Volete dimagrire? Attenzione allora a quando e non solo a quanto mangiate. Consumare l’ultimo pasto della giornata nelle prime ore del pomeriggio ed astenersi dal mangiare fino alla mattina successiva aiuta notevolmente chi vuole perdere peso. Lo ha mostrato uno studio sulla limitazione oraria dei pasti presentato al meeting annuale della Obesity Society appena conclusosi a New Orleans.

«Mangiare soltanto all’interno di una finestra temporale ristretta, molto più breve rispetto a quella abituale, può aiutare a perdere peso» ha spiegato la ricercatrice Courtney Peterson del Pennington Biomedical Research Center, autrice della ricerca. «Abbiamo visto che mangiare tutti i giorni tra le 8 e le 14 e digiunare per le successive 18 ore consente di mantenere uniforme il livello di appetito per tutta la giornata, rispetto a mangiare dalle 8 alle 20, come fanno gli americani in genere».

I ricercatori hanno controllato il metabolismo di 11 uomini e donne sovrappeso per quattro giorni nel corso dei quali i soggetti non potevano mangiare alcunché tra le 14 e le 8 della mattina successiva.

La misurazione è stata poi ripetuta per altri quattro giorni, con i soggetti lasciati liberi di mangiare all’interno della consueta finestra temporale, cioè tra le 8 e le 20. Ebbene, a parità di cibo assunto, nel primo caso le calorie bruciate sono state di più, l’appetito si è mantenuto costante nel corso della giornata e nelle ore notturne è aumentato il consumo di grassi.

Perché uno spuntino leggero o saltare direttamente la cena porta tali benefici in termini di perdita di peso? Un’alimentazione che abbia dei limiti temporali ha delle conseguenze sul metabolismo dell’organismo, come già dimostrato dagli studi del biologo Satchin Panda Salk Institute for Biological Studies di San Diego in California. «Probabilmente c’è un inizio della modalità chetogenica cioè, una volta consumato il glicogeno, il sistema inizia a bruciare grassi anche se per poche ore» ci spiega Valter Longo, Direttore del Laboratorio di Longevità e Cancro all’Istituto IFOM di Milano e Direttore del Longevity Institute della University of Soutern California a Los Angeles, non coinvolto nello studio.

CONTROINDICAZIONI

Di fatto, «cenando» alle due del pomeriggio si devono poi affrontare diciotto ore di digiuno. «Non sappiamo l’effetto a lungo andare di questo regime. Ma, per esempio, sappiamo che digiuni giornalieri lunghi aumentano l’incidenza di calcoli biliari» commenta il professor Valter Longo, scienziato riconosciuto leader a livello internazionale in questo settore, che nel libro «La dieta della longevità» inserisce tra le raccomandazioni da seguire proprio la limitazione oraria dei pasti, ma in un arco temporale di 12 ore.

«Come per la restrizione calorica cronica, poche persone riescono a seguire questa limitazione e quindi un digiuno giornaliero di 18 ore, anche si dovesse dimostrare che funziona e non ha effetti collaterali, sarebbe adottato da un piccolissima parte della popolazione».

Nel frattempo, le ricerche sulla variazione del metabolismo nel corso della giornata e sull’effetto di una limitazione temporale nell’alimentazione continuano per scoprire in che modo questi meccanismi possono aiutarci a prevenire e combattere un problema sanitario globale quale è diventata l’obesità.


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