Il benessere mentale è particolarmente importante per i pazienti andati incontro a un evento cardiaco, perché si ripercuote sul successo della riabilitazone. Chi soffre di depressione, ansia e disturbi dell’umore, infatti, ha maggiori probabilità di abbandonare i programmi di riabilitazione cardiaca.
Lo dice uno studio che ha analizzato i dati di quasi seimila pazienti inviati a programmi di riabilitazione cardiaca dal 2006 al 2017 in due ospedali di Sydney in Australia. Circa il 18% dei partecipanti era depresso, il 28% ansioso e il 13% stressato, con sintomi da moderati a estremamente gravi. L’analisi, pubblicata sulla rivista della Società Europea di Cardiologia, European Journal of Preventive Cardiology, in occasione della Giornata mondiale di salute mentale, ha mostrato che rispetto a quelli con sintomi assenti o lievi, i pazienti con sintomi moderati avevano una probabilità significativamente maggiore di interrompere la riabilitazione cardiaca: nel caso di depressione nel 24% dei casi (contro il 13% degli altri), di ansia nel 32% dei casi (contro il 23% degli altri) e di stress nel 18% (contro il 10% degli altri).
«I malati di cuore che vivono con la depressione hanno maggiori probabilità di sentirsi scoraggiati e senza speranza e ciò riduce la loro capacità di gestire i loro sintomi» ha detto la responsabile del lavoro Angela Rao dell’University of Technology Sydney. Ma, inoltre, «possono minimizzare i successi ed esagerare i fallimenti, riducendo così la motivazione a fare esercizio fisico e a terminare il programma di riabilitazione cardiaca». L’ansia può portare alla paura di un nuovo attacco e quindi alla sedentarietà, ma anche compromettere la capacità di trattenere nuove informazioni magari utili alla messa in atto di importanti cambiamenti comportamentali. Oltre a sottostimare le proprie capacità, come ad esempio quella di allenarsi su un tapis roulant. La riabilitazione del paziente cardiologico è importantissima: nel nostro paese non la fa neppure il 50% dei pazienti, eppure il cardiologo che non invia il paziente alla riabilitazione lo sta esponendo a un rischio di morte e riospedalizzazione aumentato sino al 30-40%.
Per questo, è l’appello degli autori del lavoro, in questi pazienti andrebbero monitorati i sintomi di ansia e depressione sia al momento di inizio della riabilitazione che durante il programma, al fino di migliorare l’aderenza. Inoltre, commentano, mai escludere la necessità di un «supporto psicologico per la salute». Sotto forma di strategie aggiuntive, come capacità di gestione dello stress, terapie comportamentali e meditazione.