Il cervello che dorme è una macchina in gran fermento. Di notte, infatti, si consolidano le nostre memorie e, attraverso la creazione e il rafforzamento di nuove connessioni neurali stabili, viene sistematizzato quanto abbiamo appreso durante il giorno. Ma il sonno ci fornisce anche preziose indicazioni sulle capacità del nostro cervello. Ne sono convinti gli scienziati che si stanno concentrando sull’attività cerebrale che avviene nel passaggio dalla fase 1 al sonno più profondo, lo stadio 2. Si tratta di treni di scariche elettriche chiamate «fusi del sonno», dalla forma che assume il tracciato dell’elettroencefalogramma. I fusi sono oscillazioni talamo-corticali che variano in durata e in intensità e giocano un ruolo fondamentale nella plasticità cerebrale e nel consolidamento notturno.
L’idea è che gli schemi elettrici del cervello che dorme potrebbero essere degli indicatori fisiologici di un certo tipo di intelligenza, quella legata alla capacità di ragionamento e di risoluzione dei problemi, facoltà cui un tempo ci si riferiva con il termine «intelligenza fluida».
Scoprire se le cose stanno per davvero così è stato l’obiettivo del professor Martin Dresler del Max Planck Institute of Psychiatry a Monaco in Germania che ha presentato il suo lavoro al decimo congresso FENS Forum of Neuroscienze, il più grande meeting dedicato alle neuroscienze in suolo europeo, tenutosi a Copenaghen.
Le persone il cui tracciato elettrico mostra un maggior numero di fusi del sonno sono più intelligenti? Detto in altre parole, possiamo considerare i fusi dei marcatori biologici delle funzioni cognitive e del quoziente intellettivo?
«Era stato difficile trarre conclusioni, in parte anche a causa del ridotto numero di soggetti reclutati negli studi fin qui condotti sull’argomento» ha spiegato il neuroscienziato Dresler, che ha invece analizzato le attivazioni cerebrali di ben 160 adulti, 72 donne e 88 uomini.
Dal confronto tra le prestazioni nei test di intelligenza somministrati ai soggetti e la loro attività elettrica cerebrale monitorata nel sonno, è emersa una correlazione positiva tra numero di fusi registrati nel sonno notturno e intelligenza, ma solo nelle donne e non negli uomini. Analoga associazione è però emersa anche negli uomini quando ad essere analizzato è stato il sonno pomeridiano, durante una pennichella di quasi un paio di ore. La differenza tra sonno notturno e quello diurno negli uomini potrebbe essere dovuta, ipotizzano gli autori, a ragioni ormonali.
«I nostri risultati dimostrano che l’associazione tra fusi del sonno e l’intelligenza è più complessa di quanto abbiamo ipotizzato fino ad ora» hanno affermato gli autori della ricerca. «Ci sono molti fattori coinvolti nelle capacità intellettuali e il sonno è solo uno di questi. Questo ampio studio condotto su uomini e donne ci fornisce un quadro più accurato per la prossima fase della nostra ricerca che coinvolgerà le differenze nei modelli di sonno individuali».
Secondo il neuroscienziato tedesco, i fusi possono indicare l’integrità della sostanza bianca, le fibre mieliniche che connettono le varie aree cerebrali di materia grigia e impegnate nell’elaborazione delle informazioni. Ed ecco che l’importanza delle conoscenze sui meccanismi legati fusi del sonno è evidente in caso di alcune patologie, come la schizofrenia e la depressione, dove un’alterazione dell’attività elettrica, con deficit di fusi del sonno, corrisponde ad una difficoltà di consolidazione notturna delle nuove memorie.
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