Mi piace immaginare la sessuologia come un’isola abbracciata dal mare con tanti ponti levatoi verso le altre discipline, di cui si nutre e a cui apporta grandi contributi.

La sessuologia è una scienza relativamente recente; è una branca della psicologia o della medicina.

Il sessuologo clinico è infatti uno psicologo, uno psicoterapeuta o un medico (regolarmente laureato nonché iscritto al proprio albo professionale) che ha conseguito un perfezionamento di circa quattro o cinque anni, a seconda della scuola di specializzazione in sessuologia clinica che ha scelto di frequentare.

Chi sposa la cura dell’amore, solitamente, viene rapito dalla passione per la cura e rimane felicemente intrappolato in quel labirinto sempre nuovo che è la sessualità coniugata alla psiche e al corpo, e non smette più di studiare e di approfondire i temi che ha scelto di trattare. Così, i dieci anni che necessitano per poter curare davvero un paziente o una coppia, diventano un tempo infinito che accompagna il clinico durante la sua vita insieme a quella dei suoi pazienti.

La sessuologia è quella disciplina che studia gli aspetti biologici, medici, psicologici, pedagogici, culturali e sociali della sessualità. E il sessuologo clinico è lo studioso che si occupa di sessuologia. Può scegliere in funzione delle proprie inclinazioni di dedicarsi all’insegnamento o alla ricerca, alla divulgazione scientifica o alla cura, alla formazione e informazione mediante corsi di educazione affettiva e sessuale.

La sessuologia moderna ha avuto inizio nel 1948 con la compilazione del primo rapporto Kinsey sul comportamento sessuale. Questi studi pionieristici hanno sensibilizzato l’opinione pubblica e la medicina, e hanno fatto si che la sessualità diventasse finalmente oggetto di studio.

Molti studiosi iniziarono ad occuparsi di piacere oltre che di dolore, e a capire che l’assenza di piacere nella vita e nella coppia era causa e anche conseguenza di molti disagi psico-corporei e relazionali.

Lo studio di un sessuologo clinico

Di sessualità, anzi di sesso, si parla spesso, ovunque. Sulle riviste modaliole, in televisione, online, sui social, con tutti i linguaggi possibili: iper scientifici che non arrivano al cuore di chi ha davvero bisogno ma creano confusione e distacco, per arrivare a un linguaggio sin troppo amicale o scurrile che crea più imbarazzo che alleanza terapeutica.

Nonostante ciò e nonostante il dilagare di disfunzioni sessuali, anche giovanili, di separazioni e di sofferenze del cuore e del corpo, varcare la porta dello studio del sessuologo rimane ancora molto difficile.

Gli uomini, nonostante abbiano una sessualità visibile e quantizzabile, cercano in tutti i modi di mistificare il disagio sessuale e di rimandare il più possibile la richiesta d’aiuto. Provano imbarazzo, vergogna, preferiscono curarsi da soli in autogestione terapeutica, pur consci di non risolvere assolutamente nulla e di andare incontro a rischi per la loro salute. Le donne, il ministro degli esteri del rapporto di coppia, con pazienza e strategie amorose, riescono solitamente a portare i loro uomini in consultazione. Le donne sono coloro che si fanno carico del disagio della coppia e della famiglia, che cercano il professionista più formato, che si documentano, e che spesso vanno in avanscoperta per cercare di trovare una soluzione per salvare il loro legame d’amore e la loro famiglia.

Un discorso a parte deve essere fatto per il paziente giovane e ansioso. Il paziente giovane e psicogeno - la cui disfunzione sessuale non ha una causa organica - giunge in consultazione molto provato e demotivato. Ha effettuato tanti pellegrinaggi diagnostici e di cura: è passato da un medico a un altro, da una terapia farmacologica a un’altra, senza fermarsi a riflettere sul significato del sintomo sessuale.

Il paziente è stato spesso liquidato con la famigerata e ridondante frase: “Lei non ha niente. È solo una questione di testa”.

Frase che, se da un lato dovrebbe rassicurare il paziente sull’assenza di una spina irritativa organica del suo disagio sessuale, dall’altro lo fa sprofondare in un baratro di disperazione facendolo sentire un malato grave. Cronico.

Con questa frase liquidatoria il paziente psicogeno viene lasciato a un destino di incognita e di ansia, che nutre e peggiora la sua ansia pregressa.

Nel caso di un uomo la diagnosi dovrebbe essere sempre andro-sessuologica: analizzare in maniera congiunta psiche, corpo e coppia. Lo stesso modus operandi dovrebbe essere attuato per la paziente donna e per la coppia infelice, infertile, conflittuale o collerica.

Dagli alibi sessuali alla cura

La sessuologia si occupa anche di relazioni immobili, infelici o turbolente. Molti partner rimangono intrappolati all’interno di un legame estinto o in fase di estinzione, già naufragato da tempo, il cui preludio è stato costellato da tutta una serie di sintomi psicosomatici e sessuali, di cui la coppia ha ignorato l’esistenza.

A un certo punto della loro vita insieme succede l’irreparabile: un sintomo che peggiora, un tradimento o un abbandono. Soltanto dopo la coppia si mette realmente in cammino. Si rivolge a un sessuologo clinico e cerca di arginare il processo separativo.

I partner travolti e trafitti dal dolore decidono di non trascorrere più nessuna delle loro giornate nelle tenebre, una settimana senza progetto, una notte senza amore, una vacanza senza vacanza. Non vogliono più abitare una casa senza desiderio.

Richiedono una prima consulenza che può rimanere tale o diventare percorso di cura. Nel caso di una coppia in consultazione, e poi in terapia, si ascoltano entrambi: prima in maniera congiunta e dopo in maniera disgiunta, rassicurandoli che nessuna notizia dell’uno passerà all’altro e viceversa. In un ulteriore colloquio si valutano unitamente ai pazienti i costi e benefici del percorso da intraprendere. Il sessuologo clinico stabilisce quale potrebbe essere il percorso terapeutico più adatto all’unicità della loro coppia e della loro sofferenza, spiegando loro, passo dopo passo, l’emozione di un cammino di cura, con la segreta speranza di poter ricucire gli strappi creati dal silenzio e dal tempo trascorso senza prendere coscienza del disagio provato.

La prima consulenza sessuologica - talvolta composta da più incontri - è il luogo dell’ascolto e del progetto.

Nel caso del paziente single è utile per affrontare problematiche riguardanti la sessualità, l’affettività, la genitorialità o il rapporto con le figure genitoriali, e tanto altro. In ogni caso durante le consulenze sessuologiche si tende a fare chiarezza, per stabilire poi se è il caso di intervenire in seguito con un percorso più profondo.

La consulenza psico-sessuologica riguarda vari temi come l’età evolutiva, lo sviluppo sessuale e le ansie genitoriali. L’educazione affettiva e sessuale. La disamina dei rapporti interpersonali e di coppia; con uno sguardo alle influenze genitoriali e alla nuova coppia. I problemi della coppia infertile, con le inevitabili ricadute a cascata dell’infertilità sulla sessualità, e delle disfunzioni sessuali sulla fertilità.

I problemi relativi all’identità sessuale, il transessualismo, le coppie omosessuali. La sessualità durante le varie fasi della vita: dall’adolescenza alla sessualità negli anziani. La sessualità e l’affettività durante la gravidanza, il dopo parto, quando la coppia diventa famiglia. Le problematiche relative all’interruzione di gravidanza, o a una gravidanza giovanile.

Un distinguo importante va effettuato tra la consulenza e la terapia. Il counseling psico-sessuologico può essere effettuato anche da uno psicologo che ha effettuato una parziale formazione in sessuologia clinica (due anni), la terapia sessuologica, quindi quel percorso di cura volto alla cura delle disfunzioni sessuali, del corpo e della psiche del paziente, deve essere effettuato esclusivamente da un sessuologo clinico.

Lo studio, l’accoglienza, la privacy, i dati sensibili e la ricevuta sanitaria

Una delle domande che un lettore o un paziente mi pone durante la prima telefonata è relativa all’organizzazione dello studio. Il paziente impaurito e che prova vergogna nel dover chiedere aiuto a un sessuologo clinico, si informa sulla possibilità o meno di incontrare altri pazienti. Gli studi di chi svolge il mio lavoro sono solitamente strutturati in modo da evitare che un paziente ne incontri un altro. Sono studi con una doppia porta, sprovvisti di sala d’attesa, e la privacy diventa l’elemento centrale dell’organizzazione dello studio.

Un altro elemento determinante per tutelare la privacy del paziente e la presenza o meno di segretarie. Molti di noi, per scelta, decidono di non avere nessun intermediario tra il paziente e il protocollo di cura. Anche le ricevute sanitarie vengono emesse dal professionista al fine di evitare che i dati sensibili dei pazienti possono essere sbirciate da occhi indiscreti. A tal proposito esiste la possibilità da parte dei professionisti che operano nel settore sanitario di tutelare ulteriormente i dati del paziente o della coppia. Esiste infatti un timbro all’opposizione mediante il quale i dati non verranno comunicati all’agenzia delle entrate. Il paziente paga l’onorario al professionista e il professionista si fa carico di proteggere i suoi dati mettendo sulla fattura il timbro all’opposizione. Quindi nel caso in cui la dichiarazione del redditi dovesse essere effettuata da un parente, da uno zio o da un amico di famiglia, si può stabilire se far vedere o meno il percorso sessuologico effettuato.

Un’altra domanda che mi viene posta e quanto durerà un’eventuale terapia, quanto tempo ci vorrà per risolvere questa o quella disfunzione sessuale, il trauma del tradimento o quell’abbandono, quel disagio o quel lutto. La prognosi, che si tratti di terapia individuale o di coppia, dipende sempre dalla diagnosi. La diagnosi è quel momento, anzi più di uno, d’ascolto profondo, di raccolta anamnestica, di integrazione delle varie visite mediche nel caso in cui fossero indispensabili, per poter dare un volto e un nome al disagio sessuale. Fatto ciò, si inizierà a lavorare nel rispetto dei tempi interni di ogni paziente, nel rispetto dei meccanismi di difesa della psiche, dei valori e della sua struttura di personalità. La fretta in questo caso non aiuta la reale e profonda risoluzione delle problematiche.

Il sessuologo prima del legale. Dalla prevenzione alla promozione.

In assenza di sintomi, riconciliare erotismo e quotidianità. «La stabilità amorosa è la tomba del sesso». Frase talmente ridondante da far parte dei luoghi comuni sulla sessualità. Come se tutte le relazioni monogame conducessero inevitabilmente alla morte della passione, al calo del desiderio, alla noia, al tradimento, all’abbandono. E come se la sicurezza amorosa si dovesse obbligatoriamente pagare in svalutazione erotica.

Anche in questi casi il sessuologo clinico aiuta le coppie a non precipitare nel baratro dei luoghi comuni, nel precipizio della scontatezza amorosa e sessuale.

Il lavoro sul desiderio e sulla qualità di vita della coppia è un lavoro di prevenzione e di promozione del benessere amoroso e sessuale. Non si può forzare il desiderio, non lo si può nemmeno prescrivere (per fortuna), ma si può creare con la coppia e per la coppia quell’atmosfera in cui il desiderio può sbocciare. Imparano a tagliare i rami secchi della comunicazione e a concimare il legame d’amore. Le carezze verbali della terapia aiutano la coppia ad ascoltarsi, a baciarsi ancora, a guardarsi negli occhi, per un reindirizzamento dell’eros coniugale.

Nel lavoro sessuologico l’immaginario e le fantasie erotiche forniscono una fonte inesauribile di informazioni sulla vita interiore del paziente e sulle dinamiche relazionali della sua coppia. La sessuologia si occupa anche della disamina dell’immaginario, e di quanto questi possa essere d’ausilio o di intoppo per una sana e vibrante vita amorosa. La sessualità non è un fare ma un essere; occuparsi esclusivamente e meramente dell’aspetto genitalico e meramente corporeo è altamente miope e riduttivo.

La terapia sessuologica rappresenta un grande abbraccio. Un luogo all’interno del quale la coppia non si percepisce inquisita, giudicata, additata o sbagliata. Le sedute rappresentano un luogo da abitare con empatia, affetto, cura e profondo rispetto. Il legame che si viene a creare con il sessuologo clinico è un legame saldo e profondo, che dura a lungo, anche a fine percorso. Il terapeuta rimane in equilibrio all’interno del triangolo lavorativo, senza farsi triangolare o manipolare dall’uno o dall’altro partner. L’obiettivo è sempre e soltanto il benessere e la cura della coppia, non la ricerca del colpevole. Lo scopo finale è quello di mettere ordine all’interno di quel guazzabuglio di ingredienti psichici che la coppia porta in terapia, a restituire loro gli strumenti per una navigazione condivisa.

Dalla paura del giudizio alle terapie dell’amore

Effettuare una caccia alle streghe, cercare obbligatoriamente il colpevole del disagio affettivo e sessuale è un tipo di percorso miope che non porta a nessuna possibile ricostruzione. Lamentarsi inoltre della noia sessuale, del calo del desiderio e delle più svariate disfunzioni sessuali o disagi del cuore è facile e convenzionale. Rivolgersi ai professionisti deputati alla cura della sessualità, risolvere le problematiche sessuali, coltivare l’erotismo tra le lenzuola è un atto di dichiarato coraggio.

In una coppia, anche maltratta dalla vita, c’è sempre qualcosa da scoprire. Il sessuologo li guida come un tour operator in quei luoghi interni in cui la coppia non si è ancora recata, alla ricerca di quel tesoro nascosto, di qualcosa dell’altro che può fare ancora scattare la scintilla prima che sia troppo tardi.

In quel viaggio chiamato ascolto, a volte le cose più importanti dei pazienti si vedono con le orecchie e con il cuore.

Le parole che curano, che accarezzano e che ascoltano rappresentano la possibilità di ricucire quello che si è frantumato. La tristezza che inonda il cuore e il corpo può senza dubbio essere trasformata in un meraviglioso nuovo inizio. Per pazienti single e per coppie.

*Valeria Randone è psicologa, specialista in sessuologia clinica, a Catania e Roma. www.valeriarandone.it

Mi piace immaginare la sessuologia come un’isola abbracciata dal mare con tanti ponti levatoi verso le altre discipline, di cui si nutre e a cui apporta grandi contributi.

La sessuologia è una scienza relativamente recente; è una branca della psicologia o della medicina.

Il sessuologo clinico è infatti uno psicologo, uno psicoterapeuta o un medico (regolarmente laureato nonché iscritto al proprio albo professionale) che ha conseguito un perfezionamento di circa quattro o cinque anni, a seconda della scuola di specializzazione in sessuologia clinica che ha scelto di frequentare.

Chi sposa la cura dell’amore, solitamente, viene rapito dalla passione per la cura e rimane felicemente intrappolato in quel labirinto sempre nuovo che è la sessualità coniugata alla psiche e al corpo, e non smette più di studiare e di approfondire i temi che ha scelto di trattare. Così, i dieci anni che necessitano per poter curare davvero un paziente o una coppia, diventano un tempo infinito che accompagna il clinico durante la sua vita insieme a quella dei suoi pazienti.

La sessuologia è quella disciplina che studia gli aspetti biologici, medici, psicologici, pedagogici, culturali e sociali della sessualità. E il sessuologo clinico è lo studioso che si occupa di sessuologia. Può scegliere in funzione delle proprie inclinazioni di dedicarsi all’insegnamento o alla ricerca, alla divulgazione scientifica o alla cura, alla formazione e informazione mediante corsi di educazione affettiva e sessuale.

La sessuologia moderna ha avuto inizio nel 1948 con la compilazione del primo rapporto Kinsey sul comportamento sessuale. Questi studi pionieristici hanno sensibilizzato l’opinione pubblica e la medicina, e hanno fatto si che la sessualità diventasse finalmente oggetto di studio.

Molti studiosi iniziarono ad occuparsi di piacere oltre che di dolore, e a capire che l’assenza di piacere nella vita e nella coppia era causa e anche conseguenza di molti disagi psico-corporei e relazionali.

Lo studio di un sessuologo clinico

Di sessualità, anzi di sesso, si parla spesso, ovunque. Sulle riviste modaliole, in televisione, online, sui social, con tutti i linguaggi possibili: iper scientifici che non arrivano al cuore di chi ha davvero bisogno ma creano confusione e distacco, per arrivare a un linguaggio sin troppo amicale o scurrile che crea più imbarazzo che alleanza terapeutica.

Nonostante ciò e nonostante il dilagare di disfunzioni sessuali, anche giovanili, di separazioni e di sofferenze del cuore e del corpo, varcare la porta dello studio del sessuologo rimane ancora molto difficile.

Gli uomini, nonostante abbiano una sessualità visibile e quantizzabile, cercano in tutti i modi di mistificare il disagio sessuale e di rimandare il più possibile la richiesta d’aiuto. Provano imbarazzo, vergogna, preferiscono curarsi da soli in autogestione terapeutica, pur consci di non risolvere assolutamente nulla e di andare incontro a rischi per la loro salute. Le donne, il ministro degli esteri del rapporto di coppia, con pazienza e strategie amorose, riescono solitamente a portare i loro uomini in consultazione. Le donne sono coloro che si fanno carico del disagio della coppia e della famiglia, che cercano il professionista più formato, che si documentano, e che spesso vanno in avanscoperta per cercare di trovare una soluzione per salvare il loro legame d’amore e la loro famiglia.

Un discorso a parte deve essere fatto per il paziente giovane e ansioso. Il paziente giovane e psicogeno - la cui disfunzione sessuale non ha una causa organica - giunge in consultazione molto provato e demotivato. Ha effettuato tanti pellegrinaggi diagnostici e di cura: è passato da un medico a un altro, da una terapia farmacologica a un’altra, senza fermarsi a riflettere sul significato del sintomo sessuale.

Il paziente è stato spesso liquidato con la famigerata e ridondante frase: “Lei non ha niente. È solo una questione di testa”.

Frase che, se da un lato dovrebbe rassicurare il paziente sull’assenza di una spina irritativa organica del suo disagio sessuale, dall’altro lo fa sprofondare in un baratro di disperazione facendolo sentire un malato grave. Cronico.

Con questa frase liquidatoria il paziente psicogeno viene lasciato a un destino di incognita e di ansia, che nutre e peggiora la sua ansia pregressa.

Nel caso di un uomo la diagnosi dovrebbe essere sempre andro-sessuologica: analizzare in maniera congiunta psiche, corpo e coppia. Lo stesso modus operandi dovrebbe essere attuato per la paziente donna e per la coppia infelice, infertile, conflittuale o collerica.

Dagli alibi sessuali alla cura

La sessuologia si occupa anche di relazioni immobili, infelici o turbolente. Molti partner rimangono intrappolati all’interno di un legame estinto o in fase di estinzione, già naufragato da tempo, il cui preludio è stato costellato da tutta una serie di sintomi psicosomatici e sessuali, di cui la coppia ha ignorato l’esistenza.

A un certo punto della loro vita insieme succede l’irreparabile: un sintomo che peggiora, un tradimento o un abbandono. Soltanto dopo la coppia si mette realmente in cammino. Si rivolge a un sessuologo clinico e cerca di arginare il processo separativo.

I partner travolti e trafitti dal dolore decidono di non trascorrere più nessuna delle loro giornate nelle tenebre, una settimana senza progetto, una notte senza amore, una vacanza senza vacanza. Non vogliono più abitare una casa senza desiderio.

Richiedono una prima consulenza che può rimanere tale o diventare percorso di cura. Nel caso di una coppia in consultazione, e poi in terapia, si ascoltano entrambi: prima in maniera congiunta e dopo in maniera disgiunta, rassicurandoli che nessuna notizia dell’uno passerà all’altro e viceversa. In un ulteriore colloquio si valutano unitamente ai pazienti i costi e benefici del percorso da intraprendere. Il sessuologo clinico stabilisce quale potrebbe essere il percorso terapeutico più adatto all’unicità della loro coppia e della loro sofferenza, spiegando loro, passo dopo passo, l’emozione di un cammino di cura, con la segreta speranza di poter ricucire gli strappi creati dal silenzio e dal tempo trascorso senza prendere coscienza del disagio provato.

La prima consulenza sessuologica - talvolta composta da più incontri - è il luogo dell’ascolto e del progetto.

Nel caso del paziente single è utile per affrontare problematiche riguardanti la sessualità, l’affettività, la genitorialità o il rapporto con le figure genitoriali, e tanto altro. In ogni caso durante le consulenze sessuologiche si tende a fare chiarezza, per stabilire poi se è il caso di intervenire in seguito con un percorso più profondo.

La consulenza psico-sessuologica riguarda vari temi come l’età evolutiva, lo sviluppo sessuale e le ansie genitoriali. L’educazione affettiva e sessuale. La disamina dei rapporti interpersonali e di coppia; con uno sguardo alle influenze genitoriali e alla nuova coppia. I problemi della coppia infertile, con le inevitabili ricadute a cascata dell’infertilità sulla sessualità, e delle disfunzioni sessuali sulla fertilità.

I problemi relativi all’identità sessuale, il transessualismo, le coppie omosessuali. La sessualità durante le varie fasi della vita: dall’adolescenza alla sessualità negli anziani. La sessualità e l’affettività durante la gravidanza, il dopo parto, quando la coppia diventa famiglia. Le problematiche relative all’interruzione di gravidanza, o a una gravidanza giovanile.

Un distinguo importante va effettuato tra la consulenza e la terapia. Il counseling psico-sessuologico può essere effettuato anche da uno psicologo che ha effettuato una parziale formazione in sessuologia clinica (due anni), la terapia sessuologica, quindi quel percorso di cura volto alla cura delle disfunzioni sessuali, del corpo e della psiche del paziente, deve essere effettuato esclusivamente da un sessuologo clinico.

Lo studio, l’accoglienza, la privacy, i dati sensibili e la ricevuta sanitaria

Una delle domande che un lettore o un paziente mi pone durante la prima telefonata è relativa all’organizzazione dello studio. Il paziente impaurito e che prova vergogna nel dover chiedere aiuto a un sessuologo clinico, si informa sulla possibilità o meno di incontrare altri pazienti. Gli studi di chi svolge il mio lavoro sono solitamente strutturati in modo da evitare che un paziente ne incontri un altro. Sono studi con una doppia porta, sprovvisti di sala d’attesa, e la privacy diventa l’elemento centrale dell’organizzazione dello studio.

Un altro elemento determinante per tutelare la privacy del paziente e la presenza o meno di segretarie. Molti di noi, per scelta, decidono di non avere nessun intermediario tra il paziente e il protocollo di cura. Anche le ricevute sanitarie vengono emesse dal professionista al fine di evitare che i dati sensibili dei pazienti possono essere sbirciate da occhi indiscreti. A tal proposito esiste la possibilità da parte dei professionisti che operano nel settore sanitario di tutelare ulteriormente i dati del paziente o della coppia. Esiste infatti un timbro all’opposizione mediante il quale i dati non verranno comunicati all’agenzia delle entrate. Il paziente paga l’onorario al professionista e il professionista si fa carico di proteggere i suoi dati mettendo sulla fattura il timbro all’opposizione. Quindi nel caso in cui la dichiarazione del redditi dovesse essere effettuata da un parente, da uno zio o da un amico di famiglia, si può stabilire se far vedere o meno il percorso sessuologico effettuato.

Un’altra domanda che mi viene posta e quanto durerà un’eventuale terapia, quanto tempo ci vorrà per risolvere questa o quella disfunzione sessuale, il trauma del tradimento o quell’abbandono, quel disagio o quel lutto. La prognosi, che si tratti di terapia individuale o di coppia, dipende sempre dalla diagnosi. La diagnosi è quel momento, anzi più di uno, d’ascolto profondo, di raccolta anamnestica, di integrazione delle varie visite mediche nel caso in cui fossero indispensabili, per poter dare un volto e un nome al disagio sessuale. Fatto ciò, si inizierà a lavorare nel rispetto dei tempi interni di ogni paziente, nel rispetto dei meccanismi di difesa della psiche, dei valori e della sua struttura di personalità. La fretta in questo caso non aiuta la reale e profonda risoluzione delle problematiche.

Il sessuologo prima del legale. Dalla prevenzione alla promozione.

In assenza di sintomi, riconciliare erotismo e quotidianità. «La stabilità amorosa è la tomba del sesso». Frase talmente ridondante da far parte dei luoghi comuni sulla sessualità. Come se tutte le relazioni monogame conducessero inevitabilmente alla morte della passione, al calo del desiderio, alla noia, al tradimento, all’abbandono. E come se la sicurezza amorosa si dovesse obbligatoriamente pagare in svalutazione erotica.

Anche in questi casi il sessuologo clinico aiuta le coppie a non precipitare nel baratro dei luoghi comuni, nel precipizio della scontatezza amorosa e sessuale.

Il lavoro sul desiderio e sulla qualità di vita della coppia è un lavoro di prevenzione e di promozione del benessere amoroso e sessuale. Non si può forzare il desiderio, non lo si può nemmeno prescrivere (per fortuna), ma si può creare con la coppia e per la coppia quell’atmosfera in cui il desiderio può sbocciare. Imparano a tagliare i rami secchi della comunicazione e a concimare il legame d’amore. Le carezze verbali della terapia aiutano la coppia ad ascoltarsi, a baciarsi ancora, a guardarsi negli occhi, per un reindirizzamento dell’eros coniugale.

Nel lavoro sessuologico l’immaginario e le fantasie erotiche forniscono una fonte inesauribile di informazioni sulla vita interiore del paziente e sulle dinamiche relazionali della sua coppia. La sessuologia si occupa anche della disamina dell’immaginario, e di quanto questi possa essere d’ausilio o di intoppo per una sana e vibrante vita amorosa. La sessualità non è un fare ma un essere; occuparsi esclusivamente e meramente dell’aspetto genitalico e meramente corporeo è altamente miope e riduttivo.

La terapia sessuologica rappresenta un grande abbraccio. Un luogo all’interno del quale la coppia non si percepisce inquisita, giudicata, additata o sbagliata. Le sedute rappresentano un luogo da abitare con empatia, affetto, cura e profondo rispetto. Il legame che si viene a creare con il sessuologo clinico è un legame saldo e profondo, che dura a lungo, anche a fine percorso. Il terapeuta rimane in equilibrio all’interno del triangolo lavorativo, senza farsi triangolare o manipolare dall’uno o dall’altro partner. L’obiettivo è sempre e soltanto il benessere e la cura della coppia, non la ricerca del colpevole. Lo scopo finale è quello di mettere ordine all’interno di quel guazzabuglio di ingredienti psichici che la coppia porta in terapia, a restituire loro gli strumenti per una navigazione condivisa.

Dalla paura del giudizio alle terapie dell’amore

Effettuare una caccia alle streghe, cercare obbligatoriamente il colpevole del disagio affettivo e sessuale è un tipo di percorso miope che non porta a nessuna possibile ricostruzione. Lamentarsi inoltre della noia sessuale, del calo del desiderio e delle più svariate disfunzioni sessuali o disagi del cuore è facile e convenzionale. Rivolgersi ai professionisti deputati alla cura della sessualità, risolvere le problematiche sessuali, coltivare l’erotismo tra le lenzuola è un atto di dichiarato coraggio.

In una coppia, anche maltratta dalla vita, c’è sempre qualcosa da scoprire. Il sessuologo li guida come un tour operator in quei luoghi interni in cui la coppia non si è ancora recata, alla ricerca di quel tesoro nascosto, di qualcosa dell’altro che può fare ancora scattare la scintilla prima che sia troppo tardi.

In quel viaggio chiamato ascolto, a volte le cose più importanti dei pazienti si vedono con le orecchie e con il cuore.

Le parole che curano, che accarezzano e che ascoltano rappresentano la possibilità di ricucire quello che si è frantumato. La tristezza che inonda il cuore e il corpo può senza dubbio essere trasformata in un meraviglioso nuovo inizio. Per pazienti single e per coppie.

*Valeria Randone è psicologa, specialista in sessuologia clinica, a Catania e Roma. www.valeriarandone.it