Per evitare una nascita pretermine è importante individuare le donne a rischio di parto prematuro. Un esame semplice ed efficace è quello di procedere per tutte le donne tra le 20 e le 24 settimane alla misurazione del collo dell’utero, metodica validata se applicata nelle donne che hanno già avuto un parto pretermine.
Secondo gli esperti, riuniti nel simposio «Nascita pretermine: prevenzione e trattamento» organizzato a Parma dal Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia dell’Università di Parma e promosso dalla Fondazione Internazionale Menarini, sarebbe un esame da eseguire di routine per tutte le donne in gravidanza. «Nonostante i progressi nella sopravvivenza, anche di bambini nati con un peso inferiore al chilo, le conseguenze neurologiche di un parto prematuro sono ancora importanti» avverte Tiziana Frusca, Direttore del Dipartimento di Clinica Ostetrica e Ginecologica dell’Università di Parma e Presidente del simposio. «Per questo motivo è essenziale sviluppare metodi sempre più avanzati per individuare le donne in gravidanza maggiormente a rischio di parto prematuro, evitare tale evento o perlomeno prolungare la gravidanza il più a lungo possibile».
32MILA PARTI PRETERMINE ALL’ANNO
Secondo una stima della Società italiana di neonatologie per il 2016, i neonati pretermine in Italia sono circa 32mila all’anno, il 6,7% dei 474.000 nati (Cedap/Istat). Una nascita è pretermine quando avviene prima che siano state completate le 37 settimane di gravidanza. Lo scorso 17 novembre, nella giornata mondiale del parto pretermine, l’Oms ha diffuso i dati di un fenomeno in crescita. La prematurità è la principale causa di morte nel feto durante la gravidanza e nei bambini di età inferiore ai 5 anni e le stime parlano di 15 milioni di bambini pretermine ogni anno e di un milione di decessi a causa delle complicazioni della nascita pretermine.
COME INDIVIDUARE LE DONNE A RISCHIO
Estendere l’esame di misurazione del collo dell’utero a tutta la popolazione di donne in gravidanza è un’ipotesi sostenuta con convinzione da Vincenzo Berghella, Professore di Ostetricia e Ginecologia alla Thomas Jefferson University di Filadelfia, Stati Uniti: «Non bisogna aspettare che le donne abbiano le contrazioni e rischiare che si rompano le acque prima del termine. Si dovrebbe misurare la cervice uterina a tutte le donne in gravidanza, così come in tutte le persone si misurano pressione e colesterolo per prevenire l’infarto. È un esame che richiede cinque minuti, è indolore e senza conseguenze».
I SISTEMI MIGLIORI PER EVITARE IL PARTO PRETERMINE
«Una volta identificate le donne a rischio sono disponibili due modalità per cercare di evitare il parto pretermine, ma abbiamo indicazioni non definitive su quali scegliere» conferma Tiziana Frusca. «È possibile utilizzare il cerchiaggio, che è una procedura chirurgica con cui si “chiude” il collo dell’utero, oppure è possibile utilizzare un farmaco, il progesterone vaginale. Riguardo queste due opzioni c’è però un grande dibattito tra gli specialisti a favore di una o dell’altra opzione».
Per Vincenzo Berghella «nelle donne con cervice uterina più corta e con un rischio più basso si potrebbe somministrare progesterone, mentre nelle donne a rischio più alto, per esempio con un precedente parto prematuro, si potrebbe eseguire il cerchiaggio».
PERCHE’ CERCARE DI RITARDARE IL PARTO
Rappresenta infine un caso particolare la donna che si presenta al pronto soccorso lamentando contrazioni e dolori. «In questa situazione l’utilizzo combinato della valutazione della lunghezza del collo dell’utero insieme con i test che utilizzano marcatori come la fibronectina fetale cervicovaginale, consentono di prevedere se la donna effettivamente presenta un alto rischio di partorire entro una settimana. È possibile quindi somministrare a questa donna tutte le terapie che possono servire per ritardare il parto o per gestirlo al meglio. In particolare il bambino prematuro può presentare un limitato sviluppo dei polmoni, per cui è possibile favorire la preparazione del neonato alla respirazione dopo la nascita, con l’utilizzo dei farmaci chiamati steroidi. È dimostrato che con lo steroide si ottengono migliori risultati se viene somministrato prima di sette/dieci giorni dalla gravidanza, per cui è importante identificare in anticipo le pazienti cui somministrare il farmaco».
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