Tra gli adulti, l’infezione non è una novità. Di tetano, in Italia, muoiono almeno venti persone ogni anno: quasi tutte over 55, non vaccinate (o comunque non adeguatamente coperte con le dosi di richiamo, da effettuare ogni dieci anni) perché la profilassi è prevista per tutti i nuovi nati a partire dal 1963 (per i militari dal 1938).
Ma mai negli ultimi tre decenni s’era ammalato un bambino, lungo la Penisola: com’è invece accaduto a Oristano. Dal momento che per la malattia esiste un vaccino, la deduzione è pressoché scontata: il nuovo caso di tetano è la conseguenza di una mancata immunizzazione.
Il vaccino contro il tetano è uno dei dodici per cui è stato richiesto l’obbligo. La somministrazione avviene in quattro dosi: dal terzo mese al sesto anno di vita, nella formula esavalente che protegge anche dalla difterite, dalla pertosse e dalle infezioni da poliovirus, epatite B e Haemophilus influenzae b.
Infezione impossibile da eradicare
Il tetano, a differenza delle altre malattie infettive, non è trasmissibile da uomo a uomo. Ciò vanifica il contributo dell’eventuale immunità di gregge, di cui negli ultimi giorni s’è molto parlato a riguardo del morbillo. In questo caso, come puntualizza l’Istituto Superiore di Sanità, «il raggiungimento di coperture vaccinali elevate non consente di ottenere un effetto di protezione indiretta di popolazione».
Di conseguenza, nonostante oggi risulti vaccinato più del 95 per cento dei bambini entro i due anni di età, «ogni individuo non adeguatamente protetto è potenzialmente a rischio di contrarre questa infezione». A ciò occorre aggiungere che le spore prodotte dal batterio responsabile della malattia, il Clostridum Tetani, consentono al patogeno di rimanere in vita anche in condizioni di assenza d’ossigeno. Questa peculiarità rende di fatto l’infezione impossibile da eradicare.
Come riconoscere la malattia?
Il tetano, come detto, è oggi diffusa soprattutto tra gli anziani. Fatta la premessa sulla vaccinazione, c’è in realtà un’altra ragione che porta a considerare gli adulti dei soggetti più a rischio, rispetto a bambini e ragazzi. Come dimostrato anche da una ricerca italiana pubblicata nel 2014 su «The Lancet», oltre alle ferite con materiale arrugginito, il batterio può introdursi nel corpo umano attraverso le piaghe da decubito.
Per riconoscere la malattia, dal momento che la diagnosi è clinica, occorre saper riconoscere i segni: contrazioni muscolari diffuse a partire dal capo, tremori, rigidità del collo e difficoltà di deglutizione. Ma c’è un riscontro che porta i clinici più esperti a riconoscere il tetano. Si tratta del trisma, ovvero la contrazione del muscolo massetere (uno dei quattro che consentono la masticazione) che obbliga ad assumere una risata fissa, definita sardonica. In questo caso la tempestività fa la differenza, perché contribuisce a prevenire l’insorgenza delle complicanze della malattia (infezioni delle vie respiratorie, urinarie, sepsi, embolia).
Isolamento non necessario
Non trattandosi di una malattia contagiosa, non è necessario porre il paziente in isolamento. Per intervenire dopo l’infezione, si può ricorrere anche all’immunizzazione passiva. La somministrazione di anticorpi specifici in grado di neutralizzare il patogeno, abbinata alla pulizia della ferita e alla terapia antibiotica, è quel che serve per evitare che la tossina possa attaccare le cellule nervose. La procedura, come da prassi, sarebbe stata suggerita anche ai familiari del giovane paziente ricoverato a Oristano, che l’avrebbero però rifiutata.
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