Sottoporsi a un intervento di mastoplastica additiva o ricostruttiva è una procedura che di solito si considera sicura, in virtù del fatto che negli ultimi decenni è stata accumulata un'esperienza sperimentale e clinica tale da aver prodotto miglioramenti consistenti in questo settore. Esistono però alcune problematiche relative alle protesi mammarie che sono in approfondimento attraverso studi condotti dalla comunità scientifica.
Linfoma anaplastico a grandi cellule
Nel 2011 la Food and Drug Administration (FDA) ha rilevato un'anomalia nei casi di Linfoma anaplastico a grandi cellule ALCL (dall'inglese Anaplastic Large Cell Lymphoma) una rara forma di Linfoma non-Hodgkin (NHL) che si sviluppa a carico dei linfociti T del sistema immunitario, in pazienti portatrici di protesi mammarie per fini ricostruttivi o estetici.
L'ALCL si può sviluppare in qualunque parte del corpo, ma in queste pazienti tendeva a svilupparsi in corrispondenza del tessuto mammario periprotesico.Nel 2013, la Scientific Committee on Emerging and Newly Identifiend Health Risks (S.C.E.N.I.H.R.) ha riferito 130 casi nel mondo di Breast Implant Associated ALCL (BIA-ALCL), numero salito a più di 359 casi nel 2017 sulla base dei più recenti articoli pubblicati in letteratura. Ad oggi, a fronte di oltre 10 milioni di protesi mammarie impiantate, il numero di casi di BIA-ALCL resta estremamente basso e non offre dati statisticamente significativi che possano mettere in correlazione l’impianto con l’insorgenza di tale forma tumorale.
Il Ministero della Salute sta monitorando i casi clinici italiani grazie alla collaborazione instaurata con i vari operatori sanitari che sul territorio hanno diagnosticato e stanno seguendo le pazienti nel loro follow-up clinico. Da uno studio retrospettivo effettuato sui casi italiani è stato possibile stimare una incidenza del BIA-ALCL di 2.8 casi su 100.000 pazienti a rischio nel 2015. L’insorgenza dei sintomi varia da 1 a 22 anni dalla data dell’impianto, con un tempo medio di 6,8 anni. Il tempo medio alla diagnosi è stato valutato in 7,8 anni dalla comparsa dei primi sintomi.
Il ministero della Salute a partire dal 25 marzo scorso ha istituito il registro nazionale delle protesi mammarie e intende promuovere la ricerca scientifica sulla popolazione italiana affetta da questa patologia, al fine di individuare fattori genetici predisponenti che potrebbero aiutare a comprendere meglio l’eziopatogenesi multifattoriale di questa neoplasia. La conoscenza di questi dati potrebbe aiutare a capire perché l’ALCL si sviluppi, infine, in un paziente impiantato con una certa tipologia di protesi e non in un altro portatore della stessa tipologia di impianto. Tutte le pazienti non devono sottovalutare l’importanza di sottoporsi ai regolari controlli di follow-up indicati dal proprio medico curante e prescritti con cadenza variabile in base a ogni condizione clinica. Ogni medico, inoltre, ha il dovere di approfondire le indagini diagnostiche se evidenzia la comparsa di un sieroma freddo tardivo, una massa adiacente l’impianto o una importante contrattura capsulare spesso associata anche a una esile falda di siero periprotesico. Indagini citologiche sul siero e/o istologiche ed immunoistochimiche sul tessuto capsulare consentiranno di porre una corretta diagnosi.
Breast Implant Illness (BII)
Su questo disturbo, invece, non sono ancora disponibili dati esaustivi provenienti da studi scientifici seri e rigorosi. Si ipotizza però, che in alcune donne a seguito di intervento di impianto di protesi mammarie per fini ricostruttivi o estetici, possa palesarsi un corteo sintomatologico aspecifico quanto profondamente invalidante. Sembra che alcune donne possano cominciare a lamentare fatica cronica, perdita di memoria o disturbi della concentrazione, perdita di capelli, mal di testa, infezioni ricorrenti, gastrite, dolore alle mammelle, insonnia, deflessione del tono dell’umore.
A oggi non esistono esami strumentali che possano aiutare nella diagnosi eccetto che per le situazioni già note come rottura delle protesi, contrattura capsulare, infezioni ovvero complicazioni della chirurgia con protesi mammarie già ben descritte e studiate in letteratura scientifica.
Antonio Varanese chirurgo plastico e Dirigente Medico presso la Divisione di Chirurgia Plastica Ricostruttiva dell’Istituto Nazionale Tumori «Regina Elena» - IRE – IFO Roma puntualizza: «Quando ci si sottopone a un intervento di impianto di protesi mammarie, per qualsiasi fine, è importante valutare l’impatto psicologico che le nuove protesi e quindi la nuova immagine potrebbero comportare nella vita della paziente. Questo aspetto non è da sottovalutare e come tale va trattato considerando un percorso di supporto psicologico per l’accettazione della nuova immagine. Tutte le pazienti in ogni caso devono sempre confrontarsi con il proprio chirurgo plastico per valutare se davvero la sintomatologia che avvertono è da mettersi in relazione con le protesi o meno. Nel caso le pazienti decidano di espiantare le protesi devono essere seriamente avvertite dell’alta probabilità di un insoddisfacente risultato estetico al quale andranno incontro e che potrebbero anche non annullare il corteo sintomatologico che denunciano».