A ciascuno il suo carattere!
Le particolarità morfologiche, fisiologiche o mentali di ogni essere vivente sono caratterizzate da due fattori: il patrimonio genetico avuto in eredità dai genitori e il fattore ambientale. Il primo stabilisce i presunti “caratteri ereditari” cioè tutte le caratteristiche che delineano una determinata specie; il secondo i diversi caratteri che differenziano gli individui della stessa specie come, ad esempio, il colore degli occhi e il gruppo sanguigno. La trasmissione dei caratteri ereditari riflette perfettamente le leggi formulate, verso la fine del XIX secolo, da Gregor Mendel. La conclusione a cui giunse Mendel fu che il patrimonio genetico di ogni essere vivente, ossia il suo “genotipo”, - si legge su l’enciclopedia Treccani - è composto dalla successione di coppie di elementi, detti “geni”, che l’individuo riceve dai genitori al momento della fecondazione tramite le cellule seminali. Ogni coppia di geni stabilisce funzioni e proprietà di un dato organo (ad esempio il colore degli occhi) mentre ogni gene della coppia è responsabile della manifestazione di un carattere specifico (ad esempio il colore azzurro degli occhi).
L’insieme dei caratteri mostrati dall’individuo, ossia il suo “fenotipo”, è il risultato della “competizione” che si stabilisce in ogni coppia tra i due geni preposti alla medesima funzione. Quando una coppia contiene due geni identici l’individuo manifesta il carattere trasmesso da entrambi i geni. Se, invece, sono presenti geni contrapposti, l’individuo manifesta solo il carattere del cosiddetto “gene dominate”. L’azione del secondo gene, detto recessivo, risulta, dunque, mascherata. Un carattere recessivo, quindi, si determina solo negli individui in possesso di un genotipo recessivo puro, manifestandosi, in genere, con minor frequenza rispetto al corrispondente carattere dominate. Due genitori del fenotipo dominante possono creare figli che hanno, viceversa, il carattere recessivo. Secondo Fiorella Rustici, ricercatrice nel campo delle meccaniche mentali, i fattori che determinano il tipo di mente genetica che ciascuno di noi riceve sono tre: il contenuto dei ricordi diretti dei nostri genitori che includono la registrazione di come questi ultimi hanno reagito all’ambiente in cui hanno vissuto per tutta la vita; la composizione della loro mente genetica e, infine, le emozioni che hanno provato durante l’atto sessuale nel concepimento.
Quest’ultimo aspetto – ha spiegato la Rustici - può destare qualche perplessità, benché sia un evento fortemente determinante per definire quali tipi di memorie genetiche andranno a formare la parte cellulare e quella mentale dell’embrione, ossia il bagaglio mentale che vivrà con noi fino alla nostra morte, esattamente come il DNA. Alcuni fattori, però, ostacolano la verifica diretta delle leggi di Mendel come il fenomeno della dominanza incompleta o la presenza di caratteri determinati da un numero di geni maggiore di due. Questo si verifica, ad esempio, nel gruppo sanguigno dell’uomo che può presentare i fenotipi A, B, AB o 0 e che viene determinato da tre geni distinti definiti rapporti di dominanza o condominanza. Come si sul dire: “a ciascuno il carattere che si merita”.