Drammatico, ironico, coraggioso e delicato. Sono molti i modi in cui un film può parlare di demenza. Molte le tematiche: dal vissuto di chi riceve una diagnosi, all’esperienza del coniuge, alla necessità di adattare progressivamente la propria quotidianità alle capacità cognitive che cambiano.
Le persone con demenza soffrono di disturbi che affliggono la memoria, la comunicazione e il linguaggio, la capacità di concentrarsi, di prestare attenzione e di orientarsi, il ragionamento, la percezione visiva, e includono quindi anche un’alterazione del comportamento che peggiora con il progredire della malattia. Fino a non perdere la consapevolezza di ciò che li circonda, la capacità di riconoscere coniugi o figli, subire una profonda alterazione del proprio carattere. Il declino delle capacità cognitive, che procede a velocità diverse nelle diverse persone (a volte rimanendo a lungo stabile), può essere lieve, moderato, moderatamente grave e grave.
Perché il cinema
Il cinema riesce nell’impresa straordinaria di rendere visibile l’intelligibile e di tradurre il pensiero in immagini, spiega Umberto Curi, docente di filosofia dell’Università degli Studi di Padova, nel suo «Lo schermo del pensiero» (Raffaello Cortina). Oltre ai filosofi, ad occuparsi di cinema ci sono anche i neuroscienziati cognitivi, che analizzano l’esperienza cinematografica, guardando anche a quali aree del cervello rispondono ai vari input sensoriali visivi e uditivi. Gli studi ci insegnano come nell’osservare una pellicola, oltre ad immedesimarsi nel personaggio raffigurato, ci mettiamo nei panni del registra, quindi della macchina da presa che segue il personaggio. È un processo inconsapevole, ma molto potente: tutti i molteplici meccanismi di risonanza in atto quando guardiamo un film non sono esclusivi dell’arte cinematografica, ma in essa si esprimono massimamente, come spiega Vittorio Gallese dell’Università degli Studi di Parma nel suo «Lo schermo empatico. Cinema e neuroscienze»” (Raffaello Cortina).
Il cinema che cura
Ma il cinema può essere di aiuto per i pazienti stessi, grazie alle emozioni che fa provare. Si chiama ClACK, che sta per Curarsi lnsieme Attraverso (il) Cinema Kreativo, è il primo progetto italiano di monitoraggio dei benefici che la visione filmica, il cinema, produce nella cura delle malattie neurodegenerative, in particolare l’Alzheimer. Il progetto nasce dalla collaborazione tra Medicinema Italia Onlus, Fondazione Cineteca Italiana, il Centro di Neuropsicologia Cognitiva di Niguarda, l’Università di Pavia e l’Istituto Girala della Fondazione Don Gnocchi di Milano.
I titoli dei film che più hanno convinto pubblico e critica
Ecco alcuni dei grandi titoli che hanno parlato in modo diretto o indiretto di demenze, aumentando la consapevolezza e la conoscenza di questo problema sociale nel grande pubblico. «Away From Her – Lontano da lei» (2006) tratto da un racconto della scrittrice Premio Nobel Alice Munro, intitolato The Bear Came Over the Mountain, racconta l’accettazione del marito di fronte ai cambiamenti della moglie. Sempre una coppia, ma dove ad essere malato è lui, un Bentivoglio che perde progressivamente e inesorabilmente la memoria stravolgendo la sua vita agiata e borghese, è al centro di un film italiano, «Una sconfinata giovinezza» (2010) di Pupi Avati che descrive la crudeltà della malattia affrontata con dignità.
«Still Alice» (2014), film tratto dal romanzo Perdersi di Lisa Genova e per il quale l’attrice Julianne Moore ha vinto il premio Oscar, narra invece la storia di un giovane donna in carriera, costretta a trovare nuove priorità e nuovi equilibri. Altro film dalle interpreti eccezional, come Kate Winslet e Judi Dench, è «Iris» (2001) di Richard Eyre che narra una storia vera, quella tra la scrittrice Iris Murdoch e il marito Bayley.
«Le pagine della nostra vita» (2004), diretto da Nick Cassavetes, è tratto dall’omonimo romanzo di Nicholas Sparks. La cornice è originale: un uomo anziano legge a una donna malata di Alzheimer una storia d’amore scritta in un taccuino, mentre i due si trovano in una casa di riposo. Quando il lettore si interrompe e rivela alla donna i protagonisti delle vicende raccolte nel diario sono loro stessi, lei per un attimo ricorda, per poi ripiombare nell’oblio.
Infine, Maryl Streep, che per la sua interpretazione ha vinto il suo terzo Oscar, interpreta Margaret Thtcher in «The Iron Lady» (2011), film che racconta la storia della lady di ferro attraverso i ricordi di una anziana affetta da demenza.