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L’orizzonte è già definito. Per parlare di dieta, d’ora in avanti, non si dovrà più fare riferimento soltanto alla prevenzione delle malattie. In un’ottica più costruttiva, occorrerà pensare al momento in cui ci si siede a tavola come a un’occasione per migliorare il proprio stato di forma: anche se si è sani.

Ruota attorno a questa nuova idea di alimentazione «Positive Nutrition - I pilastri della longevità», il libro che Barry Sears ha appena pubblicato (Sperling&Kupfer) assieme ai colleghi Benvenuto Cestaro (ordinario di biochimica della nutrizione all’Università di Milano) e Giovanni Scapagnini (associato di biochimica clinica all’Università del Molise).

«La dieta non è soltanto privazione, ma anche aggiunta di alimenti che possono aiutarci a vivere più a lungo e meglio - ha spiegato l’inventore della Dieta a Zona, nel corso del quarto congresso internazionale sulle scienze della nutrizione, svoltosi a Milano -. Negli Stati Uniti già da anni si parla di longevità considerando gli anni di vita al netto da qualsiasi malattia. È questa la chiave che può invertire il trend che ha portato un aumento dei casi di obesità. L’obiettivo del modello alimentare descritto nel libro è quello di massimizzare la durata della vita in salute agendo sull’infiammazione silente».

«Positive Nutrition»: di cosa si tratta?

Mentre l’invecchiamento è un processo irreversibile influenzato dall’assetto genetico di ognuno di noi, che può fare aumentare la suscettibilità individuale a contrarre una malattia, il rischio di sviluppare una malattia è legato in prevalenza a fattori ambientali: tra cui l’alimentazione e lo stile di vita in generale. La cosiddetta infiammazione «silente», che concorre all’invecchiamento, è alla base di importanti malattie croniche: prime tra tutte il diabete quelle cardiovascolari (infarto del miocardio, scompenso cardiaco) e neurodegenerative (Alzheimer, Parkinson, demenze cerebrovascolari), i tumori. Massimizzare la durata della vita in salute agendo sull’infiammazione silente è proprio l’obiettivo della «Positive Nutrition», che Scapagnini descrive come «un approccio culturale che aiuta a raggiungere una maggiore felicità. Siamo abituati a pensare alla dieta con l’idea della privazione, ovvero la necessità di eliminare o quanto meno limitare il consumo di certi alimenti specie se abbiamo problemi di salute come colesterolo o diabete. Ma il cibo può essere una fonte di sostanze benefiche per la salute, veri e propri farmaci, con azioni ben precise sull’organismo e sul funzionamento di ogni sua singola cellula». In questo caso non si parla dunque dell’ultima dieta del momento, ma di una filosofia alimentare da abbracciare fin dall’adolescenza e per sempre.

Tutto ruota attorno all’infiammazione

Nel libro molto ruota attorno al concetto di infiammazione, a cui la comunità scientifica sta dando sempre più credito negli ultimi anni. «Perché se da una parte ci permette di difenderci dalle invasioni microbiche e consente alle lesioni fisiche di guarire, se non si risolve in maniera adeguata diventa un’infiammazione a bassa intensità che può attaccare i nostri stessi organi, accelerando l’insorgere di malattie croniche», afferma Sears, tra i massimi esperti nel campo del controllo della risposta ormonale attraverso la dieta. L’inventore della famosa dieta a Zona parte da un concetto fondamentale e ormai condiviso da tutti gli esperti: l’infiammazione silente è alla base dell’eccesso di peso e di gran parte delle malattie. Mantenerla entro certi limiti è uno dei fattori chiave della «Positive Nutrition», in quanto permette di ridurre lo sviluppo precoce di malattie croniche.

Ma come combattere l’infiammazione a tavola? «Riducendo l’apporto calorico, ma senza generare la sensazione di stanchezza o fame - è il pensiero di Sears -. Occorre ridurre il consumo di cibi ricchi di acidi grassi idrogenati e saturi: come i prodotti da forno, da fast food, la margarina, le carni rosse, il latte, il burro e i formaggi. Vanno privilegiati invece quelli che apportano acidi grassi mono e polinsaturi».

La giusta dieta come segreto per la longevità

La «Positive Nutrition» si basa dunque sul presupposto che ogni cibo può svolgere delle funzioni (positive) specifiche per il nostro organismo: «Dobbiamo imparare a considerare ogni pasto come un progetto ormonale che condiziona direttamente il lavoro degli organi e che può agire sul nostro Dna – dichiara Sara Farnetti, specialista in medicina interna e malattie del metabolismo –. La nutrizione funzionale ci aiuta a capire come funziona il cibo che può essere uno strumento preventivo, terapeutico ma anche di guarigione. Il cibo, infatti, può attivare il gene della longevità agendo direttamente sui nostri geni».

Twitter @fabioditodaro

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