche alle donne di 25 anni di età in concomitanza con l’HPV-test) e dello screening permetterà sul lungo periodo di ridurre drasticamente i casi di tumori associati all’HPV.

Il caso dell’Australia

Uno dei Paesi dove l’effetto della strategia vaccinale comincia a dare risultati è l’Australia, una delle prime nazioni a mettere in atto una massiccia campagna di vaccinazione a partire dal 2007: attualmente la copertura è del 78,6% tra le ragazze di 15 anni e poco meno del 73% nei ragazzi. Con queste coperture l’attuale tasso annuale di incidenza di cancro al collo dell’utero è di sette casi ogni 100mila persone, circa la metà rispetto alla media globale.

@danielebanfi83