Conviene fare una premessa, per non generare fraintendimenti: l’alimentazione non è considerata un fattore scatenante dei disturbi psichiatrici. Inutile, dunque, cercare cause ed elisir salvifici a tavola. Ma un rapporto tra il cibo e la mente c’è - psicobiotica è definita la disciplina che lo studia - ed è da anni oggetto di indagine. La ricerca ha già dimostrato l’influenza di una sana alimentazione sul benessere psicofisico degli individui e sulla loro qualità di vita.
E a riprova delle numerose conferme raccolte negli ultimi anni, adesso, giunge una sintesi, pubblicata sulla rivista «European Neuropsychopharmacology». «Sono crescenti le evidenze che dimostrano come una dieta di scarsa qualità possa aggravare condizioni quali l’ansia e la depressione», afferma Suzanne Dickson, neurobiologa dell’università di Goteborg e coordinatrice del lavoro. Al contempo, però, occorre precisare che «molte credenze relative ai possibili effetti benefici di alcuni alimenti non sono ancora supportate da solide evidenze scientifiche».
Benefici soprattutto rispetto all’ansia e alla depressione
Le evidenze più solide riguardano il potenziale impatto della dieta mediterranea sulla salute mentale. Diversi studi hanno infatti evidenziato come un consumo frequente di alimenti a base vegetale e la scelta dell’olio extravergine come condimento possa giovare alla nostra mente, soprattutto nella gestione delle due citate condizioni patologiche, tra le più diffuse (senza per questo andarsi a sostituire al trattamento psicoterapico o farmacologico).
A fare la differenza, nel complesso, sarebbero alcuni macro e micronutrienti: come gli acidi grassi omega 3, il magnesio, il calcio, le fibre e le vitamine B1, B9, B12, D ed E. Sarebbero questi a determinare la stabilizzazione della membrana neuronale e gli effetti antiinfiammatori, che sono poi le stesse due risposte che si punta ad avere per ridurre l’incidenza (oltre che per controllare il decorso) delle malattie neurodegenerative.
Quanto ai meccanismi alla base di questo effetto protettivo, però, «c’è ancora molto da capire», è quanto precisato dagli stessi autori del documento: appartenenti al gruppo di ricerca in psichiatria nutrizionale della Società Europea di Neuropsicofarmacologia.
Le prove che ancora non ci sono
Riscontri ormai consolidati sono stati ottenuti anche in merito alla possibilità di curare alcune forme di epilessia resistenti ai farmaci (e non operabili) con la dieta chetogenica e al ruolo che il deficit della vitamina B12 ha nell’insorgenza della stanchezza mentale e della depressione. Detto di questi possibili benefici, molto meno definite sono invece altre prove che riguardano, per esempio, il ruolo della dieta nell’insorgenza e nella gestione dei disturbi dello spettro autistico e del disturbo da iperattività (Adhd). In questo secondo caso, alcune evidenze preliminari sottolineano l’effetto protettivo derivante da una dieta ricca in frutta e verdura rispetto a un consumo eccessivo di alimenti ricchi di zuccheri raffinati. Ma è ancora presto per cantare vittoria. Questo perché «è molto difficile provare che uno schema alimentare o un singolo nutriente giochino un ruolo chiave nella preservazione della salute mentale», aggiunge l’esperta.
Cosa non dovrebbe mai mancare a tavola
Oltre alla verdura a foglia verde, tra gli alimenti che non dovrebbero mai mancare per troppo tempo dalla tavola ci sono la frutta secca (nocciole, noci, arachidi), i cefalopodi (polpi, calamari, lumache), i molluschi (cozze, vongole, ostriche) e il pesce (alici, sarde, sgombri). Cautela con i pesci di grande taglia, visto il rischio che contengano elevate quantità di mercurio. Le evidenze epidemiologiche iniziano a dunque essere solide, al punto da aver spinto due gruppi di ricerca australiani ad avviare il primo studio clinico randomizzato mirato a testare l’effetto di una dieta ricca delle presunte sostanze benefiche in persone affette da sindromi depressive di moderata e grave entità.
Twitter @fabioditodaro
Conviene fare una premessa, per non generare fraintendimenti: l’alimentazione non è considerata un fattore scatenante dei disturbi psichiatrici. Inutile, dunque, cercare cause ed elisir salvifici a tavola. Ma un rapporto tra il cibo e la mente c’è - psicobiotica è definita la disciplina che lo studia - ed è da anni oggetto di indagine. La ricerca ha già dimostrato l’influenza di una sana alimentazione sul benessere psicofisico degli individui e sulla loro qualità di vita.
E a riprova delle numerose conferme raccolte negli ultimi anni, adesso, giunge una sintesi, pubblicata sulla rivista «European Neuropsychopharmacology». «Sono crescenti le evidenze che dimostrano come una dieta di scarsa qualità possa aggravare condizioni quali l’ansia e la depressione», afferma Suzanne Dickson, neurobiologa dell’università di Goteborg e coordinatrice del lavoro. Al contempo, però, occorre precisare che «molte credenze relative ai possibili effetti benefici di alcuni alimenti non sono ancora supportate da solide evidenze scientifiche».
Benefici soprattutto rispetto all’ansia e alla depressione
Le evidenze più solide riguardano il potenziale impatto della dieta mediterranea sulla salute mentale. Diversi studi hanno infatti evidenziato come un consumo frequente di alimenti a base vegetale e la scelta dell’olio extravergine come condimento possa giovare alla nostra mente, soprattutto nella gestione delle due citate condizioni patologiche, tra le più diffuse (senza per questo andarsi a sostituire al trattamento psicoterapico o farmacologico).
A fare la differenza, nel complesso, sarebbero alcuni macro e micronutrienti: come gli acidi grassi omega 3, il magnesio, il calcio, le fibre e le vitamine B1, B9, B12, D ed E. Sarebbero questi a determinare la stabilizzazione della membrana neuronale e gli effetti antiinfiammatori, che sono poi le stesse due risposte che si punta ad avere per ridurre l’incidenza (oltre che per controllare il decorso) delle malattie neurodegenerative.
Quanto ai meccanismi alla base di questo effetto protettivo, però, «c’è ancora molto da capire», è quanto precisato dagli stessi autori del documento: appartenenti al gruppo di ricerca in psichiatria nutrizionale della Società Europea di Neuropsicofarmacologia.
Le prove che ancora non ci sono
Riscontri ormai consolidati sono stati ottenuti anche in merito alla possibilità di curare alcune forme di epilessia resistenti ai farmaci (e non operabili) con la dieta chetogenica e al ruolo che il deficit della vitamina B12 ha nell’insorgenza della stanchezza mentale e della depressione. Detto di questi possibili benefici, molto meno definite sono invece altre prove che riguardano, per esempio, il ruolo della dieta nell’insorgenza e nella gestione dei disturbi dello spettro autistico e del disturbo da iperattività (Adhd). In questo secondo caso, alcune evidenze preliminari sottolineano l’effetto protettivo derivante da una dieta ricca in frutta e verdura rispetto a un consumo eccessivo di alimenti ricchi di zuccheri raffinati. Ma è ancora presto per cantare vittoria. Questo perché «è molto difficile provare che uno schema alimentare o un singolo nutriente giochino un ruolo chiave nella preservazione della salute mentale», aggiunge l’esperta.
Cosa non dovrebbe mai mancare a tavola
Oltre alla verdura a foglia verde, tra gli alimenti che non dovrebbero mai mancare per troppo tempo dalla tavola ci sono la frutta secca (nocciole, noci, arachidi), i cefalopodi (polpi, calamari, lumache), i molluschi (cozze, vongole, ostriche) e il pesce (alici, sarde, sgombri). Cautela con i pesci di grande taglia, visto il rischio che contengano elevate quantità di mercurio. Le evidenze epidemiologiche iniziano a dunque essere solide, al punto da aver spinto due gruppi di ricerca australiani ad avviare il primo studio clinico randomizzato mirato a testare l’effetto di una dieta ricca delle presunte sostanze benefiche in persone affette da sindromi depressive di moderata e grave entità.
Twitter @fabioditodaro