Un approccio alimentare incentrato sulla prevenzione che punta a incrementare i cibi di origine vegetale nella dieta, a ridurre il consumo di alimenti di origine animale e derivati, a limitare il consumo di cibi raffinati e di produzione industriale, il tutto con una particolare attenzione alla qualità dell’alimentazione e alla sostenibilità ambientale
La plant-based diet è un modello alimentare che negli ultimi anni sta conoscendo una grande diffusione. «Esiste ancora molta confusione nella interpretazione del termine plant-based, che è tuttora usato sia per descrivere diete con poca carne sia quelle del tutto prive di prodotti animali, come ad esempio l’alimentazione vegana. Gli studi degli ultimi anni condotti in America hanno tracciato una definizione ben più netta che si basa sul consumo prevalente di alimenti vegetali» chiarisce Sabina Bietolini, PhD, biologa nutrizionista, presidente Società Scientifica Nutrizione Vegetale – SONVE.
«Nella dieta planted based si pone particolare attenzione alla qualità nutrizionale degli ingredienti che compongono i pasti con un’attenzione particolare alla riduzione degli zuccheri semplici e dei cibi raffinati nonché dei grassi idrogenati. Via libera dunque ai cereali e alle farine integrali, ai cibi home made e alla limitazione dei prodotti industriali» osserva Tiziana Stallone nutrizionista e Presidente dell’Enpab (Ente di Previdenza e Assistenza a Favore dei Biologi). Una barretta di cioccolato che contenga grassi idrogenati e zuccheri semplici non verrà consumata all’interno di una dieta plant-based, mentre sarà favorita una cioccolata fondente ad alto contenuto di pasta di cacao e con basso tenore di zuccheri. Un sugo pronto oppure un pesto vegetale in barattolo non verrà utilizzato se contiene conservanti e coloranti, eccesso di sale e oli diversi dall’extravergine di oliva, i quali non si sposano con l’impostazione salutare di questa dieta. «Le stesse patatine in busta, di fatto vegane, non sarebbero una scelta contemplata in questo tipo di alimentazione. Abbracciare la dieta plant-based può comportare inoltre, in particolare in Italia, una forte propensione alla tutela della biodiversità e al contenimento dell’impatto ambientale. Si guarda dunque alla stagionalità e ai cicli biologici, con valorizzazione delle culture locali sul piano agroalimentare» precisa ancora la Bietolini.
La dieta in pratica
Cosa significa quindi seguire questa dieta? Significa innanzitutto essere un consumatore consapevole e attento, abituato a leggere con grande scrupolo le etichette e a informarsi sugli effetti del cibo sullo stato di salute da fonti autorevoli accreditate. «Chi segue questa dieta presta grande attenzione al contenuto di fibre favorendo gli alimenti integrali, all’assenza di grassi idrogenati e alla presenza di olio extravergine di oliva. Cerca di fare in modo che la lista degli ingredienti sia breve e che non ci siano coloranti, conservanti e additivi di sorta. Presta attenzione al contenuto di zuccheri, mantenendolo basso così come controlla con meticolosità il contenuto di sale nella dieta. - Chiarisce ancora al dott.ssa Stallone che spiega anche - Questo approccio riserva grande attenzione alle porzioni e al gusto che deve essere genuino, non edulcorato e non legato ad eccessiva sapidità. I primi piatti di solito sono a base di cereali (farro, orzo, riso, grano saraceno, grano), di pseudocereali (quinoa, amaranto) come chicchi o pasta conditi con verdure di stagione o legumi con aggiunta di olio extravergine di oliva a crudo, meglio se a km zero e di agricoltura biologica».
Alla luce di quanto esposto fin qui, dunque, l’ideale dovrebbe essere rappresentato dal consumo, durante il pasto principale, di un piatto unico, capace di soddisfare le esigenze di un pasto completo in termini di carboidrati, proteine e grassi come può fare un piatto di pasta e legumi. Il piatto unico può essere seguito da un piatto di funghi o altra verdura, ma via libera anche a zuppe e minestre di verdure e con aggiunta di cereali, patate e legumi.
«Dolci e frutta a fine pasto sono sconsigliati, ma possono trovare il loro spazio nella giornata alimentare tipo, collocandosi nello snack di metà mattina e pomeridiano. I dolci sono rigorosamente preparati in casa, in genere, vengono preparati con farine integrali, con olio al posto del burro e bevanda vegetale al posto del latte. Le uova nei dolci sono sostituite con varie strategie: banana, farina di ceci, semola integrale, a seconda delle ricette quando ci si riferisce all’accezione più stretta di dieta plant-based» commenta ancora la dott.ssa Bietolini.
Andando a sbirciare fra i menù settimanale di una dieta Plant Based si trovano saltuariamente secondi piatti a base di pesce stagionale e a ciclo breve (tipo pesce azzurro) o carni bianche (piccole quantità).
La dieta plant-based non è vegetariana né vegana
Questo approccio alimentare è diverso dalla dieta vegetariana o vegana come chiarisce ancora la nutrizionista Bietolini: «Questo regime più che da scelte etiche è guidato da scelte salutistiche. Non è il principio di non sfruttare altri esseri viventi a nostro vantaggio che guida quanto il presupposto che l’eccesso di prodotti animali sia correlato a problemi cardiovascolari e metabolici ad esempio, mentre l’apporto di alimenti vegetali e non raffinati di contro altre oltre che avere, come dimostrato da un’ampia letteratura scientifica, ritorni salutistici e sulla longevità giova anche alla riduzione dell’inquinamento e all’impatto ambientale. Il sintesi la dieta planted based è esclusivamente focalizzata sul ruolo del cibo sulla salute umana e sulla prevenzione».
Vantaggi per la salute
Abbracciare una dieta plant-based ha ripercussioni di salute importanti, validate scientificamente e positive come sottolinea con forza la dott.ssa Bietolini: «In generale studi controllati randomizzati, epidemiologici e review sistematiche evidenziano come privilegiare scelte alimentari vegetali e contenere il cibo spazzatura contribuisca a ridurre i fattori di rischio di sviluppo di malattie metaboliche, cardiovascolari e in particolare diabete e loro complicanze, nonchè obesità, ipertensione ed infiammazione».
Da dove derivano i vantaggi di una dieta plant-based?
«La forza di una dieta vegetale, ben strutturata e quindi equilibrata, deriva da quei componenti naturalmente presenti nel mondo vegetale: micronutrienti quali calcio, zinco, selenio, potassio, magnesio che efficientano i processi metabolici, la presenza di preziosi antiossidanti, come vitamine A, C, E, l’apporto di vitamine del complesso B tra cui acido folico che giovano sia alla salute del sistema nervoso che del sistema cardiovascolare che alla prevenzione di patologie come la spina bifida in gravidanza. I grassi di elevata qualità come quelli poliinsaturi prevengono i fenomeni infiammatori e favoriscono la fluidità e la funzionalità delle membrane biologiche. Gli steroli vegetali contrastano l’incremento di colesterolo. Le fibre, sia solubili e insolubili, prevengono il cancro del colon, patologie metaboliche come diabete e ipercolesterolemia e aumentano l’indice di sazietà del pasto prevenendo l’obesità. Infine, ma non meno importante composti bioattivi come polifenoli, antociani, carotenoidi tra cui il licopene svolgono azioni fondamentali: antiossidante, antinfiammatoria, depurativa, di regolazione ormonale, nonché antitumorale» conclude la dott.ssa Bietolini.
Un approccio alimentare incentrato sulla prevenzione che punta a incrementare i cibi di origine vegetale nella dieta, a ridurre il consumo di alimenti di origine animale e derivati, a limitare il consumo di cibi raffinati e di produzione industriale, il tutto con una particolare attenzione alla qualità dell’alimentazione e alla sostenibilità ambientale
La plant-based diet è un modello alimentare che negli ultimi anni sta conoscendo una grande diffusione. «Esiste ancora molta confusione nella interpretazione del termine plant-based, che è tuttora usato sia per descrivere diete con poca carne sia quelle del tutto prive di prodotti animali, come ad esempio l’alimentazione vegana. Gli studi degli ultimi anni condotti in America hanno tracciato una definizione ben più netta che si basa sul consumo prevalente di alimenti vegetali» chiarisce Sabina Bietolini, PhD, biologa nutrizionista, presidente Società Scientifica Nutrizione Vegetale – SONVE.
«Nella dieta planted based si pone particolare attenzione alla qualità nutrizionale degli ingredienti che compongono i pasti con un’attenzione particolare alla riduzione degli zuccheri semplici e dei cibi raffinati nonché dei grassi idrogenati. Via libera dunque ai cereali e alle farine integrali, ai cibi home made e alla limitazione dei prodotti industriali» osserva Tiziana Stallone nutrizionista e Presidente dell’Enpab (Ente di Previdenza e Assistenza a Favore dei Biologi). Una barretta di cioccolato che contenga grassi idrogenati e zuccheri semplici non verrà consumata all’interno di una dieta plant-based, mentre sarà favorita una cioccolata fondente ad alto contenuto di pasta di cacao e con basso tenore di zuccheri. Un sugo pronto oppure un pesto vegetale in barattolo non verrà utilizzato se contiene conservanti e coloranti, eccesso di sale e oli diversi dall’extravergine di oliva, i quali non si sposano con l’impostazione salutare di questa dieta. «Le stesse patatine in busta, di fatto vegane, non sarebbero una scelta contemplata in questo tipo di alimentazione. Abbracciare la dieta plant-based può comportare inoltre, in particolare in Italia, una forte propensione alla tutela della biodiversità e al contenimento dell’impatto ambientale. Si guarda dunque alla stagionalità e ai cicli biologici, con valorizzazione delle culture locali sul piano agroalimentare» precisa ancora la Bietolini.
La dieta in pratica
Cosa significa quindi seguire questa dieta? Significa innanzitutto essere un consumatore consapevole e attento, abituato a leggere con grande scrupolo le etichette e a informarsi sugli effetti del cibo sullo stato di salute da fonti autorevoli accreditate. «Chi segue questa dieta presta grande attenzione al contenuto di fibre favorendo gli alimenti integrali, all’assenza di grassi idrogenati e alla presenza di olio extravergine di oliva. Cerca di fare in modo che la lista degli ingredienti sia breve e che non ci siano coloranti, conservanti e additivi di sorta. Presta attenzione al contenuto di zuccheri, mantenendolo basso così come controlla con meticolosità il contenuto di sale nella dieta. - Chiarisce ancora al dott.ssa Stallone che spiega anche - Questo approccio riserva grande attenzione alle porzioni e al gusto che deve essere genuino, non edulcorato e non legato ad eccessiva sapidità. I primi piatti di solito sono a base di cereali (farro, orzo, riso, grano saraceno, grano), di pseudocereali (quinoa, amaranto) come chicchi o pasta conditi con verdure di stagione o legumi con aggiunta di olio extravergine di oliva a crudo, meglio se a km zero e di agricoltura biologica».
Alla luce di quanto esposto fin qui, dunque, l’ideale dovrebbe essere rappresentato dal consumo, durante il pasto principale, di un piatto unico, capace di soddisfare le esigenze di un pasto completo in termini di carboidrati, proteine e grassi come può fare un piatto di pasta e legumi. Il piatto unico può essere seguito da un piatto di funghi o altra verdura, ma via libera anche a zuppe e minestre di verdure e con aggiunta di cereali, patate e legumi.
«Dolci e frutta a fine pasto sono sconsigliati, ma possono trovare il loro spazio nella giornata alimentare tipo, collocandosi nello snack di metà mattina e pomeridiano. I dolci sono rigorosamente preparati in casa, in genere, vengono preparati con farine integrali, con olio al posto del burro e bevanda vegetale al posto del latte. Le uova nei dolci sono sostituite con varie strategie: banana, farina di ceci, semola integrale, a seconda delle ricette quando ci si riferisce all’accezione più stretta di dieta plant-based» commenta ancora la dott.ssa Bietolini.
Andando a sbirciare fra i menù settimanale di una dieta Plant Based si trovano saltuariamente secondi piatti a base di pesce stagionale e a ciclo breve (tipo pesce azzurro) o carni bianche (piccole quantità).
La dieta plant-based non è vegetariana né vegana
Questo approccio alimentare è diverso dalla dieta vegetariana o vegana come chiarisce ancora la nutrizionista Bietolini: «Questo regime più che da scelte etiche è guidato da scelte salutistiche. Non è il principio di non sfruttare altri esseri viventi a nostro vantaggio che guida quanto il presupposto che l’eccesso di prodotti animali sia correlato a problemi cardiovascolari e metabolici ad esempio, mentre l’apporto di alimenti vegetali e non raffinati di contro altre oltre che avere, come dimostrato da un’ampia letteratura scientifica, ritorni salutistici e sulla longevità giova anche alla riduzione dell’inquinamento e all’impatto ambientale. Il sintesi la dieta planted based è esclusivamente focalizzata sul ruolo del cibo sulla salute umana e sulla prevenzione».
Vantaggi per la salute
Abbracciare una dieta plant-based ha ripercussioni di salute importanti, validate scientificamente e positive come sottolinea con forza la dott.ssa Bietolini: «In generale studi controllati randomizzati, epidemiologici e review sistematiche evidenziano come privilegiare scelte alimentari vegetali e contenere il cibo spazzatura contribuisca a ridurre i fattori di rischio di sviluppo di malattie metaboliche, cardiovascolari e in particolare diabete e loro complicanze, nonchè obesità, ipertensione ed infiammazione».
Da dove derivano i vantaggi di una dieta plant-based?
«La forza di una dieta vegetale, ben strutturata e quindi equilibrata, deriva da quei componenti naturalmente presenti nel mondo vegetale: micronutrienti quali calcio, zinco, selenio, potassio, magnesio che efficientano i processi metabolici, la presenza di preziosi antiossidanti, come vitamine A, C, E, l’apporto di vitamine del complesso B tra cui acido folico che giovano sia alla salute del sistema nervoso che del sistema cardiovascolare che alla prevenzione di patologie come la spina bifida in gravidanza. I grassi di elevata qualità come quelli poliinsaturi prevengono i fenomeni infiammatori e favoriscono la fluidità e la funzionalità delle membrane biologiche. Gli steroli vegetali contrastano l’incremento di colesterolo. Le fibre, sia solubili e insolubili, prevengono il cancro del colon, patologie metaboliche come diabete e ipercolesterolemia e aumentano l’indice di sazietà del pasto prevenendo l’obesità. Infine, ma non meno importante composti bioattivi come polifenoli, antociani, carotenoidi tra cui il licopene svolgono azioni fondamentali: antiossidante, antinfiammatoria, depurativa, di regolazione ormonale, nonché antitumorale» conclude la dott.ssa Bietolini.