Diversi tumori sono in grado di «fare resistenza» ai farmaci che i medici utilizzano per combatterli. Ora un gruppo di ricercatori dell’Istituto Europeo di Oncologia (Ieo) ha scoperto i meccanismi con cui il cancro riesce a sfuggire al Sunitinib, una molecola utilizzata principalmente per trattare il tumore del rene.
Lo studio è stato appena pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Clinical Investigations. La ricerca è stata coordinata da Saverio Minucci, direttore del Programma di Nuovi Farmaci dell’Ieo. È allo stadio pre-clinico: significa che in futuro andrà estesa per una conferma anche sui pazienti, anche se «dall’analisi di un gruppo pilota di pazienti i risultati sembrano essere confermati».
Il problema di farmaci anti-tumorali come il Sunitinib, spiega Minucci, «è che spesso funzionano bene all’inizio del trattamento, ma nel tempo il tumore sviluppa meccanismi di resistenza. Per questo la ricerca dei farmaci biologici deve sicuramente cercare nuove molecole, ma anche trovare il modo di disinnescare il fenomeno della resistenza, per ottenere il massimo di efficacia dai farmaci di cui già disponiamo».
Nel loro studio i ricercatori hanno scoperto che un altro farmaco anti-cancro, Everolimus, è in grado di neutralizzare questi meccanismi di resistenza: «Si apre quindi la prospettiva concreta di utilizzare i due farmaci in associazione - commenta Minucci - inoltre, lo studio ci conferma che la ricerca nei farmaci anti-cancro del futuro combinerà vari approcci: l’immunoterapia, per risvegliare la risposta del sistema immune contro il tumore; la target therapy, per colpire i bersagli chiave delle cellule tumorali; i farmaci anti-resistenza, per mantenere nel tempo l’efficacia del trattamento.
Impossibile oggi pensare ad un’unica pillola anticancro: sarebbe una pillola magica, e la magia in scienza non esiste».
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