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Alcuni ricercatori della Columbia University hanno accidentalmente scoperto come una cura per l'artrite possa essere anche un valido rimedio per l'alopecia e la perdita dei capelli. Quando Angela Christiano, professoressa di dermatologia molecolare alla Columbia, iniziò a perdere i capelli, gli specialisti le dissero che non c'era nulla che avrebbero potuto fare. Quel giorno, nel 1996, decise di curarsi da sola. Christiano e il suo team iniziarono a testare l'efficacia degli inibitori JAK per la calvizie riscontrando passi in avanti piuttosto significativi. Si tratta di una classe di chinasi utilizzata nella cura di malattie autoimmuni come l'artrite reumatoide.

La scoperta, spiega la dottoressa Christiano alla rivista Elle, è nata quasi per caso dopo il riscontro positivo in alcuni pazienti che utilizzavano Xeljanz e Ruxolitinib, due farmaci usati rispettivamente per artrite e mielofibrosi. Oggi lo staff della Columbia sta testando il farmaco in laboratorio per studiarne gli effetti su calvizie maschile, alopecia e perfino sull'alopecia cicatriziale, fino ad ora ritenuta incurabile. Gli esperimenti, condotti sui alcuni topi, hanno evidenziato risultati migliori sulle cavie a cui i JAK venivano somministrati in gel, ma anche per via orale gli inibitori possono “frenare” le cellule immunitarie, attivando il ciclo del cuoio capelluto. Una volta approvato dalla Food and Drug Administration, il farmaco potrà essere venduto over the counter su prescrizione medica.

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