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Insalatone, panini, toast, insalate di pasta: sono queste alcune delle pietanze consumate più di frequente durante la pausa pranzo. Piatti veloci e all’apparenza leggeri, ma che possono nascondere eccessive quantità di sale, per via degli ingredienti e dei condimenti usati nella preparazione. Un aspetto che gli esperti dell’Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica (Adi) hanno voluto portare alla luce nella settimana mondiale dedicata alla riduzione del consumo di sale.

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Quando il sale...non si fa «trovare»

Quest’anno i nutrizionisti italiani - assieme ai colleghi aderenti alla Società Italiana di Nutrizione Umana (Sinu), che per l’occasione ha lanciato sul suo sito un questionario di autovalutazione dei consumi - si sono voluti concentrare sul momento della pausa pranzo, perché in chi è solito viverla lontano da casa è diffusa l’idea di non cadere mai in eccesso.

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Risposta non sempre esatta, dal momento che «anche se nascosto, il sale è uno degli ingredienti a cui fare più attenzione e quello più difficile da eliminare», afferma Antonio Caretto, responsabile dell’unità di dietologia e nutrizione clinica dell’ospedale Perrino di Brindisi e presidente dell’Adi.

Il discorso riguarda anche i piatti più di frequente consumati da chi pasteggia in maniera frugale: insalate, toast, panini, piatti di pasta fredda. Formaggi stagionati e carni conservate (per le paste), condimenti sott’olio e salse (per le insalate), acciughe, tonno e olive (per panini e insalate) sono alimenti che incrementano il consumo quotidiano di sodio, che per controllare il rischio di sviluppare l’ipertensione non dovrebbe essere superiore a due grammi al giorno. Ovvero cinque di sale da cucina, che è composto da sodio e cloro.

Le indicazioni per una pausa pranzo meno salata

Per far fronte alla scarsa consapevolezza della naturale presenza del sale negli alimenti, gli esperti dell’Adi hanno redatto un decalogo di consigli rivolti a tutti i lavoratori abituati a trascorrere la pausa pranzo in ufficio o al bar, in compagnia dei colleghi. Con loro ci si raccomanda di «richiedere pane a basso contenuto di sale», «non eccedere con salsa di soia, ketchup o senape», «aggiungere meno sale durante la cottura della pasta e comunque sempre all’inizio dell’ebollizione», «preferire le erbe aromatiche, il limone o le spezie per insaporire i piatti, piuttosto che il sale», «evitare di aggiungere il sale a piatti unici già composti» e «preferire frutta e yogurt per gli spuntini».

Troppo sale sulla tavola degli italiani

Un consumo eccessivo di sale determina aumento della pressione arteriosa, con conseguente aumento del rischio di insorgenza di gravi malattie dell’apparato cardiovascolare correlate all’ipertensione arteriosa (infarto del miocardio e ictus cerebrale). Ma in realtà le conseguenze per la salute non finiscono qui, se l’eccessiva sapidità in cucina è associata anche ad altre malattie: quali i tumori dell’apparato digerente (stomaco), l’osteoporosi e la malattia renale cronica.

Gli italiani sono ancora lontani dal raggiungere le indicazioni fissate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per limitare il consumo di sale e ridurre l’incidenza dell’ipertensione. Gli uomini ne consumano oltre il doppio del limite giornaliero raccomandato (10,6 grammi contro 5) e le donne poco meno (8,2 grammi). Solo il cinque per cento dei signori e il 15 per cento delle signore si mantiene sotto i limiti. Anche le persone ipertese mangiano troppo salato (10,1 grammi gli uomini e 8,1 grammi le donne), così come i bambini tra i 6 e 18 anni, con 7,4 grammi al giorno tra i ragazzi e 6,7 tra le ragazze.

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