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Il 15 febbraio, in tutti i Paesi, si è celebrata la Giornata mondiale contro i tumori infantili. Tra le malattie non trasmissibili, il cancro rappresenta la principale causa di morte nei bambini. A livello mondiale, i nuovi casi l'anno sono più di trecentomila, anche se la stima è considerata difettosa, dal momento che in molti Paesi non esiste un registro specifico per le malattie oncologiche pediatriche.

In Italia, ogni anno, si ammalano di tumore poco più di duemila tra bambini (0-14 anni) e adolescenti (15-19). Nel nostro Paese però i tassi di guarigione sono cresciuti in maniera significativa, negli ultimi quarant'anni. Provando a fare una media tra le diverse malattie che possono colpire i più piccoli, oggi i tassi di sopravvivenza sono compresi tra l'80 e il 90 per cento. Ben più grave è invece l'impatto dei tumori pediatrici nei Paesi in via di sviluppo, dove il ritardo diagnostico e la ridotta disponibilità terapeutica fanno sì che i numeri risultino letteralmente ribaltati: con l'80-90 per cento dei piccoli pazienti che non riescono a superare la malattia.

Bambini e adolescenti ancora poco considerati

La situazione italiana è dunque ben più rosea di quella che si registra in altre aree del mondo. Oggi nel nostro Paese sono stati fatti enormi passi avanti, tanto che le percentuali di guarigione per vari tumori raggiungono l'80-90 per cento (erano pari al dieci per cento fino a 40 anni fa). Ma per migliorare ulteriormente occorre sviluppare nuovi farmaci che siano sperimentati e testati sulla popolazione pediatrica, per garantire una maggiore efficacia ed un'azione più mirata. Il problema, però, è che le aziende farmaceutiche non sviluppano tali sperimentazioni. Ancora più delicata è la situazione degli adolescenti, che non possono essere considerati né bambini né adulti.

«Stiamo parlando di pazienti speciali, con bisogni specifici, oltre che complessi», dichiara Giuseppe Maria Milano, che lavora nell’unità operativa di oncoematologia pediatrica e medicina trasfusionale dell'ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. Gli adolescenti non dovrebbero mai sottovalutare sintomi persistenti, per la paura di affrontare il sospetto della malattia. «Il ritardo diagnostico può avere come conseguenze il peggioramento della malattia e un significativo impatto sulle probabilità di guarigione», aggiunge l'esperto.

Le esigenze dei più grandi

Gli adolescenti, come detto, rappresentano una categoria di mezzo tra i bambini e gli adulti. È ormai abbastanza diffusa la consapevolezza che i loro bisogni meritino di essere considerati come unici. A partire dal reparto in cui devono essere curati, che non deve essere quello degli adulti: perché le terapie sono diverse e psicologicamente per un ragazzo è più difficile affrontare la malattia, condividendo la stanza con una persona anziana. Per fortuna, però, la percentuale di adolescenti malati di tumore curati nei centri di oncoematologia pediatrica è in crescita. Uno studio pubblicato pochi mesi fa sul «Journal of Adolescent and Young Adult Oncology» ha infatti svelato come si sia passati dal 10 per cento dei pazienti (1989-2006) al 28 per cento (2007-2012). Fino al 37 per cento del periodo più recente (2013-2017).

«Uno degli aspetti cruciali che riguarda gli adolescenti è quello dell’accesso alle cure e dell’arruolamento nei protocolli clinici - afferma Marco Zecca, direttore dell’unità operativa complessa di oncoematologia pediatrica del Policlinico San Matteo di Pavia e presidente dell'Aieop -. L’età di mezzo dell’adolescenza rischia di rimanere in una terra di nessuno tra il mondo dell’oncologia pediatrica e quello dell’oncologia medica dell’adulto. A dispetto dell’ottimizzazione dei percorsi di cura in atto con successo nel mondo dell'oncologia pediatrica per i pazienti di età inferiore ai 15 anni, gli adolescenti rischiano di non ricevere le terapie migliori o di riceverle in ritardo, con conseguenze sulle loro possibilità di guarigione. Per questo, a parità di diagnosi, un adolescente ha minori probabilità di guarigione di un bambino».

Sempre più centri pronti ad accogliere gli adolescenti

Lo studio, oltre a dimostrare come sia migliorato sensibilmente l’accesso alle cure dei pazienti in età adolescenziale, ha evidenziato anche un altro dato interessante. Attualmente soltanto una minoranza di centri Aieop pone restrizioni all’ammissione di minori di 18 anni. Al punto che i limiti di età, prima considerati una barriera insormontabile, sembrano essere oggi un problema in gran parte superato. Inoltre, mentre fino a pochi anni fa esistevano in Italia solo due progetti dedicati agli adolescenti, esistono ben 19 centri Aieop che, partendo dal modello delle due strutture pilota (Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e Centro di Riferimento Oncologico di Aviano), hanno sviluppato un programma specifico per gli adolescenti.

Twitter @fabioditodaro

Il 15 febbraio, in tutti i Paesi, si è celebrata la Giornata mondiale contro i tumori infantili. Tra le malattie non trasmissibili, il cancro rappresenta la principale causa di morte nei bambini. A livello mondiale, i nuovi casi l'anno sono più di trecentomila, anche se la stima è considerata difettosa, dal momento che in molti Paesi non esiste un registro specifico per le malattie oncologiche pediatriche.

In Italia, ogni anno, si ammalano di tumore poco più di duemila tra bambini (0-14 anni) e adolescenti (15-19). Nel nostro Paese però i tassi di guarigione sono cresciuti in maniera significativa, negli ultimi quarant'anni. Provando a fare una media tra le diverse malattie che possono colpire i più piccoli, oggi i tassi di sopravvivenza sono compresi tra l'80 e il 90 per cento. Ben più grave è invece l'impatto dei tumori pediatrici nei Paesi in via di sviluppo, dove il ritardo diagnostico e la ridotta disponibilità terapeutica fanno sì che i numeri risultino letteralmente ribaltati: con l'80-90 per cento dei piccoli pazienti che non riescono a superare la malattia.

Bambini e adolescenti ancora poco considerati

La situazione italiana è dunque ben più rosea di quella che si registra in altre aree del mondo. Oggi nel nostro Paese sono stati fatti enormi passi avanti, tanto che le percentuali di guarigione per vari tumori raggiungono l'80-90 per cento (erano pari al dieci per cento fino a 40 anni fa). Ma per migliorare ulteriormente occorre sviluppare nuovi farmaci che siano sperimentati e testati sulla popolazione pediatrica, per garantire una maggiore efficacia ed un'azione più mirata. Il problema, però, è che le aziende farmaceutiche non sviluppano tali sperimentazioni. Ancora più delicata è la situazione degli adolescenti, che non possono essere considerati né bambini né adulti.

«Stiamo parlando di pazienti speciali, con bisogni specifici, oltre che complessi», dichiara Giuseppe Maria Milano, che lavora nell’unità operativa di oncoematologia pediatrica e medicina trasfusionale dell'ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. Gli adolescenti non dovrebbero mai sottovalutare sintomi persistenti, per la paura di affrontare il sospetto della malattia. «Il ritardo diagnostico può avere come conseguenze il peggioramento della malattia e un significativo impatto sulle probabilità di guarigione», aggiunge l'esperto.

Le esigenze dei più grandi

Gli adolescenti, come detto, rappresentano una categoria di mezzo tra i bambini e gli adulti. È ormai abbastanza diffusa la consapevolezza che i loro bisogni meritino di essere considerati come unici. A partire dal reparto in cui devono essere curati, che non deve essere quello degli adulti: perché le terapie sono diverse e psicologicamente per un ragazzo è più difficile affrontare la malattia, condividendo la stanza con una persona anziana. Per fortuna, però, la percentuale di adolescenti malati di tumore curati nei centri di oncoematologia pediatrica è in crescita. Uno studio pubblicato pochi mesi fa sul «Journal of Adolescent and Young Adult Oncology» ha infatti svelato come si sia passati dal 10 per cento dei pazienti (1989-2006) al 28 per cento (2007-2012). Fino al 37 per cento del periodo più recente (2013-2017).

«Uno degli aspetti cruciali che riguarda gli adolescenti è quello dell’accesso alle cure e dell’arruolamento nei protocolli clinici - afferma Marco Zecca, direttore dell’unità operativa complessa di oncoematologia pediatrica del Policlinico San Matteo di Pavia e presidente dell'Aieop -. L’età di mezzo dell’adolescenza rischia di rimanere in una terra di nessuno tra il mondo dell’oncologia pediatrica e quello dell’oncologia medica dell’adulto. A dispetto dell’ottimizzazione dei percorsi di cura in atto con successo nel mondo dell'oncologia pediatrica per i pazienti di età inferiore ai 15 anni, gli adolescenti rischiano di non ricevere le terapie migliori o di riceverle in ritardo, con conseguenze sulle loro possibilità di guarigione. Per questo, a parità di diagnosi, un adolescente ha minori probabilità di guarigione di un bambino».

Sempre più centri pronti ad accogliere gli adolescenti

Lo studio, oltre a dimostrare come sia migliorato sensibilmente l’accesso alle cure dei pazienti in età adolescenziale, ha evidenziato anche un altro dato interessante. Attualmente soltanto una minoranza di centri Aieop pone restrizioni all’ammissione di minori di 18 anni. Al punto che i limiti di età, prima considerati una barriera insormontabile, sembrano essere oggi un problema in gran parte superato. Inoltre, mentre fino a pochi anni fa esistevano in Italia solo due progetti dedicati agli adolescenti, esistono ben 19 centri Aieop che, partendo dal modello delle due strutture pilota (Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e Centro di Riferimento Oncologico di Aviano), hanno sviluppato un programma specifico per gli adolescenti.

Twitter @fabioditodaro