I progressi registrati nella cura del tumore al seno, complessivamente, equivalgono ai passi di un gigante. La sopravvivenza delle donne a cui viene diagnosticata questa malattia continua ad aumentare. Ma c’è una categoria di pazienti le cui prospettive, se paragonate a quelle che riguardano le quasi 53mila donne che ogni anno sviluppano un tumore al seno, risultano divergenti. Le signore entrate nella terza età non fanno registrare gli stessi progressi che s’osservano in tutte le altre pazienti, anche perché lo screening mammografico coperto dal Servizio Sanitario Nazionale non va oltre il 69mo anno di età e rende dunque molte diagnosi tardive.
TRATTAMENTI SU MISURA PER L’ANZIANA CON TUMORE AL SENO
Il problema è stato al centro di un congresso tenutosi nei giorni scorsi a Campi Bisenzio (Firenze). Se complessivamente la sopravvivenza a cinque anni sfiora il 90 per cento, simili progressi non riguardano le pazienti over 70. Un aspetto spesso sottovalutato, ma che riguarda ogni anno 17mila donne: soltanto in Italia. A limitare le prospettive di cure è in primis il trattamento inadeguato. Le pazienti anziane risultano meno curate, come conferma lo studio «European Registration of Cancer Care» che nel 2015 aveva valutato i dati relativi a quasi centoventimila pazienti con più di settanta anni curate per un carcinoma non metastatico in sei Paesi (Belgio, Irlanda, Olanda, Portogallo, Polonia e Gran Bretagna).
I risultati avevano evidenziato in luce la tendenza a non operare donne anziane, mentre la scelta relativa alle terapie farmacologiche risultava variare a seconda dello stadio della malattia e del Paese di residenza. A questo aspetto, occorre aggiungere il ridotto numero di studi clinici che vengono effettuati su campioni analoghi. Di conseguenza le donne anziane ricevono gli stessi trattamenti di quelle più giovani, senza che si tenga conto delle possibili differenze nella risposta: anche in ragione di eventuali altre terapie sostenute contemporaneamente.
«Non possiamo più affrontare la diagnosi e il trattamento del tumore della mammella nello stesso modo in tutte le pazienti - spiega Laura Biganzoli, responsabile del programma di oncologia geriatrica dell’unità operativa di oncologia medica dell’ospedale di Prato - Istituto Toscano dei Tumori -. Considerando l’eterogeneità del tumore, occorre pensare alla personalizzazione della cura».
CASI IN AUMENTO SE SI VIVE PIÙ A LUNGO
L’interesse nei confronti del tema va valutato anche da un’altra prospettiva. L’invecchiamento della popolazione è progressivo e le stime dicono che nel 2050 gli italiani con più di 65 anni corrisponderanno almeno al 36 per cento della popolazione. Così, se da un lato c’è da celebrare lo stile di vita che ci fa vivere più a lungo e in salute, è necessario valutare pure il rovescio della medaglia. Tradotto: considerando che l’età rappresenta il principale fattore di rischio di tumore della mammella, «e assumendo che l’incidenza di questo tumore continui a rimanere costante, assisteremo a una crescita esponenziale del numero di donne sopra i 70 anni a cui viene diagnosticata la malattia», prosegue la specialista.
Gli esperti sono risultati d’accordo su un punto: per aumentare l’evidenza dei trattamenti, è fondamentale promuovere studi clinici condotti nella donna anziana e abbattere l’età come criterio di esclusione dalle sperimentazioni condotte nella popolazione generale. Le pazienti anziane vanno trattate in maniera specifica, come peraltro scritto già nel 2012 nelle raccomandazioni pubblicate sulla rivista «The Lancet Oncology» . L’età, oggi, non può più essere un ostacolo nella cura del tumore al seno.
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