I numeri sono soprattutto una cosa da maschi? I pregiudizi che nutrono i genitori sulle differenti capacità cognitive tra maschi e femmine si trasmettono ai figli, soprattutto alle bambine, e fin dalla più tenera età influenzano la percezione delle loro stesse capacità. Con conseguenze di lungo termine.

«Lo stereotipo che le bambine sono meno portate dei bambini in matematica è privo di fondamento e smentito dai dati di ricerca, eppure continua a imporsi negativamente sulle bambine» spiega Carlo Tomasetto professore di Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione dell’Università di Bologna.

Tomasetto, uno dei primi a indagare l’effetto negativo di questi pregiudizi genitoriali sui bambini di sei anni, ha presentato i propri dati al convegno «Fin da Piccoli. Matematica e scienze fin dai primi anni di vita» lo scorso settembre a Trieste. Secondo lo studio pubblicato su Contemporary Educational Psychology, la percezione dei figli delle proprie abilità matematiche dipende, più che dalle valutazioni dell’insegnante, proprio da quanto pensano mamma e papà i quali vengono visti come “interpreti” di ciò che si sa o non si sa fare.

Inoltre - aggiunge lo psicologo - «se la mamma ritiene che in generale le femmine siano meno portate dei maschi per i numeri, la figlia si riterrà leggermente meno brava in matematica, indipendentemente dal giudizio reale della mamma sulle sue effettive capacità». Risultato: le bambine sottostimeranno se stesse e ciò si tradurrà a scuola in diverse prestazioni matematiche tra i due sessi.

Non è certo recente lo stereotipo relativo alle capacità conoscitive delle donne, «considerate più portate e capaci nella conoscenza competenziale del saper fare (“sapere come”), come cucinare o mandare avanti una famiglia, e disinteressate alla conoscenza proposizionale (“sapere cosa”), quella “alta”, “razionale” e oggettiva del sapere scientifico» spiega il professor Tomasetto.

Ma allora che fare? Primo: prestare attenzione ai messaggi. Nell’eterna diatriba tra impegno e talento, quest’ultimo viene privilegiato soprattutto nelle discipline matematiche (non esiste il “pallino” della letteratura o il “bernoccolo” della poesia).

«Ad essere qui decisiva è l’interpretazione di un successo: attribuirlo al genio o all’impegno fa un’enorme differenza. «Brava Lucia, ti sei impegnata» e «Bravo Luca, tu sei portato» sono messaggi radicalmente diversi da dare a chi ha superato brillantemente una prova scolastica (in caso di insuccesso, è Lucia che non ci arriva, mente Luca non si è impegnato abbastanza).

La bambina - dice il professore - penserà che, avendo già messo il massimo impegno, non potrà ottenere di più. Il maschio invece interiorizzerà sicurezza: grazie al talento potrà fare sempre meglio». Ciò pone la bambina in una condizione di svantaggio ancora prima di iniziare, gli studi essendo condotti nelle prime settimane della prima elementare.

A rivelarsi importante in una prospettiva di genere è anche la proverbiale ansia per i numeri che interessa un terzo degli adolescenti e correla con le prestazioni scolastiche. Per il professor Tomasetto, tra gli autori di un articolo ad essa dedicato appena pubblicato su Frontiers in Psycholoy, «l’ansia esercita la sua influenza molto più precocemente e i dati PISA mostrano che colpisce soprattutto le ragazze, anche quelle dagli ottimi risultati».

Una realtà non imputabile ai soli genitori: lo squilibrio di genere è evidente nel modo in cui la scienza è rappresentata in società e nei media. Anche nei libri di testo, dove lo scienziato è ancora per lo più maschio. E non aiuta certo la scarsità di figure di scienziate in cui identificarsi: «Da recenti studi americani emerge una correlazione significativa tra l’aver avuto insegnanti donne di materie scientifiche e la scelta delle ragazze di intraprendere una carriera in Scienza, tecnologia, ingegneria e matematica (STEM)».

Infine, una scarsa competenza numerica può avere ricadute pervasive e drammatiche sulla vita sociale ed economica delle persone: secondo l’Ocse, è associata a disoccupazione, basso reddito, minor salute e minor benessere economico. «È del resto noto – conclude il professor Tomasetto - che il divario di genere in matematica è minore proprio in quei Paesi nei quali le donne occupano davvero posizioni di leadership nella politica, nelle istituzioni, nell’attività economica e nelle professioni tecnico-scientifiche».


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