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Stop al rischio di continuare a giocare dopo una commozione cerebrale con rischi potenzialmente devastanti. E stop anche agli imbrogli in nome della "concussion", perché le regole giustamente sempre più a tutela dei giocatori possono prestarsi anche a inganni nel tentativo di sfruttare un atleta al posto di un altro per rafforzare la squadra magari nei momenti concitati della fase finale dei match.
Ecco dall'Australia un test dal risultato certo, "obiettivo", per evitare danni gravi agli atleti impegnati in sport di contatto come rugby, football americano, boxe e hockey su ghiaccio. Ma non mancano casi nel calcio o nel basket. E' la cosiddetta "concussion" ovvero commozione cerebrale causata da traumi alla testa. E' un tema centrale in questi sport, tornato a galla anche sabato scorso nell'ultimo turno dei Sei Nazioni di rugby durante la partita tra Francia e Galles a Parigi.

I francesi hanno chiesto di sostituire un pilone, un giocatore della mischia, sostenendo, attraverso il medico della squadra, che aveva subìto una concussion. E anche in mancanza di certezze sull'episodio che avrebbe causato questo trauma, l'arbitro non ha potuto far altro che concedere la sostituzione, adesso oggetto di un'indagine perchè i gallesi (sconfitti) hanno presentato un ricorso ipotizzando un imbroglio. Per la cronaca, il giocatore negli spogliatoi non ha superato il test (in gran parte "soggettivo") divenuto obbligatorio in queste circostanze. In altre occasioni è invece accaduto che giocatori che avevano evidentemente patito un contatto rischioso siano stati lasciati in campo oppure che non siano stati tenuti sufficientemente a riposo prima di tornare a giocare. C'è poi la questione - enorme - delle assicurazioni e dei risarcimenti, questione che ad esempio nel football Usa ha portato a casi, e cause in tribunale, che hanno portato alla riscrittura di contratti milionari.

Senza dimenticare che questo test nato in ambito sportivo verrà utilizzato anche al di fuori di esso per traumi dovuti, ad esempio, a incidenti stradali o sul lavoro.

Adesso gli scienziati australiani hanno infatti sviluppato un test "obiettivo" per diagnosticare la concussion, problema che down'under riguarda gli altri due sport ancora più popolari del rugby a 15 come quello del Sei Nazioni: si tratta del Rugby League o rugby a 13 e dell'Australian Football League o Aussie Rules.

Finora il rischio è stato quasi impossibile da diagnosticare obiettivamente, poiché i test correnti si affidano principalmente alle risposte dei pazienti, che spesso sono reticenti per non perdere la possibilità di giocare ancora. Il nuovo esame degli occhi, messo a punto dopo dieci anni di ricerche dalla School of Medical Research dell'Australian National University in Canberra, può individuare i sintomi diretti della concussione semplicemente misurando minuscoli cambiamenti nella risposta della pupilla alla luce. Il sistema visivo di una persona è particolarmente vulnerabile agli impatti della concussione, essendo connesso con circa metà dei circuiti cerebrali, spiega la responsabile del progetto, la neuroscienziata Rachel Jaros sul sito dell'ateneo.

Il test può essere completato in pochi minuti, assicurando risultati immediati. "I pazienti guardano uno schermo da cui verrà una serie di stimoli luminosi. Non saranno necessariamente consapevoli di tali stimoli, mentre due cineprese misurano la risposta della pupilla", spiega Jaros. In base a tali risultati, i medici potranno determinare se un paziente ha subito una lesione cerebrale come la concussione.

I medici sportivi hanno lamentato finora che i test correnti, spesso condotti sul campo o negli spogliatoi, dipendono troppo dalle risposte del paziente a cui viene chiesto come si sente, e da test di memoria (sequenze di parole o numeri) e di equilibrio, come stare in piedi su una sola gamba o camminare lungo una linea diritta. E li hanno paragonati ai vecchi test di sobrietà per gli automobilisti prima dell'avvento dell'etilometro.

Potenzialmente i risultati possono essere determinati da come il paziente si sente, o se vuole davvero essere diagnosticato con concussione o no - osserva David Hughes, direttore medico di quel santuario supremo della ricerca che è l'Australian Institute of Sport.

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