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Prima uno speciale trapianto di polmone, preceduto dalla rigenerazione dell’organo: colpito da una embolia polmonare. Poi l’escissione della milza per lasciare posto a un rene nuovo di zecca: un intervento necessario a salvare la vita a una bambina di sei anni, che fino a pochi giorni fa non aveva mai fatto pipì nella sua vita. Nelle ultime settimane la chirurgia dei trapianti piemontese è finita su tutti i giornali: italiani, ma non solo. Merito dei due interventi, oltre che di una qualità complessiva elevata.

IL PRIMATO NAZIONALE DEL PIEMONTE

La chiusura dell’anno ha rappresentato l’occasione per fare il punto sull’attività trapiantologica nel territorio regionale. Oltre che con le due punte di eccellenza indicate, il 2016 si sta per chiudere con un altro primato per il Piemonte, tornato a essere capofila in Italia: sia per le donazioni sia per i trapianti. I dati relativi alle donazioni hanno evidenziato un incremento rispetto al 2015, riportando la regione su valori medi al di sopra della media nazionale. «L’incremento ci ha permesso di arrivare al 30 novembre con un numero di trapianti (340, ndr) superiore a quelli effettuati nel 2015 (298, ndr) - afferma Antonio Amoroso, ordinario di genetica medica all’Università di Torino e direttore del Centro Regionale Trapianti -. Grazie a questo incremento, pari al 25 per cento in più rispetto al 2015, il numero di pazienti in attesa di trapianto non è aumentato, per la prima volta rispetto all’ultimo periodo». Al termine del mese scorso, in Piemonte, erano stati effettuati 174 trapianti di rene, 124 di fegato, 21 di cuore, 21 di polmone e due di pancreas. Numeri rilevanti, che potrebbero risultare però ancora più confortanti se si riuscisse a ridurre il numero delle opposizioni.

MA NOVEMILA PERSONE SONO ANCORA IN LISTA DI ATTESA

L’ incremento è dovuto innanzitutto a una maggiore sensibilizzazione sul tema, che come risultato sta producendo un aumento degli organi disponibili in buone condizioni. Nel 2015, lungo tutta la Penisola, sono stati 3317 gli italiani sottopostisi al trapianto di un organo. Rispettivamente 67 e 228 in più rispetto ai due anni precedenti. Nonostante ciò, però, al 31 dicembre i pazienti inseriti in lista di attesa erano ancora 9070: 6765 per un rene, 1072 per un fegato, 731 per un cuore e 383 per un polmone. Anche questo dato risulta in ascesa rispetto al passato e spiega perché, nonostante l’aumento di donazioni, la richiesta complessiva è lontana dall’essere soddisfatta. Gli esperti insistono: occorre aumentare il numero di organi disponibili. Come? Alzando sempre di più l’asticella dell’età dei donatori e valutando l’estensione della donazione da vivente, già attiva da quindici anni per i reni e il fegato. Ma a fare la differenza è la sensibilizzazione della popolazione generale. L’impatto delle campagne di comunicazione è crescente: non ultima quella lanciata dal Ministero della Salute e dal Centro Nazionale Trapianti (LINK: www.diamoilmegliodinoi.it). Di fronte al tema della donazione, però, sono ancora in troppi a storcere il naso.

COME UN TRAPIANTO SALVA LA VITA

Tutto ciò nonostante gli esperti si affannino a ribadire che il trapianto rimane la miglior cura per l’insufficienza terminale d’organo. «Rispetto alle terapie alternative e al supporto artificiale rappresenta un salvavita e determina una migliore sopravvivenza del paziente: come si vede soprattutto dai trapianti di cuore e di fegato colpito da epatite», conferma Andrea De Gasperi, direttore del dipartimento dei trapianti dell’ospedale Niguarda di Milano. Una migliore condizione clinica favorisce una migliore qualità di vita. E, in molti casi, un ritorno all’attività lavorativa. Il Centro Nazionale Trapianti stima che l’89,9 per cento dei pazienti italiani sottoposti a trapianto di cuore, il 78 per cento dei trapiantati di fegato e l’89 per cento dei trapiantati di rene lavora o è nelle condizioni di farlo.

COME SI ENTRA NELLA LISTA DEI DONATORI?

I donatori sono persone di qualunque età che muoiono a causa di una lesione irreversibile al cervello (emorragia, trauma cranico, aneurisma) o di un prolungato arresto cardiaco (accertato tramite elettrocardiogramma per almeno venti minuti). La qualità dei tessuti viene valutata prima di procedere al prelievo, che può riguardare tutti gli organi prelevabili (vige il divieto per cervello e testicoli). Per donare un organo è necessario aver compilato in vita la dichiarazione di volontà, con cui un cittadino dichiara per iscritto la volontà di donare i suoi organi (alla morte). Diverse le alternative. Si può compilare - su fac-simile scaricabile anche in rete o su carta bianca - una nota scritta contenente il nome, il cognome, la data di nascita, la dichiarazione di volontà (positiva o negativa), la data e la firma. Il documento deve essere consegnato all’Azienda Sanitaria Locale, al proprio medico di famiglia o portato sempre con sé. In alternativa è sufficiente aver compilato il tesserino blu inviato dal Ministero della Sanità nel maggio del 2000 o essere iscritti al Registro dell’Associazione Italiana Donatori Organi (occorre avere almeno 18 anni). Da qualche tempo è possibile comunicare la propria volontà anche agli uffici anagrafe dei Comuni, in fase di richiesta o rinnovo della carta d’identità. Per i minorenni sono sempre i genitori a decidere. Il prelievo non può essere effettuato se uno dei due è contrario.

Twitter @fabioditodaro

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