Una carenza di ferro provoca anemia: è una condizione molto comune, alla quale bisogna porre rimedio curando l’alimentazione o assumendo opportuna supplementazione. Il ferro, infatti, è un componente fondamentale della proteina emoglobina, responsabile del trasporto dell’ossigeno dai polmoni al resto del corpo e della mioglobina, la proteina che rifornisce di ossigeno i muscoli. Il ferro, inoltre, è fondamentale per il corretto funzionamento di numerosi enzimi ed entra nei processi costitutivi di ormoni e tessuto connettivo.
Una sua carenza, ha molte ripercussioni negative. Cosa succede però se il ferro è presente in eccesso? «Il ferro in eccesso all’interno dei vasi sanguigni e nei tessuti favorisce la formazione di radicali liberi che, se non bloccati e annullati dalle difese antiossidanti, provocano gravi danni a cellule e tessuti. In primis, sono colpiti organi e apparati come fegato, pancreas, muscoli, apparato cardiovascolare, ghiandole endocrine, tutti caratterizzati da elevata attività metabolica ed energetica» spiega Antonello Pietrangelo direttore del Dipartimento di Medicina interna generale, d’urgenza e post acuzie dell’azienda ospedaliero-universitaria di Modena e del Centro delle malattie del metabolismo del ferro che precisa: «Un altro serio rischio dell’eccesso di ferro è che nel corso di diverse infezioni batteriche possa favorire la virulenza e la crescita del batterio ed aggravare la malattia».
Fabbisogno giornaliero
Secondo le linee guida europee ogni persona adulta in buona salute dovrebbe assumere 14 mg di ferro\die. Il fabbisogno, però, varia a seconda dell’età, del sesso e dell’essere o meno in gravidanza o allattamento. In linea generale le donne, a causa delle perdite ematiche mensili con le mestruazioni, hanno più bisogno di ferro degli uomini. Uno studio inglese recente, che andrà comunque confermato, ha evidenziato come livelli leggermente più alti di ferro nel sangue rispetto alle raccomandazioni delle autorità sanitarie, tenderebbero a incidere positivamente sull’ipercolesterolemia.
Livelli troppo elevati, però, predispongono alla formazione di coaguli che possono essere importanti fattori di rischio per lo sviluppo di infarto del miocardio, ictus o trombosi. Perché però può succedere di trovarsi in una situazione di eccesso di ferro? «Il ferro è talmente importante per il corpo umano che in natura sono stati sviluppati solo meccanismi per farlo entrare nel corpo attraverso l’intestino, mentre l’uscita è limitata e non regolata, cioè è solo passiva, si perde ferro per esempio con le mestruazioni che altro non sono che emorragie mensili. – Chiarisce il professor Pietrangelo – Ecco perché se succede che si introduce troppo ferro per via orale (ad esempio con l’uso eccessivo di preparati a base di ferro) o parenterale (ad esempio attraverso trasfusioni prolungate), o se si è affetti da alcune malattie ereditarie che aumentano l’assorbimento del ferro o il suo rilascio da tessuti e globuli rossi, prima o poi quel ferro nel sangue si accumulerà nei tessuti e li potrà danneggiare».
Chi dunque si trova a fare i conti con un eccesso di ferro nel sangue, come può riportare i livelli nella norma? Risponde concludendo l’esperto: «Non esistono meccanismi fisiologici per regolare in modo attivo l’uscita del ferro dal corpo. Per abbassare i livelli eccessivi di ferro nel sangue esistono alcuni farmaci oppure si può ricorrere al salasso, una sorta di donazione di sangue terapeutica per eliminare l’eccesso di ferro nei tessuti; sono in fase di sperimentazione clinica molecole in grado di influenzare l’assorbimento intestinale del ferro».