Più o meno dal momento esatto in cui si scopre lo stato interessante ci si chiede quale sarà il giorno fatidico della nascita. Come si fa per stabilire la data del parto?
Si parla di data presunta del parto poiché è praticamente impossibile definire con esattezza il momento della fecondazione, ed ecco perché, dalla comunità scientifica, si è accettato di affidare la datazione della gravidanza a un parametro più preciso e più facilmente definibile, ovvero il primo giorno dell’ultima mestruazione.
Seguendo quindi la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) la durata della gestazione è misurata a partire dal primo giorno dell’ultima mestruazione normale. L’età gestazionale viene espressa in giorni completi o settimane complete. La data presunta del parto, di conseguenza si calcola, a partire dal primo giorno dell’ultima mestruazione, aggiungendo 280 giorni ovvero 40 settimane, con una tolleranza in più o in meno di 15 giorni.
Alla data presunta si arriva anche applicando una semplice regola, chiamata regola di Naegele: si aggiungono sette giorni e si sottraggono tre mesi alla data dell’ultima mestruazione. La data presunta è corretta sempre che la donna abbia cicli mestruali regolari o comunque non più lunghi di 35 giorni. In ogni caso al di là dei calcoli, si effettua la datazione durante la prima ecografia, quindi in genere intorno alla decima-dodicesima settimana di gestazione. In questa occasione la misurazione di alcuni parametri fetali permette, oppure no, di confermare la data presunta del feto in base a quello che è lo sviluppo effettivo e reale del feto, in quella precisa finestra temporale.
Se si supera la data presunta
Dati statistici alla mano, al 30% delle gestanti capita di andare oltre la data presunta del parto, cioè oltre le 40 settimane. Tale fenomeno riconosce diverse cause. Innanzitutto vi è una certa familiarità: le donne con parenti strette che hanno partorito oltre il termine hanno più probabilità di partorire anche loro oltre il termine. Sempre statisticamente, le donne che hanno cicli mestruali irregolari o molto distanziati fra di loro hanno più probabilità di sforare i tempi previsti. Le donne che trovano la gravidanza entro tre mesi dalla sospensione della pillola anticoncezionale o che rimangono in stato interessante in allattamento, hanno più probabilità di andare oltre le 40 settimane a causa di variazioni ormonali dipendenti dall’assunzione della pillola o dall’allattamento. In ogni caso al di là delle cause possibili, quando si arriva alla fine delle 41 settimane e tre giorni si procede a indurre il travaglio e quindi il parto.
Come gestire l’ansia?
Ogni donna lo sa bene: più si avvicina la data fatidica del parto, più aumentano l’ansia e la preoccupazione che tutto vada per il meglio e soprattutto non si vede l’ora di stringere a sé il proprio bambino. Quando si va oltre i tempi previsti gestire l’ansia può diventare un vero e proprio problema come conferma Anna Maria Paoletti Professore ordinario di ginecologia e ostetricia all’Università degli Studi di Cagliari, membro del consiglio direttivo della SIGO (Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia).
«L’ansia può essere migliorata in considerazione degli accertamenti che sono stati effettuati nel corso della gravidanza: primo tra tutti quello della datazione ecografica precoce, nel corso del primo trimestre di gravidanza e di tutti gli altri accertamenti che sono stati effettuati tra cui esclusione o cura del diabete gestazionale, valutazione del benessere fetale e materno. Molto utili sono i corsi di preparazione alla nascita dove professionisti esperti, anche nel campo della psicologia e non solo della ostetricia, riescono a dare specifiche informazioni sulla gravidanza, sul parto, sul puerperio, sull’allattamento. La consapevolezza che la gravidanza ha una fisiologica evoluzione tranquillizza la futura mamma e anche i suoi familiari che spesso sono più ansiosi della stessa mamma. Arrivati, tuttavia , a 41 settimane più uno o tre giorni (sempre in base alla datazione ecografica precoce), è necessario indurre le contrazioni uterine per evitare complicanze sulla salute materno-fetale».