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Né troppo né troppo poco. La formula migliore per gestire il sonno quando si lavora su turni è con ogni probabilità quella che prevede l’alternanza tra due ore di sonno e due di veglia. Una soluzione che, oltre a tenere più attivi i lavoratori durante le due ore di veglia, potrebbe contribuire anche a ridurre il consumo di cibo, che risulta più frequente tra coloro che sono abituati a lavorare anche di notte. Considerazioni che emergono da uno studio originale, condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Pisa sugli equipaggi che hanno preso parte alla regata «151 Miglia-Trofeo Cetilar», svoltasi in Toscana durante la scorsa primavera.

Il ruolo fondamentale delle fibre in una alimentazione che tiene a bada le calorie

nicla panciera

Sonno a «blocchi» di due ore se si lavora su turni

La ricerca ha analizzato il sonno di 165 equipaggi - in media otto velisti per imbarcazione - che hanno partecipato alla competizione nell’estate del 2019 dai porti di Pisa e Livorno sino alla Marina di Punta Ala (Grosseto) ed ha previsto una notte intera di navigazione. I ricercatori dell’ateneo toscano hanno sottoposto i membri degli equipaggi a un questionario per stabilire, anche sulla base poi del risultato della gara, quale delle strategie messe in atto fosse la migliore. I turni di sonno veglia andavano da 2 a 4 ore, mentre per questioni statistiche sono state invece scartate le situazioni estreme.

Ovvero gli equipaggi che sono rimasti sempre svegli e quelli con i turni di una sola ora, un periodo considerato troppo breve per entrare nelle fasi profonde del sonno. «I turni di due ore sono risultati la strategia vincente, visto che chi ha dormito di più ha fatto peggio in classifica - afferma Ugo Faraguna, docente di fisiologia umana e coordinatore dello studio -. Possiamo speculare che questo sia legato al concetto di inerzia del sonno: più si dorme, più tempo ci vuole per essere operativi al risveglio. Ma è necessario indagare ancora per poter trarre conclusioni definitive».

Dal mare fino alla fabbriche e agli ospedali

Le regate sono un laboratorio ideale per studiare il sonno e i suoi ritmi in situazione di stress. Una competizione che dura più giorni di navigazione continua, notte e dì, mette a dura prova l’attenzione, la lucidità e la capacità di lavorare in stretta sinergia con gli altri membri dell’equipaggio. «Per questo motivo un’accurata valutazione della qualità del sonno risulta intuitivamente essenziale per comprendere quali possono essere le strategie vincenti che impattano positivamente sulla performance», aggiunge Faraguna. Secondo gli esperti, per analogia, «i risultati che otteniamo possono essere applicati in molte altre situazioni, anche per migliorare la performance lavorativa in ambienti professionali a ciclo continuo come fabbriche e ospedali».

Twitter @fabioditodaro

Né troppo né troppo poco. La formula migliore per gestire il sonno quando si lavora su turni è con ogni probabilità quella che prevede l’alternanza tra due ore di sonno e due di veglia. Una soluzione che, oltre a tenere più attivi i lavoratori durante le due ore di veglia, potrebbe contribuire anche a ridurre il consumo di cibo, che risulta più frequente tra coloro che sono abituati a lavorare anche di notte. Considerazioni che emergono da uno studio originale, condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Pisa sugli equipaggi che hanno preso parte alla regata «151 Miglia-Trofeo Cetilar», svoltasi in Toscana durante la scorsa primavera.

Il ruolo fondamentale delle fibre in una alimentazione che tiene a bada le calorie

nicla panciera

Sonno a «blocchi» di due ore se si lavora su turni

La ricerca ha analizzato il sonno di 165 equipaggi - in media otto velisti per imbarcazione - che hanno partecipato alla competizione nell’estate del 2019 dai porti di Pisa e Livorno sino alla Marina di Punta Ala (Grosseto) ed ha previsto una notte intera di navigazione. I ricercatori dell’ateneo toscano hanno sottoposto i membri degli equipaggi a un questionario per stabilire, anche sulla base poi del risultato della gara, quale delle strategie messe in atto fosse la migliore. I turni di sonno veglia andavano da 2 a 4 ore, mentre per questioni statistiche sono state invece scartate le situazioni estreme.

Ovvero gli equipaggi che sono rimasti sempre svegli e quelli con i turni di una sola ora, un periodo considerato troppo breve per entrare nelle fasi profonde del sonno. «I turni di due ore sono risultati la strategia vincente, visto che chi ha dormito di più ha fatto peggio in classifica - afferma Ugo Faraguna, docente di fisiologia umana e coordinatore dello studio -. Possiamo speculare che questo sia legato al concetto di inerzia del sonno: più si dorme, più tempo ci vuole per essere operativi al risveglio. Ma è necessario indagare ancora per poter trarre conclusioni definitive».

Dal mare fino alla fabbriche e agli ospedali

Le regate sono un laboratorio ideale per studiare il sonno e i suoi ritmi in situazione di stress. Una competizione che dura più giorni di navigazione continua, notte e dì, mette a dura prova l’attenzione, la lucidità e la capacità di lavorare in stretta sinergia con gli altri membri dell’equipaggio. «Per questo motivo un’accurata valutazione della qualità del sonno risulta intuitivamente essenziale per comprendere quali possono essere le strategie vincenti che impattano positivamente sulla performance», aggiunge Faraguna. Secondo gli esperti, per analogia, «i risultati che otteniamo possono essere applicati in molte altre situazioni, anche per migliorare la performance lavorativa in ambienti professionali a ciclo continuo come fabbriche e ospedali».

Twitter @fabioditodaro