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Negli ultimi anni dei tumori della tiroide s’è parlato spesso come di un’epidemia, le cui cause risultavano difficili da spiegare anche per gli specialisti. Ma in realtà la maggior parte dei casi scoperti nei Paesi ad alto reddito dal 1980 a oggi sarebbero il frutto di un eccesso diagnostico, legato alla diffusione dell’ecografia, della tac e della risonanza magnetica nelle procedure di identificazione della malattia.

È quanto si evince da un articolo pubblicato sul «New England Journal of Medicine» da un gruppo di ricercatori dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (Iarc) e del Centro di Riferimento Oncologico di Aviano. «Fino al 90 per cento dei tumori tiroidei identificati negli ultimi trent’anni potrebbero essere il frutto di un eccesso diagnostico», commenta Salvatore Vaccarella, epidemiologo dello Iarc e prima firma della pubblicazione.

DIAGNOSI «ECCESSIVA» PER OLTRE MEZZO MILIONE DI PERSONE

La notizia può essere letta come una piccola iniezione di ottimismo. Il messaggio permette di affermare che molti dei tumori alla tiroide scoperti e curati non avrebbero in realtà quasi mai condizionato la vita dei pazienti né provocato sintomi in grado di minare lo stato di salute. I progressi nel campo dell’imaging avrebbero portato alla rilevazione di un gran numero di tumori indolenti e quasi mai letali, a detta degli scienziati riscontrabili nelle persone sane di ogni età. I ricercatori sono arrivati a queste conclusioni dopo aver analizzato i dati tratti dai registri tumori dell’istituto di Lione e riferiti ai casi di neoplasie della tiroide diagnosticate in dodici Paesi: oltre che in Italia, in Australia, Danimarca, Inghilterra, Finlandia, Francia, Giappone, Norvegia, Corea del Sud, Scozia, Svezia e Stati Uniti.

La quota di casi rientranti nel paradosso della sovradiagnosi ammonterebbe a quasi otto su dieci nel nostro Paese: come in Australia, Francia e Stati Uniti. Percentuali inferiori sono state riscontrate in Giappone, Inghilterra, Scozia e Paesi scandinavi. In valore assoluto, si stima che nei dodici Paesi passati in rassegna più di 470mila donne e novantamila uomini possano aver ricevuto una diagnosi oncologica «eccessiva». In tutti questi casi si era cioè di fronte a un tumore la cui progressione poteva essere controllata nel tempo, senza richiedere trattamenti: quasi sempre chirurgici, in molti casi seguiti poi dalla radioterapia.

IL PARADOSSO DELLA COREA DEL SUD

Secondo gli esperti, la sovradiagnosi è dunque la causa principale dell’aumento dei casi di tumori tiroidei riscontrato negli ultimi tre decenni. I Paesi più colpiti da questo fenomeno, secondo Vaccarella, «sono stati gli Stati Uniti, l’Italia e la Francia».

Ma l’esempio più recente e sorprendente, secondo l’epidemiologo, riguarda «la Corea del Sud, dove l’utilizzo dell’ecografia della tiroide come pratica di screening ha portato i tumori tiroidei a essere i più diagnosticati tra le donne nel quadriennio compreso tra il 2003 e il 2007»: periodo durante il quale il novanta per cento dei casi sarebbe stato il frutto di un eccesso diagnostico.

«Nella maggior parte dei casi di cancro alla tiroide, l’asportazione della ghiandola, la dissezione dei linfonodi e la radioterapia non apportano alcun beneficio in termini di aumento della sopravvivenza», conferma Silvia Franceschi, responsabile del gruppo di epidemiologia dei tumori dello Iarc. Il rapporto mette in guardia contro lo screening sistematico della tiroide. «Un attento monitoraggio può essere una soluzione preferibile per i pazienti affetti da tumori a basso rischio», chiosano gli esperti.

COME RICONOSCERE UN TUMORE ALLA TIROIDE

La tiroide può produrre ormoni in eccesso (ipertiroidismo) o in difetto (ipotirodismo), con conseguenze sull’intero organismo. La crescita anomala delle cellule che compongono la tiroide può portare alla formazione di noduli, la maggior parte dei quali sono però benigni. Un nodulo maligno può invece progredire in adenocarcinoma (papillare, follicolare o midollare), la forma tumorale che colpisce i tessuti ghiandolari. Nei primi stadi il tumore alla tiroide è quasi sempre asintomatico. La presenza di un nodulo, riconoscibile al tatto quando si tocca la parte anteriore del collo, è in molti casi difficile da individuare date le piccole dimensioni. Possono segnalare la malattia anche alcuni sintomi aspecifici: come il gonfiore nella parte anteriore della gola, la raucedine, il gonfiore dei linfonodi del collo, le difficoltà di deglutizione e respiratorie.

Twitter @fabioditodaro

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